Salario minimo, via libera con la presidenza francese. Basta rinviare

Salario minimo

Ho sempre sostenuto che se il profitto è fondamentale, i diritti vengono prima di tutto. Per questo il salario minimo fa parte delle mie storiche battaglie al Parlamento europeo.

Nelle settimane passate, il salario minimo è stato al centro dei dibattiti nazionali ed europei. In Italia, il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha rilanciato l’urgenza di questo strumento per l’Italia che assieme a pochi altri non lo ha ancora adottato.

Negli stessi giorni, a Bruxelles ho appreso che la tanto attesa votazione sul testo della direttiva, prevista per la fine di settembre in Commissione Occupazione e Affari sociali, sarebbe slittata alla fine di ottobre.

 

Salario minimo, le conseguenze del ritardo della votazione

Non mi aspettavo né auspicavo questo slittamento che peraltro mi preoccupa molto. Un allungamento dei tempi per la discussione e la votazione, implica un rischio più elevato di un cambio di scenario che allontana l’approvazione della direttiva sul salario minimo europeo.

L’attuale presidenza di turno si è rivelata sin dal primo giorno deludente rispetto alle politiche per l’occupazione e il contrasto alla povertà. Ho subito valutato il programma sloveno superficiale in materia. A partire dal 1° gennaio 2022 però il Semestre europeo vedrà alla guida la Francia. Nella prima metà del prossimo anno, ci sono condizioni politiche più favorevoli per la messa a punto di una direttiva sul salario minimo europeo.

Sono convinta quindi che non possiamo sprecare altro tempo, soprattutto, perché da luglio a dicembre 2022 la palla passerà in mano alla Repubblica Ceca, mentre nei primi sei mesi del 2023 sarà la volta della Svezia. Entrambi i paesi, anche se per ragioni diverse, non hanno particolarmente a cuore l’approvazione di una direttiva sul salario minimo europeo.

Come ho ricordato su “Il Fatto quotidiano”, la Direttiva va approvata durante la presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea, e cioè entro e non oltre il 30 giugno 2022. Altrimenti rischiamo di entrare in un binario morto. L’Unione europea, Italia compresa, hanno bisogno nel più breve tempo possibile di una normativa organica a vantaggio dei lavoratori. Di tutto il mondo del lavoro.

Le prossime elezioni in alcuni Stati membri saranno altrettanto decisive. Dalla Germania intanto arrivano dei segnali positivi. Il candidato alla Cancelleria tedesca, il social democratico Olaf Scholz, avanti al momento nei sondaggi, ha definitivo il salario minimo una priorità. Mentre il Primo ministro spagnolo, Pedro Sanchéz, ha annunciato l’aumento del salario minimo nazionale. Segno che si tratta di una misura sociale di cui governi e soprattutto i cittadini sentono il bisogno, come mai prima.

 

Perché abbiamo bisogno del salario minimo

Vale sempre la pena ricordare quanto il salario minimo sia una misura necessaria per tutelare i diritti dei lavoratori in Italia e in Europa.

In diverse occasioni ho spiegato che esso è un’arma contro le storture del mercato e più in generale della globalizzazione. Bisogna impedire nel modo più assoluto che il costo del lavoro diventi un’esca per attirare grandi imprese in quei paesi dove i dipendenti ricevono salari bassissimi, agevolati da una contrattazione collettiva di fatto inesistente.

Inoltre, il salario minimo è fondamentale per prevenire e contenere il fenomeno sempre più diffuso dei lavoratori poveri. Si calcola infatti che il 9,6% dei lavoratori europei ha un salario inferiore ai minimi contrattuali, in Italia questa percentuale sale al 12%. Questo significa che un lavoratore su 8 guadagna troppo poco.

Ritengo che sia adesso il momento di accelerare. I negoziati finali fra Parlamento, Commissione e Consiglio devono concludersi in tempo utile per garantire a tutti i lavoratori europei un futuro di civiltà.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.