Migranti, è caos. Prezzo salato per Comuni e Regioni

Dopo la Sanità, il tema migranti ha tenuto alto lo scontro con il governo. Logico: uno dei motivi che ha consentito a Meloni di salire al potere, nel settembre del 2022, è stata la promessa di un giro di vite sugli sbarchi e sul traffico illegale di esseri umani provenienti soprattutto dal Nord Africa. A distanza di un anno dall’elezione possiamo affermare che la questione è tutt’altro che risolta.

ARRIVI IN COSTANTE AUMENTO

I dati del ministero dell’Interno riportano un raddoppio del numero di sbarchi. Rispetto all’anno precedente, l’aumento è del 115 per cento. Dal 1 gennaio al 31 luglio 2022 gli immigrati sbarcati erano oltre 41mila; nello stesso periodo, ma dell’anno successivo – dunque nei mesi del governo Meloni – la cifra sfiora i 90mila.

Con una media di 700 migranti sbarcati in Italia ogni giorno, per tutta l’estate, il governo Meloni si è trovato costretto ad agire. Non con il fantomatico blocco navale – impossibile – ma cambiando i criteri di distribuzione dei migranti nelle Regioni e nei Comuni italiani.

LE NUOVE REGOLE CHE PENALIZZANO I TERRITORI

In base alle vecchie regole, la distribuzione sul territorio delle persone migranti doveva avvenire tenendo conto della popolazione di ogni Regione, del Prodotto interno lordo e della quantità di persone già ospitate. Motivo per cui le Regioni più popolose e più ricche ospitano attualmente più migranti. Ma per reagire alla nuova e più consistente ondata di flussi migratori, il governo Meloni ha aggiunto anche il criterio dell’estensione territoriale.

Ciò significa, nella pratica, che il numero di persone migranti presenti nelle Regioni estese ma a bassa densità abitativa andrà ad aumentare nei prossimi mesi, come in Sardegna e Basilicata, che attualmente ospitano circa 2mila migranti ciascuna.

Ecco quindi che a pagare le conseguenze di una strategia fallimentare e frammentata, ma anche palesemente disumana, dei flussi migratori, sono i territori.

Le Regioni, in primis quelle governate dal centrodestra, nelle settimane scorse hanno indirizzato lamentele e richieste di intervento al governo centrale, il quale in cambio, ancora una volta, risponderà con un nuovo decreto annunciato dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che promette inoltre la presenza di un CPR (Centri per il Rimpatrio e l’Espulsione) in ogni Regione. Sarà poi vero?

MIGRANTI, REGIONI E COMUNI IN DIFFICOLTÀ

Di certo, il nuovo criterio per la distribuzione di migranti sul territorio nazionale metterà in difficoltà anche i Comuni che attualmente sono privi di hotspot, infrastrutture e dove mancano le risorse per la mediazione culturale. Infatti, alle modifiche sulla distribuzione dei migranti, il governo non ha accompagnato un decreto per assegnare maggiori risorse agli enti che dovranno prendersi in carico tra gli altri minori stranieri non accompagnati, in costante aumento, uomini e donne che notoriamente hanno subìto violenza, torture, rifugiati o richiedenti asilo.

Le lamentele sulla decisone sono trasversali e bipartisan, con i sindaci di maggioranza e in particolare quelli della Lega, da sempre contraria l’accoglienza diffusa, che hanno fatto sapere di non voler usare le infrastrutture territoriali per assistere le persone in arrivo, perché non idonee. E i Comuni gestiti dagli amministratori di opposizione che hanno criticato il governo Meloni per essere privo di strategie rispetto alla gestione dei flussi migratori, l’integrazione e la mediazione culturale, specie nei Comuni più piccoli, senza risorse.

Inoltre, non cambierà nulla con l’annunciata stretta sulla strategia dei rimpatri e delle espulsioni che non ha mai funzionato. I costi per gestirli ed effettuarli sono enormi, e i CPR come mostrano diverse inchieste giornalistiche sono lasciati da tempo abbandonati a loro stessi.

DAL GOVERNO NESSUNA STRATEGIA SUI MIGRANTI

Dall’approvazione del decreto anti Ong sapevamo che la questione delle migrazioni sarebbe esplosa a causa di un indirizzo politico del governo e delle destre tutta ideologia e zero proposte concrete. Che, in un certo senso, specula sulla vita umana e la disperazione di uomini, donne e bambini costretti a fuggire dai loro paesi perché perseguitati, affamati e in balìa dei conflitti.

Il tentativo di arginare le partenze con l’accordo siglato a Tunisi a seguito della missione che ha visto protagonista l’Europa con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, l’Olanda con Mark Rutte, e l’Italia con Giorgia Meloni, come avevamo previsto, non ha prodotto risultati.

Il sostegno economico offerto alla Tunisia in cambio di un maggiore controllo dei flussi migratori in partenza dalle coste del Paese verso l’Europa, e in particolare verso l’Italia, allo scopo di contenere il traffico di esseri umani, estendere le attività di ricerca e soccorso e aumentare i rimpatri, è il più grande flop di questo governo. 

E dire che Meloni aveva salutato l’accordo con la Tunisia come un modello da replicare in tutta Europa!

Abbiamo già visto gli esiti degli accordi con Libia e Turchia che non hanno prodotto altro che violazioni dei diritti umani fondamentali e vite umane disperse in mare. Nei fatti stiamo parlando di accordi conclusi con paesi instabili politicamente ed economicamente oppure di Stati guidati da autocrati che non si riconoscono né nei principi né nei valori europei.

SUI MIGRANTI LE SOLUZIONI VANNO NEGOZIATE NELLE SEDI OPPORTUNE

Rimango convinta che le basi per una buona politica migratoria passano da una visione intelligente e lungimirante sulla gestione delle frontiere esterne e su investimenti nell’ambito dell’accoglienza e dell’integrazione a livello diffuso. Sicuramente, per il tramite di una leale collaborazione tra tutti gli amministratori locali a prescindere dall’appartenenza politica.

Il governo Meloni ha annunciato il Piano Mattei per l’Africa. Di che cosa si tratta? Resta un mistero. Si è vantata dell’accordo con la Tunisia che al momento ha prodotto solo un enorme spreco di denaro e morti. Ha urlato di un blocco navale che una volta eletta si è resa conto essere una follia.

Ha attaccato le navi umanitarie senza le quali le morti in mare sarebbero state superiori a quelle registrate. Avrebbe voluto più Europa sul tema migranti, ma non ha portato nulla a casa sui ricollocamenti e i ricongiungimenti familiari in primis perché i suoi alleati sovranisti erano in disaccordo. Ha abbandonato le Regioni e i Comuni quando aveva promesso di difenderli dallo “straniero” in modo ideologico, vuoto e propagandistico, dando il colpo di grazia all’accoglienza diffusa.

Meloni ha inscenato una farsa, insomma. E ora?