Acca Larenzia, perchè Meloni non si dichiara antifascista?

Acca Larenzia

La vicenda di Acca Larenzia ha acceso il dibattito politico italiano ed europeo sul rischio dei movimenti estremisti. Ci opponiamo alla ostinazione con la quale la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si sottrae al dovere di dichiararsi anti-fascista, l’unico modo per delegittimare sia sul piano politico sia sul piano istituzionale i rigurgiti nostalgici del Fascismo nel nostro Paese ed evitare che l’Europa ci guardi con preoccupazione.

Le immagini del raduno di Acca Larenzia, infatti, hanno suscitato indignazione e vergogna. Hanno spinto l’Unione europea a inserire un dibattito sui movimenti neo fascisti e neo nazisti in Europa nell’agenda Plenaria della settimana scorsa, e conquistato le pagine della stampa internazionale.

La forza di quelle immagini sta nella rievocazione di un periodo buio della Storia italiana e costituiscono una provocazione contro la Costituzione e contro i valori dichiaratamente anti-fascisti in essa contenuti. Valori che i padri costituenti hanno elaborato, affinché le generazioni successive potessero godere di diritti e libertà fondamentali e vivere in pace dopo gli orrori del Fascismo e del Nazismo.

COSA È ACCADUTO IL 7 GENNAIO E IL TIMORE DI UN RITORNO AL PASSATO

Le immagini del 7 gennaio scorso mostrano un migliaio di militanti di estrema destra fare il saluto romano per commemorare gli omicidi di alcuni militanti del Movimento Sociale Italiano avvenuti nel 1978. Le reazioni a livello europeo non si sono fatte attendere:

Sulla vicenda è intervenuta la commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson, che ha lanciato l’allarme sul pericolo di un ritorno al periodo più oscuro per l’Europa.

Durante il quale hanno dominato persecuzioni, rastrellamenti, ghetti, e i campi di concentramento. Pagine buie. Pagine che devono restare perciò irripetibili.

L’ASSORDANTE SILENZIO DI GIORGIA MELONI SU ACCA LARENZIA

L’Italia è uno dei paesi fondatori dell’Unione europea, nata proprio grazie alla sconfitta dei regimi nazifascisti e dal ripudio delle due peggiori ideologie del ‘900, che hanno soffocato diritti e libertà fondamentali.

La ferma condanna dei fatti di Acca Larenzia è vitale per la credibilità dell’Italia in Europa. Il silenzio dietro al quale si trincera Meloni è una brutta vetrina per il nostro Paese. Perché non è arrivata nessuna condanna? Perché una delle più alte cariche dello Stato non si dichiara anti-fascista?

Sorge il dubbio che, forse, questa enorme difficoltà della Premier nel condannare gli estremismi e nel dichiararsi antifascista derivi dalla ricerca di una legittimazione e di una identità del partito che ha fondato.

Al netto delle discussioni, anche polemiche, sulla sentenza della Corte di Cassazione in merito al saluto fascista – sentenza che non legittima affatto il neo fascismo ma richiama all’applicazione dell’articolo 5 della Legge Scelba e alle disposizioni transitorie della nostra Costituzione che parlano del “rischio concreto di ricostituzione del disciolto partito Fascista” – il dato che ci interessa è tutto politico.

Giorgia Meloni non ha mai preso davvero le distanze dal Fascismo.

L’IMPORTANZA DI DICHIARARSI ED ESSERE ANTIFASTISCI

Dirsi a-fascista non significa nulla per l’Istituzione che la Premier è chiamata a rappresentare e che trova la sua ragion d’essere nella Democrazia e nello Stato di diritto.

Crediamo che fatti come quelli del 7 gennaio non si debbano più ripetere e che non vadano sottovalutati. Ma condannati, sì. E con forza e nettezza.

Provare vergogna per quanto accaduto, non ha niente a che fare con la volontà di limitare la libertà di espressione. Ha invece a che fare con il riconoscersi senza ombra di dubbio nella nostra Costituzione, sulla quale la Premier ha giurato. Ma soprattutto di riconoscersi in una Democrazia compiuta e forte.

In tempi incerti come questi, le Democrazie – nessuna esclusa – non possono permettersi passi falsi o rigurgiti nostalgici – ultraconservatori, estremisti o peggio ancora reazionari. Giorgia Meloni deve dichiararsi anti fascista. Non farlo costituisce esso stesso un pericolo e una offesa alla Repubblica.