Brunetta sbaglia, il salario minimo europeo cambierà l’Italia

Brunetta

Ho letto con grande attenzione la lettera pubblicata il 10 giugno sul suo giornale a firma del Ministro Brunetta. In qualità di europarlamentare ho seguito l’intero iter della direttiva sui salari minimi adeguati e mi è dispiaciuto cogliere una serie di dati e informazioni parziali che – a mio avviso – non consentono di far comprendere ai suoi lettori né lo spirito né la portata di questa importante legge europea.

Brunetta separa tre temi: lavoratori poveri, stato della contrattazione collettiva e contratti pirata e suggerisce di affrontarli separatamente, mentre l’Europa li considera in modo
assolutamente organico e dipendente uno dall’altro. E lo fa stabilendo pochi ma chiari vincoli a cui tutti dobbiamo adeguarci.

Il Ministro Brunetta cita dati sbagliati. Sul tema dei lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva secondo il CNEL, al 3 febbraio 2022, gli accordi scaduti erano 516 pari al 62% del
totale e corrispondenti a 7.732.312 di lavoratori (il 59% del totale!).

Da questo monitoraggio sono esclusi i contratti dei comparti “Agricoltura” e “Lavoro domestico”, non ancora entrati nel
flusso UNIEMENS, ma che sono comunque coperti dalla nuova legge europea che si applicherà indistintamente a tutti i lavoratori, pubblici e privati.

Contrattazione collettiva da rifare

La direttiva europea infatti parla di contrattazione “genuina” ossia capace di tutelare gli interessi dei lavoratori, in special modo quelli più fragili. Quindi, se quasi due terzi dei
lavoratori hanno un contratto scaduto, quale è la qualità del nostro sistema di contrattazione?

La direttiva ci obbligherà a ripensarlo anche alla luce dei nuovi lavori nati dalle rivoluzioni verdi e digitali, proprio come i rider, evitando di alimentare sacche di lavoratori esposti alle più
bieche forme di abuso.

La legge europea stabilisce dei parametri al di sotto dei quali il salario minimo dei lavoratori non è considerato né adeguato né equo. L’Italia non ha ad oggi un salario minimo, ma ciò non la
libera dall’applicare i medesimi parametri di adeguatezza dei salari. Ne consegue che i salari a 5 euro lordi all’ora che oggi interessano oltre 3,5 milioni di lavoratori, non potranno mai avere diritto ad esistere.

Inoltre, la produttività più volte richiamata da Brunetta è stata esplicitamente stralciata dal testo della direttiva quale fattore per la determinazione dei salari minimi, proprio perché
parliamo del “minimo” indispensabile a garantire una vita dignitosa ai lavoratori e alle loro famiglie. Anzi, nonostante quanto sostenuto da Brunetta, la direttiva stabilisce che il salario minimo deve garantire l’acquisto di beni e servizi primari adeguati all’inflazione.

Costo della vita

Quindi, se l’inflazione sale dell’8%, i salari devono essere adeguati di conseguenza. Concordo con Brunetta quando dice che dovremmo rafforzare controlli e ispezioni, soprattutto
contro abusi e lavoro nero, ma mi permetto di evidenziare che il lavoro nero non ha nulla a che vedere con questa direttiva, che invece si concentra su tutto tutti quelle situazioni che –
facendo una forzatura linguistica – potremmo definire “abusi legalizzati”. E nel nostro Paese ce ne sono purtroppo a iosa.

La direttiva è vincolante

Allora la domanda che dobbiamo davvero porci è: come può l’Italia rinnovare in un biennio – tempo di recepimento per la direttiva vincolante per tutti, Italia inclusa – 516 contratti scaduti, fare fuori circa 300 contratti pirata e stroncare il lavoro povero per evitare una certa procedura di infrazione con conseguente multa da parte della Corte di Giustizia Europea?

Noi del M5S una risposta l’abbiamo data da tempo. Si chiama salario minimo. Ed è la stessa risposta che offre a tutti la direttiva. Peraltro non è casuale che i 9 euro all’ora da noi proposti siano perfettamente in linea con i parametri europei.

Quella di Brunetta è di andare avanti secondo un modello che viene già duramente stroncato dai criteri vincolanti della direttiva.

Per queste ragioni la vera sfida per la terza economia europea e seconda manifattura d’Europa dovrebbe essere quella di non aspettare due anni, ma recepire subito la legge europea, avviare
un confronto serio tra governo e parti sociali, aprendoci al futuro, rinnovando la nostra contrattazione collettiva e adeguandola alle sfide dei nostri tempi, in modo da ripartire dalla più grande risorsa del nostro Made in Italy, ossia il capitale umano al quale dobbiamo restituire dignità e fiducia nel futuro con salari e condizioni di lavoro e di vita davvero dignitose.

Questo articolo nasce come replica all’articolo pubblicato dal ministro Brunetta il 10 giugno 2022 sul Corriere della Sera ‘Sul salario minimo grande malinteso, le soluzioni sono altre’.