Fondi europei, come usarli al meglio? Criticità, limiti e riforme necessarie

fondi europei

I fondi europei costituiscono da sempre una grande opportunità per i paesi UE e per la collettività. 

Ogni anno l’Unione europea stanzia miliardi di euro grazie ai contributi dei Ventisette.

Contributi che variano in base al Prodotto interno lordo (Pil) nominale di ciascuno Stato membro.

L’Italia, assieme alla Francia, alla Germania e alla Spagna, è uno dei maggiori contributori netti del bilancio dell’Unione europea.

Una volta assegnati, i fondi europei sono gestiti a livello nazionale mediante accordi di partenariato.

Anche per il periodo 2021-2027, il Parlamento europeo ha approvato il quadro finanziario pluriennale (QFP).

Dinanzi alla pandemia di Covid-19, l’Unione europea ha stanziato un quantitativo di risorse pubbliche – parte delle quali saranno reperite sul mercato – mai visto dal secondo dopoguerra in poi.

Per i prossimi sette anni, il bilancio europeo conta complessivamente su 1.824,3 miliardi di euro comprensivi delle risorse del Next Generation Eu.

Come funzionano Programmi operativi

Dopo l’approvazione del Bilancio pluriennale, i Paesi membri stipulano un accordo di partenariato con la Commissione europea in cui sono elencate tutte le priorità di spesa degli Stati membri.

Questi documenti sono chiamati i Programmi Operativi e sono gestiti da Autorità nazionali, regionali o locali appositamente designate alle quali sono attribuiti compiti direttivi e di controllo.

I Programmi Operativi Nazionali (PON) vengono gestiti, per l’appunto, a livello nazionale e riguardano l’intero territorio.

Per il periodo 2021-2027, a seguito della pandemia di Covid-19, è stato ampliato il ventaglio degli ambiti di interesse dei fondi europei.

Ad esempio è stato aggiunto un programma inedito. Per superare le disparità territoriali e sociali mediante il contrasto alla povertà sanitaria, la prevenzione e la tutela delle persone con disagio psichico.

Ma i PON oggi riguarderanno anche la innovazione, la ricerca e la competitività per la transizione verde e digitale e il Just Transition Fund per la decarbonizzazione industriale.

I Programmi Operativi Regionali (POR) invece servono ad organizzare i finanziamenti destinati ad iniziative e progetti di sviluppo su tutto il territorio regionale.

Gestiti dagli enti locali, i POR riguardano il FESR (Fondo Europeo Sviluppo Regionale), FSE (Fondo Sociale Europeo) e FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo sociale).

PNRR, un’occasione da non perdere

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) oggi rappresenta sotto tanti aspetti un volano per la crescita economica e per la costruzione di prospettive future più solide.

È molto importante che dinanzi alle tante sfide che attendono l’Unione europea – transizione ecologica, digitale e inclusione – i paesi membri siano in grado di mettere a punto tutte le riforme necessarie per un concreto cambio di paradigma economico-sociale.

Non si tratta di distruggere il sistema globalizzato in cui viviamo, ma di sanare squilibri che negli ultimi venti anni, almeno, sono emersi in modo sempre più palese.

Gli Stati dovrebbero iniziare seriamente ad analizzare i limiti dell’economia di mercato. Per superarli nella prospettiva di rafforzare la dimensione sociale.

L’impegno perché le risorse europee siano utilizzate al meglio riguarda tutti i livelli: la politica, le amministrazioni pubbliche e le imprese.

Pubblico e privato devono collaborare al meglio per contribuire a costruire un nuovo Futuro per il nostro Paese.

Fondi europei, l’Italia non riesce a spenderli bene

L’accordo di partenariato stipulato tra Italia e Unione europea nel 2014 prevedeva 75 programmi fra cui 60 POR e 15 PON.

Nel periodo 2014-2020 l’Italia ha beneficiato – i progetti hanno tempo fino al 2023 per concludersi – di 74,1 miliardi di euro.

Secondo una recente stima del servizio studi della Camera dei Deputati, 32,7 miliardi provenivano dai fondi di coesione, 10,4 miliardi dal FEASR e 537 milioni dal FEAMP.

Sono cifre importanti, che l’Italia però è riuscita a spendere solo in piccolissima parte.

La più recente relazione annuale della Corte dei Conti europea ci ricorda che l’Italia è al penultimo posto per capacità di assorbimento dei fondi europei, diretti e indiretti, tra i 27 Stati membri.

Dall’ultima rilevazione dei revisori europei risulta che l’Italia non ha speso 25 miliardi e 166 milioni di euro di fondi europei che le spettavano per il periodo 2014-2020.

Un piccolo tesoretto, andato perduto, per almeno due ragioni. L’eccessiva burocrazia e la scarsa capacità amministrativa.

Due fattori che hanno impedito di portare avanti progetti che rispettassero i canoni chiesti dalla Unione Europea.

Le difficoltà nella gestione delle risorse

Le origini di queste difficoltà risalgono all’inizio degli anni 90’ e derivano dal contesto istituzionale nazionale e dalla scarsa incisività delle risposte finora adottate.

Adeguate competenze di progettazione sono indispensabili per attuare in modo efficiente, efficace e rapido i programmi operativi.

È quindi necessaria una progressiva modernizzazione della Pubblica Amministrazione, intervenendo subito sui vertici. La messa a punto di standard elevati di trasparenza e di responsabilità amministrativa per aumentare produttività e competitività.

Dobbiamo vigilare sulle Pubbliche amministrazioni affinché la criminalità organizzata non arrivi ai fondi europei, aumentando il proprio giro d’affari e rallentando o impedendo la ripresa e la crescita del nostro Paese.

L’emergenza sanitaria del Covid-19 ha rappresentato purtroppo già un terreno fertile per le infiltrazioni mafiose, come sottolinea anche la relazione dell’attività svolta dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) nel secondo semestre del 2020.

Il sostegno dell’Europa

Sono dell’avviso che un’amministrazione trasparente ed efficiente sia la precondizione necessaria per riuscire a realizzare investimenti pubblici efficaci.

I fondi europei strutturali e il Next Generation EU, se spesi correttamente, costituiscono di fatto la chiave della ripresa economica e sociale.

Contro una cattiva gestione delle risorse europee, credo che sia necessario un impegno comune a livello europeo.

La criminalità organizzata ha messo radici anche al di fuori dei confini nazionali. Per questo motivo, ritengo che l’UE debba agire come un corpo unico anche (e soprattutto) su questo fronte.

Peraltro, la corretta gestione dei fondi europei strutturali e di investimento è cruciale per il successo della politica di coesione.

L’Europa cerca di sostenere la capacità amministrativa delle amministrazioni regionali, locali e nazionali degli Stati membri. E lo fa mettendo a disposizione diversi strumenti:

  • Il sistema di scambio di esperti (TAIEX-REGIO PEER2PEER);
  • Il progetto pilota “Patti di integrità – Meccanismi di controllo civile” che vede impegnata la società civile come efficace attore contro l’anticorruzione, e come promotore di trasparenza e responsabilità amministrativa e pubblica.
  • Programmi di formazione per le autorità nazionali deputate alla gestione e al controllo nel quadro del FEASR, del FSE e del Fondo di coesione;
  • Infine, lo strumento ARACHNE che mira a sostenere le autorità che hanno il compito di controllo amministrativo per l’estrazione dei dati.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
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