Contro l’abbandono scolastico servono metodo e competenze

L’abbandono scolastico è un problema complesso che va affrontato per dare a tutti i nostri giovani la prospettiva di un futuro lavorativo adeguato alle esigenze della società odierna.

Ogni anno, l’Italia perde 100mila studenti. Ragazzi e ragazze che lasciano la scuola prima di avere conseguito un titolo di studi che vada oltre la licenza media.

Dal punto di vista del sistema educativo si tratta di un vero e proprio fallimento formativo ed educativo. I ragazzi e le ragazze che abbandonano gli studi provengono spesso da contesti sociali difficili e famiglie in difficoltà economica.

Non possedere un titolo di studi adeguato significa avere più difficoltà nel trovare un’occupazione stabile e, di conseguenza, più probabilità di ricadere nell’esclusione sociale, rendendo ereditario lo svantaggio di partenza.

Sono convinta che l’abbandono scolastico rappresenti uno dei fenomeni più complessi che dipende da almeno tre fattori, collegati tra loro: territoriali, legislativi e infine socioeconomici. Per risolverlo, occorrono metodo e investimenti adeguati per sviluppare competenze in linea con quanto richiesto dal mercato del lavoro attuale.

L’OBIETTIVO UE PER IL 2023, UNA SFIDA DA AFFRONTARE

L’Unione europea, nell’ambito dell’Agenda 2020, aveva fissato come obiettivo che i giovani europei senza diploma superiore fossero meno del 10 per cento del totale. In vista del 2030, il target è stato abbassato ulteriormente al 9 per cento.

Nel 2022 gli abbandoni scolastici in Europa riguardavano il 9,6 per cento, con una prevalenza tra i ragazzi (11,1 per cento) rispetto alle ragazze (8 per cento).

Sono 22 i paesi europei che registrano un tasso di abbandono scolastico precoce inferiore a quello italiano. In sei paesi la percentuale è addirittura inferiore al 5 per cento: Lituania e Polonia (entrambe al 4,8 per cento), Grecia e Slovenia (4,1 per cento), Irlanda (3,7 per cento) e Croazia (2,3 per cento).

TROPPA DISTANZA TRA NORD E SUD

L’Italia è attualmente uno dei paesi dell’Unione in cui il fenomeno incide maggiormente. Nel nostro Paese, infatti, l’11,5 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni ha lasciato la scuola con al massimo la licenza media e non è coinvolto in percorsi di istruzione o formazione professionale.

A pesare sui risultati italiani sono gli enormi divari territoriali rispetto alla disponibilità di servizi educativi. L’abbandono scolastico e la povertà educativa sono molto forti nelle maggiori aree del Sud Italia. Fanalino di coda: Sicilia e Campania dove oltre il 15 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni ha conseguito al massimo la licenza media.

I piccoli progressi registrati in questi anni non sono ancora sufficienti a risollevare determinati contesti territoriali dove il disagio sociale tra i ragazzi e le ragazze è molto forte e contribuisce alla dispersione scolastica.

ABBANDONI IMPLICI E MISMATCHING DELLE COMPETENZE

Combattere la povertà educativa significa fare un lavoro di prevenzione fondamentale sulla criminalità giovanile, sulla violenza di genere, sulla esclusione sociale e sul divario di genere.

Vuol dire, per un paese come l’Italia, contribuire a sbloccare l’ascensore sociale, che inceppatosi, condanna oggi migliaia di ragazzi e ragazze alla condizione familiare e sociale in cui sono nati e cresciuti senza possibilità di riscatto.

Per le donne, poi, significa non avere la possibilità di emanciparsi ed essere indipendenti.

Tra il 2008 e il 2020 il tasso di occupazione dei giovani che hanno abbandonato la scuola prima del tempo è crollato più che nel resto dell’UE. Il 51 per cento degli occupati di età compresa tra i 18 e i 24 anni con la licenza media è disoccupato. Il balzo maggiore nel 2020: con il 33,2 per cento.

Con la pandemia di Covid 19 sono aumentati gli “abbandoni impliciti”. Si tratta di un fenomeno difficile da intercettare e riguarda tutti quegli studenti e quelle studentesse che pur arrivando alla fine del ciclo di studi non hanno conseguito competenze adeguate.

Perciò il contrasto all’abbandono scolastico dovrebbe essere prioritario, con l’obiettivo di migliorare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro su cui oggi pesa sempre più il mismatching delle competenze. Rispondendo anche all’aumentata necessità di lavoratrici e lavoratori con competenze specifiche, per realizzare la transizione digitale ed ecologica del Green Deal e dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza e in generale sostenere le due principali transizioni digitale ed ecologica.

COSA FARE E COSA NON FARE

L’Italia, dunque, che pure ha compiuto dei progressi importanti non deve abbassare la guardia. Semmai continuare sulla strada tracciata, anche e soprattutto, per rispettare gli ambiziosi obiettivi europei contro la dispersione scolastica.

Sono convinta perciò che occorrano:

  • un attento e sistematico monitoraggio dell’abbandono scolastico, in modo tale da avere sempre più dati disaggregati e ottenere così una fotografia nitida del fenomeno sui territori.
  • priorità alle risorse che il PNRR destina al contrasto dell’abbandono scolastico, un miliardo e mezzo di euro da utilizzare entro il 2026 per avvicinare il nuovo target europeo.

Fondamentale è anche l’attivazione di progetti per il potenziamento delle competenze di base per superare i divari territoriali, e progetti nazionali nelle aree più periferiche delle città e del Paese.

Non possiamo più tollerare ulteriori tagli sulla scuola e scarsi investimenti sulla formazione professionale. La manovra economica del governo Meloni, peraltro, ha dimenticato l’ha messa all’angolo, di fatto, sordo ai problemi del mondo scolastico. Solo per citarne uno: la carenza di personale e l’elevata precarietà in cui versano centinaia di migliaia di docenti.