Agricoltura, il Parlamento vota per il vero BIO. Bocciata la Commissione

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Il 3 maggio scorso la plenaria del Parlamento europeo ha approvato il Piano d’azione UE sull’agricoltura biologica. La relazione serve a implementare gli ambiziosi obiettivi della Politica Agricola Comune e del Green Deal per ridurre le emissioni inquinanti e l’impatto sull’ambiente e sulla biodiversità.

Cosa prevede il Piano d’azione Ue sull’agricoltura biologica

Nel marzo 2021 la Commissione ha varato un piano d’azione per l’agricoltura biologica. Bruxelles chiedeva agli Stati membri di sviluppare strategie nazionali per aumentare la quota di terreni coltivati con il metodo biologico.

La Commissione vorrebbe che gli Stati membri raggiungessero la quota del 25% dei terreni coltivati a biologico entro il 2030. Per farlo il Piano d’azione prevede di agire su tre assi principali:

  • stimolare la domanda e garantire la fiducia dei consumatori attraverso campagne di sensibilizzazione al consumo di prodotti bio;
  • spingere la riconversione dei terreni e rafforzare la catena del valore della produzione biologica;
  • migliorare il contributo dell’agricoltura biologica per la sostenibilità ambientale.

Per far ciò, alla Commissione europea non resta che mettere in piedi una pericolosa deregulation che consenta a tutti i paesi europei di allinearsi a questo target. Deroghe e agevolazioni rischiano di danneggiare tutti gli agricoltori che hanno già aziende BIO. Inevitabilmente, queste dovranno affrontare la concorrenza di attività alle quali è stato chiesto di rispettare solo una minima parte degli standard e dei costi ambientali necessari per ottenere la certificazione BIO.

Inaccettabile per milioni di produttori onesti. Un inganno per milioni di consumatori.

Le criticità del Piano

Credo sia giusto potenziare il biologico. Sin dall’inizio, però, la proposta della Commissione europea mi è apparsa irrealistica. Come ho già raccontato, sono convinta che vadano superati alcuni aspetti critici. Intanto, la Commissione europea sbaglia se crede che la quota del 25% dei terreni coltivati a biologico entro il 2030 possa essere realizzata da tutti gli Stati membri.

Per questo, ritengo che sia importante fissare degli obiettivi chiari, realistici e monitorabili. Per farlo, la Commissione europea deve procedere con le valutazioni di impatto socioeconomiche e successivamente stabilire dei target per aumentare la produzione dei prodotti Bio.

Dopodiché, la Commissione europea deve dotare gli agricoltori delle risorse necessarie per realizzare tutti gli obiettivi fissati sul biologico. Avendo un occhio di riguardo  per le piccole e per le micro-imprese del settore.

Un’altra criticità del Piano d’azione, presentato dalla Commissione europea, riguarda la proposta di mettere in concorrenza il biologico con i nostri prodotti a denominazione di origine, DOP, IGP e DOC. Un grave errore. Non solo perché questi ultimi sono beni di qualità, che vengono commercializzati in tutto il mondo, ma anche perché l’UE avrebbe creato un danno enorme al made in Italy.

Agricoltura bio, la leadership italiana nel settore

L’Unione europea guida il gruppo dei territori in cui il bio è più diffuso a livello mondiale. Ormai l’8,5% dei terreni agricoli nella Ue è coltivato secondo metodi biologici, pari a oltre 13 milioni di ettari. Il trend di crescita di tali superfici, nell’ultimo decennio è stato pari al 62%.

La diffusione però non è omogenea in tutta l’Unione. Profonda è la differenza tra l’Est e l’Ovest, sia dal punto di vista delle superfici coltivate, sia per le dinamiche economiche e di consumo. Le colture bio passano dal 25% dell’Austria allo 0,5% di Malta. Ma anche tre enormi aree agricole come Bulgaria, Romania e Polonia sono ancora votate all’agricoltura convenzionale: il regime biologico interessa percentuali comprese tra il 2,3 e il 3,5%.

Il nostro Paese è invece tra i primi in Europa per ettari di terreno coltivati a biologico, con 2,1 milioni di ettari, 102mila in più rispetto al 2019. E mantiene il primato come numero di produttori biologici attivi (71.590). Seguono la Francia con 53.255 e la Spagna con 44.493.

No al biologico annacquato

Dinanzi a queste differenze, dobbiamo evitare ad ogni costo che vengano avallati dei meccanismi di dumping ambientale. Adattando gli standard sulla produzione BIO agli Stati membri.

Per questo, al Parlamento europeo mi sono posta fin dall’inizio il problema di rendere gli obiettivi della Commissione raggiungibili da tutti i Paesi UE, senza però fare sconti a nessuno o agevolare delle scorciatoie.

Voler raggiungere il 25% di terre coltivate a biologico entro il 2030, quando diversi Stati non arrivano neanche al 5%, può significare solo due cose: o è la scusa per creare un biologico annacquato che alimenterà distorsioni e dumping ambientale, oppure si sta proponendo qualcosa destinato a fallire già in partenza.

Non vogliamo che sulle nostre tavole arrivino prodotti “falsamente biologici”. Il danno sarebbe enorme per i produttori in regola. E il rischio di una nuova forma di concorrenza sleale per il made in Italy sarebbe altissimo.

Sì al bio di qualità

L’agricoltura è il comparto che riceve la quota più importante di risorse europee ed è per questo motivo che dobbiamo vigilare affinché le politiche intraprese siano giuste per gli agricoltori e le aziende agricole. Parlo, in questo caso, dei produttori del biologico che in Italia hanno investito molto puntando tutto sulla qualità.

L’attenzione del nostro Paese verso produzioni agricole più rispettose dell’ambiente ha trovato nel maggio di quest’anno un’ulteriore garanzia nell’approvazione della Legge sull’agricoltura biologica. Essa è uno strumento normativo fondamentale per supportare la transizione agro-ecologica. E permettere di allineare l’Italia agli obiettivi ambiziosi del Green Deal europeo e delle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030.

Sono convinta che serva ampliare il mercato per il biologico, ma premiando la qualità e il lavoro di tutti gli agricoltori che lavorano rispettando davvero la natura e che per questo meritano un giusto guadagno per i loro prodotti.

Le scorciatoie non sono ammissibili. Non si può proporre ad esempio la distribuzione esclusiva dei prodotti bio nelle mense pubbliche, escludendo totalmente i prodotti a denominazione d’origine, eccellenze da proteggere e non da affossare.

Così come non si può pensare al trasferimento di fondi europei destinati alla promozione di prodotti agroalimentari o eliminare qualsiasi controllo sui prodotti bio che provengono da paesi terzi.

Alla Commissione dico con chiarezza che di uno pseudo-biologico possiamo tranquillamente farne a meno!

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti.
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