Sanità pubblica forte, investire subito sulle realtà di eccellenza

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Ci siamo detti mai più. Avevamo compreso l’importanza assoluta del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) gratuito, equo, uguale, solidale. I principi del modello sanitario che Tina Anselmi per prima aveva teorizzato nel 1978. Promettendoci di “uscirne migliori”, preparati e lungimiranti.

Con la pandemia di Covid-19, abbiamo assistito al collasso del Servizio Sanitario Nazionale, a causa di anni di tagli e anche di mancanza ed errori imperdonabili, soprattutto, sulla prevenzione e l’aggiornamento dei piani pandemici.

INCOGNITA PNRR PER IL SSN

Cosa è cambiato da allora? A parte la vittoria del Next Generation Eu, che destina miliardi di euro alla Sanità italiana – soldi che però devono ancora essere spesi bene e che comunque con il governo Meloni hanno subìto diversi tagli alla luce della revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza – nulla. Anzi. Stiamo invece assistendo a un inesorabile peggioramento del SSN.

Primo, le condizioni di lavoro dei medici e degli infermieri costretti a turni massacranti e al contempo a salari iniqui; secondo, la gestione e l’organizzazione di molti nosocomi della Penisola con differenze marcate tra le Regioni del Sud e quelle del Nord, interventi rinviati e liste di attesa insostenibili e che, di fatto, sopprimono il diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione (articolo 32, ndr).

Il grande paradosso oggi è che dopo la tempesta della pandemia di Covid-19 che ha investito pesantemente la Sanità pubblica, le “condizioni di salute” del SSN italiano sono allarmanti anche e soprattutto per la carenza di personale socio-sanitario, in migliaia tra medici e infermieri infatti stanno lasciando l’Italia per trasferirsi in un altro Paese europeo o al di fuori dell’Unione europea perché le condizioni di lavoro e i livelli salariali sono migliori di quelli italiani.

Come non bastasse, sta aumentando la forbice tra pubblico e privato. Il governo Meloni non è contrario alla privatizzazione di una parte importante del SSN. Mesi fa, Giorgia Meloni è stata piuttosto chiara: chi lo ha detto che la Sanità pubblica italiana abbia davvero bisogno di maggiori investimenti? Al massimo, il SSN ha bisogno di spendere meglio i soldi.

LA SALUTE RESTI PUBBLICA

Affermazione che distorce la realtà e che in pratica sottovaluta ampiamente gli enormi e insoluti problemi del SSN. Per diversi anni del mio mandato al Parlamento europeo, mi sono occupata anche della salute e degli effetti della pandemia di Covid-19 sui sistemi sanitari dei paesi europei, sostenendo con forza la lotta alla emergenza sanitaria, con l’acquisto comunitario dei vaccini. Con forza ho sostenuto – e continuo a sostenere – quei principi di equità, solidarietà, universalità e gratuità sanciti dalla nostra Costituzione e che hanno ispirato le politiche europee nella fase più difficile della pandemia.

Per questo, sono convinta che sia ingiusto e sbagliato cedere servizi e prestazioni – finanche la ricerca e la innovazione – esclusivamente ai privati. Ritengo invece che il privato possa e debba giocare un ruolo all’interno del sistema sanitario nazionale ma che tale ruolo non può e non deve essere esclusivo o preminente.

Perciò sono a favore dei partenariati tra il pubblico e il privato. Sono favorevole alla leale collaborazione tra ospedali, università, centri di ricerca, imprese, fondazioni affinché si realizzi un ecosistema della salute completo, forte, accessibile a tutti e a tutte, moderno e proiettato alle innumerevoli sfide che ci attendono anche sul fronte della salute e del diritto alla cura.

SOS SANITA’ PUBBLICA

DISUGUAGLIANZE TERRITORIALI E CARENZE DI PERSONALE

Crescono le diseguaglianze sociali e territoriali, con tre milioni di italiani e italiane che rinunciano a curarsi perché non hanno sufficienti risorse per rivolgersi al privato e non trovano risposte adeguate ai loro bisogni di cura nel servizio pubblico.

Parallelamente, tra i professionisti del comparto sanitario pubblico, aumentano malessere e insofferenza per retribuzioni basse, turni massacranti, e le carenze di personale producono inevitabilmente difficoltà a garantire servizi nei pronto soccorso ma anche nei reparti.

Secondo un recente rapporto diffuso dalla Fondazione Gimbe l’Italia si colloca anche stavolta al di sotto della media Ocse se si analizza il numero di infermieri impiegati nelle strutture sanitarie: 6,2 contro i 9,9 europei per 1.000 abitanti. Anche se si prende in considerazione il rapporto tra medici e infermieri l’Italia si trova sotto la media europea (1,5 vs 2,7), in Europa si colloca davanti solo alla Spagna (1,4) e alla Lettonia (1,2).

Il SSN sta perdendo attrazione per i professionisti, in modo particolare, i giovani formati e qualificati che preferiscono magari spostarsi all’estero o nel peggiore dei casi nel privato perché le condizioni contrattuali e retributive soddisfano meglio e maggiormente il livello di preparazione ed esperienza professionale.

Un paradosso: nella maggior parte dei casi, infatti, parliamo di giovani medici e giovani infermieri che hanno studiato anni nelle Università pubbliche ma che nel pubblico poi non trovano posto anche se la sanità pubblica ne avrebbe bisogno “come il pane”.

15 ANNI DI TAGLI E INVESTIMENTI INADEGUATI

Non dimentichiamo poi che tra il 2010 e il 2015, sono stati tagliati oltre 37 miliardi alla Sanità pubblica. E più di 12 miliardi tra il 2015 e il 2019. Nella stagione della pandemia di Covid-19, il fondo sanitario nazionale è aumentato di 11,2 miliardi, ma questo finanziamento è stato subito assorbito dai costi del Covid-19 ed erosi anche dalla inflazione dei beni energetici e delle materie prime.

Risultato? Il balzo di investimenti nella Sanità pubblica a partire dal 2020 si sono rivelati comunque insufficienti. Pensate quindi che tre miliardi appena saranno sufficienti per i prossimi tre anni? Per questo chiediamo con forza anche dall’Europa al governo Meloni di investire al più presto e al meglio le risorse del PNRR destinate alla Sanità, prima che sia troppo tardi.

Occorre invece invertire una tendenza che invece stando anche ai testi ufficiali del governo che si concretizza in una riduzione del cosiddetto Fondo sul fabbisogno nazionale legato al SSN che passa dal 6,7 al 6,4% rispetto al Prodotto interno lordo per precipitare al 6,1% nel 2026. Riduzione che ci allontanerà dai Paesi più avanzati – la Germania è al 10,9%, la Francia al 10,1% – ma anche dalla media europea che si attesta al 7,1%.

PIÙ INVESTIMENTI SULLA RICERCA E LE COMPETENZE SPECIALIZZATE

Pochi dati, ma da soli già sufficienti a comprendere la necessità di invertire il prima possibile il trend al definanziamento della Sanità per raggiungere in tempi ragionevoli un livello di spesa adeguato.

Personalmente ritengo che per affrontare le sfide future e dare risposte rapide alle emergenze, occorre per prima cosa mettere a sistema l’eccellenza a beneficio della Ricerca e della Sanità. Investire nelle competenze altamente specializzate, anche con lo scopo di attrarre talenti e risorse, in nuovi paradigmi e tecnologie promuovendo e valorizzando i partenariati pubblico-privati come massima priorità del governo.

TALENTI E ECCELLENZE OSPITI AL PARLAMENTO UE

Negli anni della pandemia, la salute pubblica è diventata una priorità anche dell’Unione Europea. Su questo tema credo che la sfida principale per le Istituzioni europee consista nel creare una governance ampia e aperta, sostenendo la creazione di reti di eccellenza, la messa in comune dei talenti, delle competenze e del “saper fare” già disponibili nei territori, generando benessere collettivo per tutti.

Lo scorso 5 dicembre ho avuto il piacere di ospitare al Parlamento europeo la Fondazione Siena Biotecnopolo che è stata creata dal Governo italiano nel 2022 con il compito di sviluppare il Centro Nazionale Anti-pandemie (CNAP). Questa scelta ha voluto valorizzare la tradizione scientifica senese nella creazione di vaccini, che risale ai primi del ‘900. Nel corso di un Secolo, Siena è diventata un luogo unico in Europa, in quanto l’intera filiera produttiva dei vaccini era concentrata nella stessa città: dalla ricerca e sviluppo, passando per lo sviluppo clinico fino alla produzione industriale.

In questo contesto, altrettanto fondamentale è il ruolo della Fondazione Toscana Life Sciences, che supporta il Biotecnopolo nelle sue attività e svolge un ruolo unico di incubatore di imprese, creando importanti collaborazioni tra le istituzioni di ricerca e le aziende senesi e toscane con il resto d’Europa. Toscana Life Sciences è il primo socio fondatore del Biotecnopolo di Siena.

Dopo aver visitato personalmente le Fondazioni Biotecnopolo e Toscana Life Sciences nell’aprile 2023, ho ritenuto importante organizzare questo evento al Parlamento Europeo per lanciare una piattaforma di discussione sulle principali sfide che riguardano il settore sanitario, per approfondire la visione europea su questo tema, ma anche, per condividere le buone pratiche consolidate a Siena.

L’IMPEGNO DELL’EUROPA

Credo che la capacità dell’Unione Europea di diventare leader nelle iniziative di salute globale – tenendo a mente l’approccio cosiddetto One Health, ambizione e priorità anche contro future pandemie – si misurerà sulla capacità dei decisori politici e degli scienziati di lavorare insieme per affrontare e risolvere nuove sfide e minacce per la salute e la sicurezza pubblica e collettiva.

Perciò, le mie proposte sono chiare: occorre una governance ampia e multilivello che unisca le istituzioni europee, i governi nazionali, le autorità locali, coinvolgendo i nostri migliori centri di eccellenza, sostenendo i partenariati pubblico-privato, alimentando la creazione di reti che ci rendano, tutti insieme, sempre più forti e resilienti.