COMMISSIONE AGRICOLTURA E SVILUPPO RURALE (2019-2024)

Non c’è agricoltura senza agricoltori e non c’è cibo senza agricoltura. Non è l’ennesimo slogan, piuttosto la descrizione plastica della centralità del settore agricolo e agroalimentare a livello europeo, nazionale e globale.

Da oltre 10 anni mi occupo di agricoltura. Tante volte mi sono confrontata con gli imprenditori, i coltivatori diretti, le associazioni di categoria e i sindacati. In un contesto politico, economico e sociale turbolento come quello attuale, gli agricoltori e gli allevatori sono attori fondamentali, che in primis l’Unione europea deve sapere prendere per mano per riuscire a portare a termine il percorso di trasformazione ed evoluzione del modello produttivo – pensiamo solo all’agricoltura innovativa o di precisione – strumento per rafforzare la competitività del settore agricolo, specialmente quei segmenti che esistono grazie al potenziale espresso dai territori.  

In questi cinque anni di lavoro, in qualità di componente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo, ho sempre sostenuto l’idea che gli agricoltori e gli allevatori sono i guardiani dei territori e della natura, e con loro è fondamentale costruire un dialogo strutturato e attento per potere elaborare adeguate politiche agricole. 

POLITICA AGRICOLA EUROPEA, PAROLA D’ORDINE FLESSIBILITA’

La legislatura europea 2019-2024 è stata straordinaria, soprattutto, per il settore agricolo che rappresenta uno dei comparti storicamente strategici dell’economia dell’Unione europea: la svolta europea sulla crisi climatica, l’invasione russa dell’Ucraina, gli shock energetici, l’inflazione e infine l’escalation del conflitto israelopalestinese e le tensioni nel canale di Suez. 

Abbiamo discusso a lungo della nuova Politica Agricola Comune (o PAC), che dal 1962 assicura regole europee per gli agricoltori e gli allevatori che operano nel mercato interno, al fine di allinearla agli ambiziosi obiettivi del Green Deal. Non è stato un lavoro semplice. 

Le mie proposte sono sempre state però realistiche, mai ideologiche, perché gli agricoltori e gli allevatori italiani ed europei devono essere adeguatamente accompagnati nella lotta al cambiamento climatico, ad oggi, uno delle principali minacce al loro reddito.

Non è vero, infatti, come invece vogliono far credere i negazionisti del cambiamento climatico e i sovranisti europei, che il settore agricolo non intende contribuire alla riduzione delle emissioni dei gas climalteranti, al consumo di suolo, alla difesa della biodiversità e alla trasformazione energetica. Gli agricoltori e gli allevatori chiedono solo di essere accompagnati dall’Unione europea, non solo, con risorse pubbliche sufficienti, ma anche, con strumenti legislativi che possano offrire loro sempre un’alternativa valida, realizzabile e concreta. 

SOSTENIBILITA’ ECONOMICA, SOCIALE E AMBIENTALE

Gli agricoltori e gli allevatori hanno bisogno di certezze giuridiche ed economiche. In questi cinque anni, a partire dal mio ampio contributo alla riforma della nuova PAC, ho promosso un modello di agricoltura basato sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale.

Senza questi tre pilastri, per i nostri agricoltori e allevatori sarà sempre più difficile operare nel mercato interno e soprattutto produrre cibo di qualità, sicuro e alla base di uno stile di vita sano. Mi sono impegnata molto a migliorare le proposte della Commissione europea, che in tante occasioni si sono rivelate inadeguate a rispondere ai bisogni dei nostri agricoltori e allevatori, e a garantire la concorrenza leale del mercato interno.

Tra le mie proposte, per un modello di agricoltura europea capace di stare al passo con i tempi e quindi le trasformazioni in atto, c’è l’obbligo degli studi di impatto per basare le proposte legislative esclusivamente sui dati, le analisi e le statistiche più aggiornate realizzati da istituti indipendenti.

Occorrono dunque indicatori di impatto chiari e affidabili per comprendere appieno le effettive ricadute dei provvedimenti legislativi a livello ambientale, economico e sociale. Ho chiesto anche che la nuova PAC venga agganciata a un budget specifico destinato alla implementazione delle politiche ambientali nel settore agricolo.

GIUSTO REDDITO, INNOVAZIONE, CONDIZIONALITA’ SOCIALE, RECIPROCITA’ NEGLI ACCORDI COMMERCIALI

Per permettere agli agricoltori e agli allevatori di essere protagonisti della trasformazione verde, ho chiesto che l’Unione europea garantisca il diritto al giusto reddito. Ad esempio, i contratti di filiera sono uno degli strumenti privilegiati che consentono ai produttori di poter ottenere prezzi adeguati per i loro prodotti. 

L’agricoltura 4.0 è il futuro. Lo considero uno degli orizzonti del modello agricolo europeo basato sulla sostenibilità ambientale. Le nuove tecnologie sono la chiave per ridurre l’impatto ambientale del settore. L’Unione europea deve promuovere e incentivare l’utilizzo e la diffusione dell’innovazione in agricoltura, a partire dalle tecniche di evoluzione assistita (TEA) per rendere le colture resistenti ai cambiamenti climatici, comprese le sementi. 

Ho migliorato la riforme del regolamento sulle TEA che permetterà agli agricoltori di produrre piante più resistenti, in grado di resistere agli stress idrici e alle malattie riducendo o evitando l’uso di fertilizzanti e di fitofarmaci. 

L’agricoltura che rispetta i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici è fondamentale per produrre cibo sano e di qualità. Nel settore permangono ancora oggi problemi: non mancano infatti gravi sacche di lavoro sommerso, lavoro irregolare e caporalato.

La lotta al lavoro non dignitoso e alle moderne forme di schiavitù nel settore agricolo è una delle mie stelle polari per costruire un nuovo modello agricolo europeo. Lavorando alla riforma della nuova PAC, ho chiesto e ottenuto la introduzione del principio della condizionalità sociale in agricoltura, con lo scopo di impedire alle aziende agricole che non rispettano i diritti del lavoro di accedere ai fondi europei. Il principio della condizionalità sociale deve essere implementato tramite una rete capillare di controlli e sanzioni proporzionate e dissuasive nei 27 Stati membri.

DIFESA DEL MADE IN ITALY

Difendere il made in Italy significa proteggere centinaia di migliaia di posti di lavoro e miliardi di euro l’anno di ricchezza prodotta. Ho combattuto il modello del Nutriscore – modello di etichettatura distorcente per i consumatori – per promuovere invece il Nutrinform, basata su dati oggettivi. Ho contribuito a migliorare la Farm to Fork – dal campo alla tavola per promuovere un modello di alimentazione sano. 

Ho combattuto contro l’etichettatura sanitaria che rischia di danneggiare una serie di prodotti made in Italy fondamentali, quali il vino, che assieme ad altri a marchio protetto – grazie alla mia battaglia sulla riforma del regolamento europeo delle Indicazioni Geografiche – può beneficiare di un meccanismo di tutela rafforzato e di un sistema di etichettatura trasparente per una corretta informazione dei consumatori. Ho fatto approvare la norma che riconosce il reato di “Sounding”, per combattere la concorrenza sleale e proteggere tutte le eccellenze agroalimentari made in Italy. 

In questa legislatura, il mio impegno per la tutela del made in Italy è stato costellato di tanti altri risultati: 

  • Stop all’estensione della Direttiva sulle Emissioni Industriali anche ai piccoli allevamenti, è fondamentale distinguere le emissioni del settore agricolo da quelle prodotte dall’industria. 
  • Stop alla carne sintetica: mi sono opposta alla commercializzazione del cibo di laboratorio nel quadro della riforma della Strategia per le proteine, evidenziandone al momento tutti i rischi di carattere etico, economico, sociale, sanitario e persino ambientale. 
  • Stop al modello basato sul solo riuso dei materiali da imballaggio. Nell’ambito della riforma del regolamento europeo imballaggi, ho chiesto e ottenuto un sistema integrato di riuso e riciclo dei materiali, sostenuto da investimenti a favore delle filiere di qualità e della produzione di imballaggi a ridotto impatto ambientale. 
  • Stop al miele importato dalla Cina, Turchia e India. Sì invece all’etichettatura trasparente e tracciabile per i consumatori nel mercato interno. 
  • Lotta allo spreco alimentare. Ho ottenuto che gli agricoltori in quanto produttori primari siano esclusi dall’applicazione della Direttiva Rifiuti, grazie al mio lavoro i prodotti agricoli non conformi alla commercializzazione per difetti estetici non saranno considerati direttamente rifiuti per contribuire a ridurre lo spreco.