Reddito minimo, in Italia c’è chi vuole abolirlo. L’Ue lavora alla riforma

Reddito minimo

Mentre in Italia si sta discutendo la riforma del reddito di cittadinanza, in Europa si guarda alla introduzione di un reddito minimo europeo, per armonizzare le diverse legislazioni in vigore negli Stati membri.

In Commissione Occupazione e Affari Sociali abbiamo discusso una interessante ricerca, realizzata dal centro studi del Parlamento europeo e intitolata Fighting poverty and social exclusion in cui si analizzano i cosiddetti diversi schemi di reddito minimo vigenti.

Reddito minimo, che cos’è?

Per capire perché l’Unione europea stia optando per la introduzione di un reddito minimo europeo è importante sapere che cos’è e come funziona.

Il reddito minimo è un sussidio destinato ai cittadini con un reddito inferiore ad una determinata soglia di povertà. Allo strumento si affianca sempre un percorso di inserimento lavorativo.

Il reddito minimo è diverso dal reddito di base, concesso a tutti i cittadini universalmente senza alcun requisito legato alla condizione economica.

Nel corso degli anni, la maggior parte dei paesi europei hanno adottato il reddito minimo per fornire un aiuto economico alle famiglie o agli individui indigenti attraverso il trasferimento mensile di somme di denaro erogate dallo Stato.

Una misura, quello del reddito minimo, in linea con i valori fondanti dell’Unione europea, tra i quali figura il diritto di ogni cittadino ad avere accesso alle risorse necessarie per condurre uno stile di vita dignitoso.

La necessità di misure per contrastare la povertà

Dello studio mi ha più colpita il calcolo del numero dei cittadini europei a rischio povertà ed esclusione sociale. Nel 2019 pari a 91,4 milioni, di cui 69,4 milioni residenti nei 19 Stati membri che hanno adottato la moneta unica.

Numeri che molto probabilmente vanno rivisti. Perché la pandemia di Covid-19 ha generato nel frattempo un fortissimo impatto socio-economico sulle fasce più deboli della popolazione.

Nel 2017 l’Unione Europea ha chiesto ai Paesi che ancora non lo avevano fatto di introdurre il reddito minimo come strumento di lotta alla povertà.

E oggi che anche l’Italia ha adottato il reddito di cittadinanza si fa strada l’esigenza di definire un quadro normativo europeo entro il 2022 per armonizzare tutte le norme nazionali sul reddito minimo.

La futura legislazione guarderà ad alcuni importanti aspetti:

  • Quali indicatori dovranno essere utilizzati per misurare la povertà?
  • Come dovrebbe funzionare l’accesso al sussidio?
  • Quali sono le peculiarità chiave degli schemi di reddito minimo oggi in vigore nei Paesi?
  • Quale dovrebbe perciò essere l’azione europea?

Il modello italiano del Reddito di cittadinanza

Insieme alla Grecia, l’Italia è stata l’ultima ad attivare il sussidio rivelatosi particolarmente prezioso durante i mesi più bui della pandemia. Il Reddito di cittadinanza (RdC), introdotto nel 2019 dal primo governo Conte, è una forma di reddito minimo garantito dallo Stato italiano. Tramite una erogazione di 583 euro in media al mese, il reddito di cittadinanza ha aiutato tre milioni persone, compresi i nuclei familiari, ad arrivare alla fine del mese.

Una somma, che voglio sottolineare che, al di là degli indebiti percettori, serve agli italiani più poveri per pagare le spese dell’affitto, delle bollette o semplicemente per fare la spesa.

Sono convinta quindi che il governo Draghi abbia fatto bene a rifinanziare la misura con otto miliardi di euro per il 2022.

Il reddito di cittadinanza va sostenuto e migliorato, ma non abolito

Sono convinta che il reddito di cittadinanza sia una misura di civiltà, proprio come continua a ricordare il presidente del MoVimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte. Una misura che va difesa, migliorata ma non abolita, come invece verrebbero alcune forze politiche (Lega e Italia Viva). 

I leader di questi due partiti hanno alimentato un dibattito surreale, proponendo il referendum sul reddito di cittadinanza. Con accuse strumentali che non trovano riscontro né nella realtà né nei dati quando parliamo di lotta alla povertà e di sostegno al reddito. Azioni che ci sta chiedendo di portare avanti anche l’Unione europea.

Al nostro Paese quindi serve arrivare a una riforma della Legge sul reddito di cittadinanza che non penalizzi le fasce più deboli della popolazione e che saldi l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro.

Stiamo lavorando per arrivare a formulare serie ed efficaci politiche attive sul lavoro, perché tutti possano riscattarsi dalla povertà, dalla disoccupazione o dall’inattività occupazionale.

Nelle scorse settimane l’esito dei controlli sui percettori del RdC ha alimentato una sterile polemica. Noi siamo d’accordo su maggiori controlli, una stretta già prevista nella bozza della nuova Legge di bilancio.

Il reddito di cittadinanza non può finire nelle mani di “falsi beneficiari”, mafiosi o elusori ed evasori fiscali. Non ha fatto bene al Paese che tra il 2019 e il 2021 48 milioni di euro siano stati intascati da persone che non ne avevano reale bisogno.

Sono del parere che ogni abuso commesso costituisce un insulto alle famiglie in condizioni di povertà, ai lavoratori sottopagati, ai disabili, ai più fragili. E che questi illeciti offrano una scusante a chi in Italia vorrebbe abolire questa misura così importante.

Il reddito minimo e la Nuova Europa

Se adeguatamente riformato e sostenuto, dunque, l’RdC può aspirare ad essere uno dei modelli dell’Unione europea. Secondo gli autori dello studio presentato e discusso in Commissione Occupazione e Affari Sociali, il nostro schema di reddito minimo è l’unico che riprende la definizione di povertà elaborata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO). Il RdC ha così ampliato la platea dei potenziali beneficiari, perché ricomprende anche i lavoratori poveri.

Già nel 2003, l’ex direttore generale dell’ILO, Juan Somavia affermava:

Gli sforzi consentiti nel mondo per ridurre di metà la povertà entro il 2015 saranno vanificati se non si riesce a trovare un modo per schiudere ai lavoratori poveri l’accesso ad una vita dignitosa.

Nella Nuova Europa che stiamo contribuendo a realizzare, il reddito minimo sarà destinato a diventare un architrave fondamentale. Esso insieme ad altri strumenti come il salario minimo o uno SURE strutturato e permanente ci aiuteranno a definire una società più inclusiva.

Il video intervento da Bruxelles a conclusione della discussione in Commissione Occupazione e Affari Sociali

 

 

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.