Amazon, ecco perché il referendum dei lavoratori riguarda tutti noi

Daniela Rondinelli_Amazon

Nella scorsa estate 2000 dei 6000 lavoratori dello stabilimento Amazon di Bessemer, in Alabama,hanno richiesto di costituire un sindacato una volta constatate delle condizioni di lavoro che sottoponevano i lavoratori a ritmi frenetici e controlli estremi. Tra le varie contestazioni, quella di non poter neanche andare in bagno, al punto di dover orinare in una bottiglia. Sembrava, per alcuni, un’esagerazione finché questo aspetto è stato riconosciuto dagli stessi vertici di Amazon che rispondevano rivendicando uno stipendio di 15 dollari, superiore alla media del settore.

E’ notizia di ieri, che otto mesi dopo, nel referendum che doveva sancire o meno la costituzione del sindacato, i favorevoli erano 738, mentre i contrari erano oltre 1.798. Una grandissima vittoria politica per Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo che per giunta si è arricchito più di chiunque altro durante la pandemia. Anche in Europa i sostenitori della globalizzazione senza vincoli e senza regole, hanno sbandierato senza freni inibitori la vittoria, dato che per loro i sindacati e le rivendicazioni dei lavoratori rappresentano un ostacolo oltre che un costo.

Ma cosa c’è dietro a questa vittoria così schiacciante? Come ha denunciato il sindacato americano RWDSU, ci sono 8 mesi di campagna martellante, profondamente anti-sindacale, che ha intimidito qualunque velleità di rivendicazione di migliori condizioni di lavoro. A questo si è aggiunta una dura battaglia legale che ha portato la stessa Amazon a contestare preventivamente ben 500 schede di voto.

Neanche la presa di posizione pubblica del presidente Biden a favore del sindacato è riuscita a rassicurare i lavoratori. Questo è il vero dato politico di questa vicenda, in cui è chiaro che le multinazionali sono in grado di esercitare una pressione ben superiore a quella del più potente capo di stato del pianeta.

Questo evento rischia di far collassare sul nascere iniziative analoghe in tutti gli Usa, e ricadere a cascata anche nella vecchia Europa e nel resto del pianeta. Ricordo bene che il 23 e 24 novembre 2017 il Santo Padre promosse dopo decenni un importante meeting internazionale sul lavoro, organizzata dal Dicastero per la promozione dello Sviluppo Umano Integrale, al quale aderirono altre cento tra organizzazioni e movimenti sindacali.

Allora come oggi, la visione di Papa Francesco fu profetica dei processi di evoluzione (o sarebbe meglio dire involuzione) del pianeta. I diritti fondamentali: dal diritto di associazione sindacale a quello per il salario e  condizioni di vita dignitose sono tornate ad essere messe in discussione anche laddove erano considerati pilastri acquisiti e fondanti delle nostre società. Lo vediamo anche a Bruxelles, in  questi giorni, con il diritto alla disconnessione che non è altro che l’estensione del diritto all’orario di lavoro di otto ore nell’età digitale, stabilito con la prima risoluzione dell’ILO nel 1919.

 

Amazon

 

Alla luce di questa riflessione, si comprende meglio la discesa in campo del presidente Biden, che ha anche promesso di cambiare le regole sulla rappresentanza sindacale con un atto legislativo ad hoc in modo da rendere questo diritto realmente esigibile dai lavoratori. Il nuovo multilateralismo che si ambisce a creare nel prossimo decennio, non può prescindere dalla tutela del diritto al lavoro e dei diritti dei lavoratori, e con essi i corpi intermedi a cui spetta una sfida epocale, quella di rientrare nei processi decisionali interpretando i bisogni profondi delle persone facendosene portavoce e tornando a rappresentare uno dei pilastri nonché presidio irrinunciabile di democrazia.

L’Alabama è uno dei luoghi simbolo purtroppo di un pezzo di storia della discriminazione verso gli afroamericani. Una terra che si è macchiata in anni bui del secolo scorso di tanti episodi di razzismo che erano il segno di una democrazia a metà in un grande paese democratico come gli Usa. Che diventi oggi la frontiera di una nuova discriminazione verso i lavoratori in uno dei settori nei quali i ritmi di lavoro non sono molto diversi da quelli diventati celebri nel mondo con Tempi Moderni di Chaplin e con i film con Gian Maria Volonte‘ in Italia a pensare. E come negli ultimi 50 anni abbiamo combattuto in tutto il mondo per cambiare quella democrazia a metà, arrivando anche alla Presidenza Obama in America e a nuove frontiere dei diritti dei lavoratori, ancora di più dobbiamo alzare il tono e l’attenzione del confronto su questa nuova sfida che non riguarda 2500 lavoratori di una sede di Amazon in un luogo lontano ma riguarda casa nostra e la nostra vita dei prossimi 50 anni.

 

Contenuto pubblicato su Affaritaliani del 13.04.2021