Salario minimo contro povertà e dumping

salario minimo

L’Unione europea ha bisogno con urgenza di una direttiva che obblighi gli Stati membri a garantire ai lavoratori tipici e atipici un’adeguata retribuzione minima, per contrastare gravi distorsioni del mercato interno.

In un’intervista a Brussels Morning ho subito chiarito che «il profitto è fondamentale, ma i diritti vengono prima di tutto. Per noi il salario minimo europeo deve essere esteso a tutti i lavoratori, nessuno escluso: domestici, a chiamata, intermittenti, atipici, tirocinanti, apprendisti e stagisti».

Nel frattempo, cresce il numero delle imprese e delle multinazionali che trasferiscono impianti e sedi aziendali nei Paesi dove i lavoratori hanno stipendi molto bassi e meno tutele contrattuali.

Secondo l’Eurostat, infatti, tra il 2001 e il 2006,  il 16% delle aziende europee ha delocalizzato in Stati terzi. Dal 2009 al 2015, 35mila imprese, attive in Italia, hanno spostato la loro produzione in un altro paese. Ritengo che delocalizzazioni incontrollate rappresentino una minaccia per il mercato europeo.

 

Salario minimo, i miei emendamenti alla direttiva Ue

Con la crisi pandemica, l’Unione europea si è impegnata a restituire dignità al lavoro. La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, lo ha detto chiaramente durante il discorso sullo stato dell’Unione.

Un discorso importante, durante il quale, la von der Leyen ha esposto anche la necessità di una direttiva sul salario minimo. Il valore strategico di questo strumento è stato ribadito peraltro durante il vertice di Porto del maggio scorso. L’idea di un’Europa sociale, infatti, è stata al centro della discussione tra i capi di Stato e di governo intervenuti al Summit.

A ottobre 2020 la Commissione europea ha presentato la direttiva sul salario minimo, il cui impianto originario è stato migliorato grazie ai miei emendamenti presentati al Parlamento europeo. Emendamenti che hanno meglio definito i criteri per stabilire quando un salario minimo è davvero equo:

  • non deve essere mai al di sotto della soglia di povertà relativa e superiore al 50% del salario lordo medio e del 60% del salario lordo mediano. Questi criteri rappresentano una spinta per portare verso l’alto gli stipendi più bassi.
  • non deve in alcun modo essere legato alla produttività aziendale. Questo vuol dire che tutti i benefit, indennità o strumenti necessari per lo svolgimento del lavoro, come per esempio il computer, il telefono o la bicicletta, non possono essere considerati come parte del salario.

Con il MoVimento 5 Stelle ho deciso di alzare ancora di più l’asticella. Ho proposto infatti che al di là delle percentuali del 50% e del 60%, il salario minimo sia sempre al di sopra della soglia di povertà relativa, «indispensabile per garantire al lavoratore e alla famiglia uno standard adeguato di vita, l’accesso ai beni e ai servizi fondamentali, la protezione da eventuali shock imprevisti» e inoltre che nella direttiva venga inserito il principio della condizionalità sociale.

Un meccanismo che impedisce alle imprese e alle multinazionali, che non rispettano i diritti dei lavoratori, di accedere ai fondi europei diretti e indiretti; oltre che di partecipare ai bandi degli appalti pubblici o ai sub-appalti.

 

 

Salario minimo, perché l’Europa ha bisogno di una direttiva

Credo dunque che una direttiva europea sul salario minimo sia fondamentale: questo strumento normativo servirà a contrastare il fenomeno del dumping salariale soprattutto verso i Paesi dell’Est, dove i salari sono più bassi rispetto alla media europea e i lavoratori godono ancora di tutele piuttosto deboli. Ma anche a scongiurare il rischio di infiltrazioni mafiose e corse al ribasso negli appalti. Infine, ad arginare la povertà salariale che, solo in Italia, secondo le stime dell’Istat, colpisce il 12% dei lavoratori.

In Europa il salario minimo è già presente in 21 Paesi, mentre non esiste ancora in 6 Stati, tra cui l’Italia. Non lascerò che il Paese resti fanalino di coda: dobbiamo rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva e prevenire il dumping che danneggia principalmente le imprese di eccellenza del nostro Made in Italy, attraverso una normativa chiara e organica sul salario minimo.

Dopo l’estate si voteranno gli emendamenti.  Vi terrò aggiornati. Quella sul salario minimo è una battaglia che non possiamo perdere.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
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