Divario salariale di genere, al lavoro per una direttiva sulla trasparenza

Divario salariale di genere

In Europa, il divario salariale di genere, o gender pay gap, non è ancora stato colmato. Dire: “uguale salario per uguale lavoro” non è uno slogan ma la sintesi per descrivere uno dei diritti fondamentali purtroppo ancora “tra i meno rispettati” nell’Unione europea.

La parità di genere, che deve potersi tradurre anche in ambito lavorativo, è uno dei principi cardine sanciti dal Trattato di Roma del 1957. Eppure l’Unione europea è intervenuta almeno due volte negli ultimi 15 anni nel tentativo di sanare questa disparità. Prima con una direttiva nel 2006 e poi con una raccomandazione nel 2014.

 

Divario salariale di genere, al via la prima discussione in Commissione

Il 30 settembre scorso, la Commissione congiunta occupazione e affari sociali (EMPL) e diritti delle donne e uguaglianza di genere (FEMM) ha discusso, in prima lettura, la proposta di una direttiva sulla trasparenza salariale, anche nota come Pay Transparency Directive.

Lo scopo del provvedimento è rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne. La direttiva punta a garantire la trasparenza salariale, migliorando l’accesso alle informazioni relative alle buste paga e alle carriere professionali.

La strada da fare per colmare definitivamente il divario tra lavoratori e lavoratrici è ancora lunga.  A dirlo ci sono i dati diffusi da Eurostat che mostrano come il divario salariale tra uomini e donne in Europa si attesta attorno al 16,3%, considerando unicamente la differenza nella retribuzione oraria lorda.

Tuttavia, la distanza tra lavoratori e lavoratrici raggiunge il 39,3%, considerando altri parametri, quali le ore di lavoro retribuite e il tasso di occupazione. In Italia, tale divario arriva al 43,7%, tenendo ben presente che le donne tendono a guadagnare circa il 5% in meno degli uomini.

I dati dell’Eurostat non si limitano però solo a spiegare l’assenza di una pari retribuzione a parità di lavoro tra uomini e donne.

Ci sono infatti un insieme di fattori di cui tenere conto, perché il gap tra lavoratori e lavoratrici oggi è presente a diversi livelli. Sia se parliamo di tasso di occupazione sia se consideriamo il numero dei dirigenti sia infine se si guarda alla popolazione inattiva a causa di responsabilità familiari e/o assistenziali.

Per questo, credo che il divario salariale tra donne e uomini sia un fenomeno molto più complesso che non può limitarsi solo alle buste paga.

 

Divario salariale di genere, le mie proposte per migliorare il testo

La pandemia di Covid-19 ha senz’altro colpito di più le donne. E lavorare su una direttiva che garantisca sì la parità ma soprattutto la trasparenza salariale oggi è un primo passo importante a tutela di milioni di lavoratrici.

Ho contribuito a migliorare la relazione, presentando degli emendamenti che sono stati poi inseriti nel testo:

  • il riconoscimento del ruolo del sindacato come unico soggetto in grado di tutelare le lavoratrici, per superare la definizione, proposta dalla Commissione europea, di “rappresentanti dei lavoratori” che avrebbe concesso in maniera arbitraria al datore di lavoro di sceglierli;
  • l’allargamento dell’ambito di applicazione della direttiva. La Commissione europea infatti ha chiesto di escludere le imprese con meno di 250 dipendenti, esentandoli dall’obbligo di rendicontazione. Abbiamo dunque chiesto e ottenuto che questa deroga venga applicata solo alle imprese con meno di 10 dipendenti.

Lo scopo ultimo di questo intervento è coprire il maggior numero di imprese e di lavoratori, anche con la proposta di abbassare la soglia del divario retributivo dal 5% al 2%. Percentuale che l’azienda dovrà giustificare, e a cui dovrà poi porre rimedio confrontandosi con il sindacato.

  • il riconoscimento del principio dell’inversione dell’onere della prova a carico del datore di lavoro, per incentivare le donne vittime di disparità retributiva a denunciare e a non scoraggiarsi.
  • la garanzia di una maggiore trasparenza per le carriere professionali, al fine di superare il fenomeno del glass ceiling o “soffitto di cristallo” che di fatto consiste nella difficoltà per le donne di raggiungere posizione di vertice.

Intanto, l’Italia si appresta a compiere un altro passo importante. Il segnale politico è molto forte. Il 13 ottobre scorso infatti la Camera ha approvato il testo sulla parità salariale all’unanimità con 393 voti favorevoli.

Divario salariale di genere, cosa prevede nel complesso la direttiva

La proposta di direttiva nel suo complesso prevede che gli Stati membri raggiungano una maggiore trasparenza retributiva/salariale. Attribuendo una serie di obblighi ai datori di lavoro e garantendo specifici diritti ai lavoratori:

  • i datori di lavoro hanno il dovere di fornire informazioni alle persone in cerca di lavoro, in particolare quando si tratti del primo lavoro.

Che sia negli annunci o durante il colloquio i datori di lavoro devono sempre fornire informazioni sulla retribuzione.

  • naturalmente, il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici di conoscere i livelli retributivi per sesso, rispetto al livello dei salari medi o a categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore
  • Il diritto di ottenere un risarcimento nel caso in cui si siano subite discriminazioni retributive di genere.
  • sanzioni specifiche per chi viola le norme sulla parità retributiva.
  • azioni collettive sulla parità retributiva da parte di enti rappresentativi o sindacati.

Un elemento essenziale: le sanzioni

Quando nel marzo scorso, la Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva, ho subito spiegato l’importanza di un sistema di sanzioni per i datori di lavoro o le imprese che violano la parità retributiva di genere, sfruttando il lavoro delle donne.

Credo anche che siano indispensabili misure specifiche per monitorare le condizioni salariali all’interno dell’impresa e affrontare la discriminazione retributiva. Che espone maggiormente le donne al rischio povertà.

Continuando a impegnarmi per combattere il più possibile le disuguaglianze di genere, sottolineo l’urgenza di elaborare politiche efficaci per permettere alle donne di conciliare vita e lavoro e la condivisione di tutte le attività di cura e assistenza familiare. Per costruire davvero una realtà con pari diritti e dignità per tutti.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.