Reddito di cittadinanza, la priorità è potenziarlo e non abolirlo

Reddito di cittadinanza

Attaccato e demonizzato da una parte delle forze politiche, il reddito di cittadinanza è una misura sociale utile e peculiare ai 27 Stati membri. Abolirlo o ridimensionarlo è ridicolo. Il 28 settembre scorso la Commissione europea ha presentato delle raccomandazioni per potenziare gli schemi di reddito minimo dei paesi membri, al fine di assicurare maggiore inclusione sociale, e contro il caro bollette e il rincaro del costo della vita, contenere la povertà in Europa.

Che cos’è il Reddito minimo

Il reddito minimo è un sostegno economico rivolto alle fasce più deboli della popolazione: disabili, inabili al lavoro, disoccupati, lavoratori poveri. In quest’ultimo caso, il reddito minimo o reddito di cittadinanza – la nomenclatura italiana – integra salari bassi che non consentono a chi li percepisce di vivere in modo dignitoso e di arrivare alla fine del mese. Questo tipo di misure sono particolarmente importanti in periodi di recessione economica, perché contribuiscono ad ammortizzare la riduzione del reddito delle famiglie e il dilagare di disuguaglianze sociali ed economiche.

Che il reddito di cittadinanza sia una misura sociale importante, ce lo ha dimostrato la pandemia Covid 19. Il reddito minimo ha aiutato milioni di famiglie nel nostro Paese e negli altri Stati europei a contenere la povertà nella fase più difficile dell’emergenza sanitaria. L’idea di abrogarlo o ridimensionarlo è frutto di una posizione puramente ideologica oggi più che mai con questa crisi energetica. Stando agli ultimi dati sull’inflazione, l’Italia è al nove per cento – non si vedeva dal 1983 – metà del caro vita dipende ancora dall’energia. Secondo l’analisi di Confcommercio, il caro energia, in modo diretto, incide sui prezzi al consumo per l’80 per cento, mentre la restante parte, in modo indiretto, dipende dal costo delle materie prime alimentari e non.  Per questo motivo, resto fermamente convinta che il reddito di cittadinanza debba essere rafforzato il più possibile e non abolito o ridimensionato come propone di fare il futuro governo a maggioranza di centro destra.

Cosa chiede la Commissione

In tutti gli Stati membri esiste una forma di reddito minimo. Nonostante ciò, l’adeguatezza, la copertura e l’assorbimento sono giudicati dalla Commissione europea spesso non ottimali.

La Commissione raccomanda dunque agli Stati membri di:

  • utilizzare una metodologia solida e trasparente per fissare e aggiornare il sostegno al reddito a un livello adeguato entro il 2030 in modo coerente con la sostenibilità complessiva delle finanze pubbliche.
  • applicare criteri di ammissibilità trasparenti e non discriminatori per percepire un reddito minimo, rendendo più facile e più accessibile la richiesta e più rapidamente ricevere una decisione e riesaminarla.

Inoltre, le misure di attivazione per entrare nel mercato del lavoro a volte non sono disponibili o devono essere meglio coordinate con le misure di sostegno al reddito.

Reddito di cittadinanza, come rafforzarlo

Alla luce delle raccomandazioni della Commissione, a mio avviso sono due le priorità su cui agire.

La prima è quella di cambiare i requisiti di accesso che in Italia non tengono correttamente conto delle reali condizioni di povertà in cui versano determinate fasce della popolazione. Pensiamo ai nuclei familiari più numerosi spesso penalizzati rispetto ai single con assegni in media più alti.

Al tempo stesso, come raccomanda la Commissione europea, occorre facilitare l’accesso all’assegno per individuo, quando si tratti di donne e giovani che con più probabilità percepiscono redditi molto bassi.

La seconda priorità è di avviare al più presto tutta una serie di riforme urgenti, molte delle quali contenute nel PNRR:

  • modificare i meccanismi di incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro attraverso maggiori investimenti sulla formazione professionale e l’educazione;
  • creare una banca dati unica delle offerte di lavoro, digitalizzata e accessibile;
  • elaborare un sistema di uscita dall’assegno graduale per tutti i beneficiari che trovano una occupazione;
  • puntare sui percorsi individuali per ricollocare i beneficiari occupabili nel mercato del lavoro.

Povertà sempre più diffusa

È sotto gli occhi di tutti come l’esplosione della povertà sia dietro l’angolo. Con l’inflazione al nove per cento, le bollette di luce e gas a livelli record aumentano le probabilità di far scivolare nove milioni di persone in povertà energetica, solo in Italia. In tutta Europa, sono 34 milioni le persone a rischio.

A questo si aggiungono dati preoccupanti che riguardano la povertà lavorativa. Il nostro Paese è il quarto in Europa per percentuale di lavoratori poveri (11,8 per cento contro una media dell’8,2 per cento). Si calcola che  un quarto dei lavoratori italiani abbia retribuzioni talmente basse da non riuscire a vivere dignitosamente. Sono oltre un milione le famiglie italiane che hanno ricevuto il reddito di cittadinanza. 2,49 milioni di individui coinvolti che ricevono in media 551 euro al mese. Un sostegno sicuramente fondamentale ma che da solo non può bastare. Abbiamo bisogno di misure strutturali, come il salario minimo per mettere fine alle buste paga di 2 o 3 euro l’ora e a posti di lavoro sottopagati. Per fare questo è imprescindibile il rilancio della contrattazione collettiva e il coinvolgimento delle associazioni datoriali. Solo così possiamo combattere davvero la povertà e le disuguaglianze.

 

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Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto. Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.