Imballaggi, il riuso minaccia le aziende e la sicurezza del cibo

Imballaggi

Faccio mie le preoccupazioni dei produttori italiani del packaging rispetto alle nuove norme europee che Bruxelles intende varare sul riuso degli imballaggi. Credo che l’indirizzo della Commissione europea sia sbagliato e che rappresenti un pericolo per l’indotto del packaging e quello del riciclo dei materiali del nostro Paese. Credo che la misura sia stata costruita in modo ideologico, senza una solida valutazione di impatto socio-economico, e soprattutto incapace di affrontare e risolvere il tema dell’inquinamento dell’ambiente

Il 30 novembre scorso, la Commissione europea ha presentato la proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio che introduce il concetto di riuso degli imballaggi, oltre a quello del riciclo, per ridurre in linea teorica la diffusione, di conseguenza la produzione, del packaging e dei rifiuti di imballaggio pro-capite.

Packaging e sostenibilità

Da tempo, il packaging è finito nel mirino della Commissione europea perché è considerato un fattore importante di inquinamento ambientale. In effetti, gli imballaggi costituiscono il 36% dei rifiuti solidi urbani. Finora la strategia europea è stata quella di ridurre questa percentuale, chiedendo agli Stati membri di investire sul riciclo dei materiali, dalla plastica al legno.

Può forse sorprendere, poiché in Italia non mancano e non sono mancati problemi legati allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ma siamo stati i primi in Europa a raggiungere alte percentuali di riciclo degli imballaggi, superando in anticipo quelle fissate da Bruxelles negli anni scorsi con le direttive in vigore.

Il problema è che, non solo, l’Italia ha investito molto sul riciclo dei materiali, ci sono realtà all’avanguardia per quanto riguarda il riciclo del vetro, della carta e del legno, mentre dobbiamo migliorare ancora quello della plastica, ma anche, che la Commissione europea ha presentato un regolamento, che entrerà subito in vigore in tutti gli Stati membri una volta approvato in via definitiva, impedendo ai paesi di intervenire a livello nazionale, come invece è stato per il riciclo.

Quanto vale l’Italia del riciclo?

L’Italia è tra i primi paesi europei per percentuale di materiali riciclati, avanti ad altri grandi Stati europei  – Germania, Francia, Spagna, Polonia – per energia consumata/unità di Pil e consumo di materia/unità di Pil. Rispetto al riciclo degli imballaggi l’Italia può contare su numeri di tutto rispetto.

Nel 2021, i dati CONAI – consorzio nazionale imballaggi – rivelano che il nostro Paese ha avviato a riciclo il 73,3% degli imballaggi immessi sul mercato: 10 milioni e 550mila tonnellate, nonostante la forte ripresa dei consumi, che ha visto aumentare il packaging di oltre 14 milioni di tonnellate, circa l’8,5% in più rispetto all’anno precedente.

La filiera del riciclo degli imballaggi conta in Italia più di 700mila aziende. Tra produttori, utilizzatori industriali e commercianti, la proposta di regolamento europeo sugli imballaggi impatterà sicuramente in modo negativo su 6,3 milioni di dipendenti e su un mondo produttivo che fattura 1.850 miliardi di euro l’anno.

La proposta di Bruxelles sugli imballaggi

L’obiettivo finale della Commissione è quello di ridurre la quantità di imballaggi immessi sul mercato puntando sul loro riutilizzo più che sul riciclo. La proposta stabilisce divieti di immissione sul mercato di particolari categorie di imballaggi e l’obbligo di passare a quelli riutilizzabili fino al 95% per cibi e bevande da asporto. Le nuove norme della Commissione europea discriminano i materiali, introducono delle restrizioni alla produzione e prevedono sistemi di riutilizzo degli imballaggi che dovrebbero quindi soppiantare i sistemi di riciclo nel lungo periodo, mentre nel breve e medio periodo, ridimensionarli.

La scelta di presentare un Regolamento sul riuso degli imballaggi

Sono convinta che il regolamento della Commissione europea non serva a ridurre l’impatto ambientale del packaging. I sistemi di deposito degli imballaggi destinati al riuso potrebbero rivelarsi costosi ma anche difficilmente realizzabili, o ancora, inconciliabili con un sistema, come quello italiano, che è stato implementato  in questi anni nella prospettiva di migliorare i processi del riciclo dei materiali tramite investimenti in macchinari, personale e Ricerca & Sviluppo. Investimenti garantiti non solo da aziende private o start up ma anche da imprese collegate ai Comuni e alle Regioni.

Contesto quindi alla Commissione europea, e al Parlamento europeo intendo dare battaglia, l’assenza di valutazioni di impatto economico e sociale. Senza, le proposte di legge della Commissione rischiano di avere una impostazione puramente ideologica, di risultare slegate dalla realtà e inadatte a fornire risposte ai bisogni dei cittadini e delle cittadine. Infine, incapaci di offrire soluzioni efficaci ai problemi della collettività, quali l’impatto ambientale e la mitigazione del cambiamento climatico da coniugare con la salvaguardia dell’occupazione e dello sviluppo economico.

Per questo, ho deciso di dedicare l’editoriale della mia newsletter al tema degli imballaggi. Un tema sociale, economico e ambientale molto concreto che impatta sui territori, sugli enti, sulla vita dei cittadini che vivono nella grandi e nelle piccole città e che ha a che fare, anche, con la salvaguardia dei passi in avanti fatti in questi anni dall’Italia verso la sostenibilità ambientale.

Le criticità della proposta

Tutto il mondo produttivo, dall’agricoltura al commercio, dall’artigianato al settore HORECA fino alla distribuzione, è giustamente in allarme. Come ho già raccontato, tra le ragioni principali che mi spingono a bocciare totalmente la proposta della Commissione europea, c’è l’assenza di studi che dimostrino come il riuso degli imballaggi sia più sostenibile e più efficace dell’attuale sistema nazionale del riciclo che vanta standard piuttosto elevati.

Anche la scelta di proporre un regolamento è un aspetto che giudico molto controverso, proprio perché costringerebbe il nostro Paese a ripartire da zero! Bruciando tutti gli investimenti fatti e quelli programmati sul sistema del riciclo dei materiali. Aggiungo anche che l’idea del riuso degli imballaggi è una minaccia  alla sicurezza e alla salubrità dei nostri prodotti agroalimentari.

Il riuso degli imballaggi minaccia la sicurezza del nostro cibo

Leggendo la bozza di regolamento, infatti, mi sono resa conto che la Commissione europea non prende minimamente in considerazione il rischio che il riuso non sia in grado di garantire un’appropriata sicurezza alimentare. Gli imballaggi alimentari, compresi quelli monouso – direttamente minacciati da questo regolamento – sono fondamentali per la protezione e la conservazione degli alimenti, l’informazione del consumatore, la tracciabilità e l’igiene dei prodotti e consentono la commercializzazione e l’esportazione in tutto il mondo del cibo che produciamo in Italia.

Con questo regolamento, quindi, l’Ue si prepara a mettere fuori mercato molti imballaggi sicuri e perfettamente riciclabili, incidendo pesantemente sulle scelte e sugli investimenti delle aziende che operano nella filiera del packaging; aumentando i costi per le imprese che dovranno acquistare imballaggi di materiali diversi (e più sofisticati) e interrompendo così le catene di fornitura e di distribuzione. Conseguenze molto pesanti ai danni di aziende già in difficoltà a causa dell’attuale crisi economica, dell’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime e che ancora devono superare pienamente gli strascichi della pandemia.

Imprese a rischio

In definitiva, questa proposta, nella sua impostazione attuale, avrebbe un impatto negativo su circa 450.000 imprese agricole, oltre 300.000 produttori e utilizzatori industriali e artigianali e su oltre 400.000 imprese del commercio, del turismo, della ristorazione e dello spettacolo e dei servizi, che complessivamente generano un fatturato di oltre 1,8 trilioni, con una forza lavoro di oltre 7 milioni di lavoratori.

Inoltre, molti degli investimenti indicati nel PNRR sono basati sul sistema del riciclo. Basti pensare che in quello italiano sono previsti circa 2,1 miliardi di euro per rafforzare l’economia circolare e migliorare la capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti. Assistiamo, dunque, a una situazione paradossale in cui, da una parte, la Commissione europea ha accettato i finanziamenti dell’Italia sul riciclo, e dall’altra, sta per presentare un nuovo regolamento con un orientamento opposto, minando in tal modo progetti e investimenti già avviati. Non lo permetterò mai.

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto. Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.