Due diligence, accordo sul testo. Verso un mercato unico più giusto

Il 14 dicembre scorso, è stato finalmente raggiunto l’accordo politico tra il Parlamento europeo e il Consiglio sulla direttiva Due Diligence con la quale l’Unione europea punta a rafforzare la protezione dell’ambiente e dei diritti umani nell’Unione europea e nel mondo.

L’accordo è arrivato nella settimana di chiusura della 28esima Conferenza delle Parti (COP) a Dubai alla quale hanno preso parte anche imprese, società e multinazionali che devono contribuire, non solo, alla lotta al cambiamento climatico, in linea con le ambiziose politiche ambientali varate recentemente dall’Unione europea, ma anche, al pieno rispetto dei diritti umani all’interno e all’esterno del mercato unico, in modo particolare, in caso di accordi commerciali con i paesi terzi.

Accordi commerciali per i quali, anche e soprattutto alla luce di questa direttiva, sarà fondamentale l’applicazione del principio di reciprocità, per sottoporre le relazioni economiche e commerciali agli elevati standard ambientali e sociali adottati dall’Unione europea.

Per chi come me ha contribuito molto a migliorarne il testo, questa nuova legge europea è un passo decisivo verso un mercato unico europeo più giusto e più equo. Dove tutti, senza sconti, sono chiamati a fare la loro parte per il pieno rispetto della persona umana, della dignità del lavoro e del Pianeta!

CHE COSA S’INTENDE PER DUE DILIGENCE?

COSA PREVEDE LA DIRETTIVA?

Il principio del dovere di diligenza delle imprese (o due diligence) serve a responsabilizzare le aziende – piccole e grandi – al rispetto degli obblighi ambientali e dei diritti umani. Valutando gli effetti negativi legati alle loro attività e impegnandosi ad attenuarli o a combatterli con strumenti e misure adeguati.

Le imprese europee ed extra europee – comprese le multinazionali e quelle legate a settori ad alto rischio di impresa – attive nel mercato unico dovranno tenere conto delle norme europee nella organizzazione e nell’indirizzo dell’attività d’impresa. Pena l’applicazione di sanzioni da parte di una Autorità nazionale che alla luce delle nuove norme contenute nella direttiva sarà incaricata di monitorare il rispetto delle nuove norme della direttiva due diligence.

Sarà perciò essenziale lo scambio di buone prassi e la cooperazione a livello europeo, tramite il Network europeo delle Autorità di controllo della Commissione previsto dalla direttiva medesima.

DUE DILIGENCE: “TUTTI DEVONO FARE LA LORO PARTE”

La direttiva sulla due diligence s’innesta sul regolamento 995 del 2010, una normativa che ha introdotto per la prima volta in Europa il concetto del dovere di diligenza delle imprese, mutuato dagli Stati Uniti. Responsabilità delle imprese rispetto agli obblighi ambientali e dei diritti umani che né questo regolamento né codici né le convenzioni internazionali però sono bastati a rafforzare.

Alla luce quindi dei nuovi obblighi legati al Green Deal ma anche all’impegno dell’Unione europea di promuovere il rispetto dei diritti umani a tutti i livelli, la direttiva sulla due diligence rappresenta una importante riforma legislativa europea perché riconosce la necessità di un coinvolgimento diretto delle società e delle multinazionali nella difesa dell’ambiente, nella lotta alla crisi climatica e infine nella riaffermazione e tutela dei più basilari diritti umani.

Aziende, gruppi e società dovranno fare la loro parte. E i rapporti commerciali dovranno basarsi sul rispetto dei migliori standard di protezione sociale e ambientale.

Con questa direttiva, l’Italia dovrà fare la sua parte. E c’è tanto lavoro da fare. Pensate infatti che appena il 20 per cento delle imprese italiane ha un piano contro la crisi climatica, quindi, un programma di azione per ridurre le emissioni di gas climalteranti.

Ma secondo il Network italiano del Global Compact dell’ONU e Ipsos, il 34 per cento delle aziende dichiara che i limiti economici impattano sulla organizzazione e la gestione delle attività e dei rischi e che è difficile fare investimenti adeguati. Per il 27 per cento denunciano invece problemi burocratici, e per un altro 27 per cento pesa la mancanza di lavoratori e lavoratrici qualificate.

Dati utili che suggeriscono la necessità di aiutare quelle imprese, come lo sono quelle italiane, che rischiano di essere schiacciate dagli oneri comunque necessari di rispetto degli obiettivi ambientali e umanitari.

ACCORDO POLITICO TRA PARLAMENTO UE E CONSIGLIO UE SUL TESTO

L’accordo politico raggiunto tra Parlamento europeo e Consiglio europeo è importante Ora è definito l’ambito di applicazione della direttiva, le responsabilità delle imprese che non rispettano gli obblighi ambientali e quelli relativi al rispetto dei diritti umani, infine, la definizione delle sanzioni con un elenco dei diritti e dei divieti che le imprese dovranno rispettare.

Tra le novità più importanti di questa direttiva ci sono anche: l’accesso per coloro che denunciano la violazione degli obblighi ambientali e dei diritti umani di potersi rivolgere alla giustizia civile, entro cinque anni dalla denuncia – possono intentare una azione legale anche i sindacati e le organizzazione della società civile – scaricando i costi dei procedimenti su coloro che hanno agito contro la impresa, la società o la multinazionale inadempiente. Non solo. Queste ultime che non siano direttamente responsabili per le violazioni degli obblighi ambientali e dei diritti umani ma vengono a conoscenza delle stesse commesse da partner commerciali avranno l’obbligo di interrompere tali rapporti.

Credo, quindi, che la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese sia un bel segnale politico. Un tassello legislativo importante per realizzare gli ambiziosi obiettivi del Green Deal. Dell’agenda ONU per lo sviluppo sostenibile 2030. Per puntare velocemente alla neutralità climatica entro il 2050 e infine per rendere l’Unione europea leader globale nella lotta al cambiamento climatico e baluardo nella difesa dei diritti umani.