Primo maggio, l’ennesimo senza salario minimo. L’Italia scelga!

salario minimo

Dopo due anni e mezzo di pandemia, dedico questo editoriale al primo maggio appena trascorso. A tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici italiane. Scrivo, pensando al mio Paese dove il mercato del lavoro sta diventando sempre più precario e insicuro per milioni di donne, giovani e meno giovani in età lavorativa.

Primo maggio, più occupati ma è boom di contratti a termine

Gli ultimi dati diffusi dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) hanno misurato un generale aumento dell’occupazione che, per la prima volta, torna a raggiungere i livelli pre-pandemia.

A marzo scorso, l’Istituto nazionale di statistica ha registrato 81 mila occupati in più rispetto a febbraio. Il tasso di occupazione è salito così al 59,9%, ‘record storico’. Mentre la disoccupazione si è ridotta dell’8,3%. Il numero di occupati ha così superato i 23 milioni.

Purtroppo, la buona notizia finisce quando ci accorgiamo che c’è stato un vero e proprio boom di occupati a termine: 3 milioni e 159 mila. Il dato più alto mai registrato dal 1977.  Credo che sia piuttosto evidente lo scivolamento del mercato del lavoro italiano verso una precarizzazione sempre più strutturale.

I contratti a termine, nati per affrontare esigenze temporanee o limitate, sono oramai molto diffusi, anche a causa delle incertezze economiche che riguardano l’intero tessuto produttivo e industriale nazionale. Costretto ad affrontare due anni di pandemia, e ora, ad ‘ammortizzare’ gli effetti del conflitto russo-ucraino.

Entrando nel dettaglio dei dati elaborati dall’Istat, in due anni – tra marzo 2020 e marzo 2022 – nel 97% dei casi i nuovi posti di lavoro sono nati con contratti a termine mentre appena il 3% con contratti a tempo indeterminato.

Purtroppo, tra i lavori stabili, soprattutto per le donne, sta aumentando il part-time. Nel Mezzogiorno, quello involontario ha sfiorato l’80% degli occupati a tempo indeterminato.

Primo maggio e inflazione alle stelle: un rischio per il potere d’acquisto

A scontare le difficoltà delle imprese di contenere gli elevati costi di produzione, a causa dei prezzi alle stelle dei beni energetici e delle materie prime, sono i lavoratori e le lavoratrici.

Dobbiamo però tenere conto che la stagnazione dei salari nel nostro Paese dura da almeno un paio di decenni. In base ai dati Ocse, infatti, tra il 1990 e il 2020, gli stipendi degli italiani sono diminuiti del 2,9% rispetto alla media europea.

Nel primo trimestre del 2022, le retribuzioni sono cresciute pochissimo rispetto allo stesso periodo del 2021. I salari dei lavoratori e delle lavoratrici, quindi, si assottigliano a causa della inflazione che ad aprile è arrivata al 6,2%.

I prezzi dei beni di consumo e delle bollette di luce e gas stanno erodendo il potere d’acquisto di milioni di italiani. Se non adeguiamo i salari, l’Italia rischia una nuova recessione, o nel peggiore delle ipotesi, la stagflazione. Ovvero, quando un Paese non riesce a produrre nuova ricchezza ma il costo della vita è molto elevato per i cittadini.

Le stime del Fondo monetario internazionale dicono che 143 economie mondiali, che rappresentano l’86% del prodotto interno lordo globale, cresceranno meno del previsto. Tra queste c’è anche l’Italia. A gennaio era previsto che l’economia nazionale sarebbe dovuta crescere del 3,8% nel 2022. Ad aprile, però, secondo il Fmi il Pil italiano si fermerà al 2,3%.

Primo maggio, l’ennesimo senza il salario minimo

Non smetto di insistere sulla necessità d’introdurre il salario minimo. L’Italia è tra i pochissimi Stati in Europa a non aver ancora adottato questa misura di civiltà che permetterebbe di restituire dignità a cinque milioni di cittadini che, pur lavorando, non riescono a vivere dignitosamente.

Se non adeguiamo i salari il pericolo è che nei prossimi mesi avremo una quota crescente di lavoratori-poveri. Per impedirlo dobbiamo creare una vera e propria “cintura di protezione”.  Sono mesi che spiego che il salario minimo, su cui abbiamo presentato una proposta di legge in parlamento, è un argine alla povertà, al dumping salariale e alla concorrenza sleale.

Anche il Presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, è tornato, in occasione del 1° maggio, a ribadire l’importanza e l’urgenza di adottare la legge sul salario minimo. Aggiungo che è tempo di superare le sterili discussioni ideologiche sul “sì” o sul “no” al salario minimo. Il tempo di interrogarsi sulla opportunità di questa misura è davvero finito.

Con la direttiva l’Europa ha già tracciato la strada

In Europa, la direttiva sui “salari minimi adeguati ed equi” ha già tracciato la strada. Non solo perché ammette l’adozione del salario minimo per legge o in base alla contrattazione collettiva, ma anche perché riconosce finalmente che questa misura è un’arma contro gli squilibri dell’attuale modello di economia di mercato.

Per proteggere il potere d’acquisto, evitare un aumento delle disuguaglianze e della povertà lavorativa abbiamo bisogno del salario minimo, indispensabile anche per tutelare le imprese sane dal dumping e dalla concorrenza sleale.

Altri Stati europei, come Spagna, Francia, e Germania lo hanno capito da tempo e hanno alzato il salario minimo. A mio avviso, un modo pragmatico di attutire gli effetti negativi causati dal conflitto tra Kiev e Mosca che rischiano di diventare la miccia per nuovi tensioni sociali ed economiche.

La Francia, che concluderà il semestre il primo luglio, ha tutta l’intenzione di chiudere i negoziati con l’approvazione della direttiva, viste anche le legislative di giugno. Se la legge europea sul salario minimo venisse approvata entro la fine del semestre, come abbiamo sempre chiesto, sarebbe una grandiosa notizia per l’UE. E una vittoria per i lavoratori e per le lavoratrici.

All’Italia non resterà che adeguarsi. Governo e parti sociali, dunque, diano a partire da ora priorità al salario minimo. Rilancino la contrattazione collettiva, contro i contratti pirati, per redistribuire la ricchezza, riformare il sistema delle relazioni industriali e finalmente tutelare il lavoro.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti.
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