Invecchiamento attivo, ecco perché sono contraria alla ‘Silver Economy’

La pandemia ha colpito duramente le fasce più fragili della popolazione. L’Europa, continente con la percentuale di cittadini anziani tra i più alti al mondo, l’Italia in particolare, ha pagato un tributo altissimo in termini di perdite umane. Dopo la Bulgaria, assieme alla Grecia e all’Ungheria, il nostro Paese ha avuto il tasso di mortalità più alto in rapporto alla popolazione. La percentuale di decessi è stata del 3,1%, mentre la media europea si è assestata al 2,4%.

 

Invecchiamento attivo, la sfida dell’Ue contro il declino demografico

L’Unione europea ha dinanzi a sé una sfida importante: gestire nel modo migliore il peggior calo demografico del secolo di pari passo a un inesorabile invecchiamento della popolazione. La pandemia ha spinto l’Unione europea a domandarsi come proteggere i più anziani. Anche perché da una sua risposta efficace dipenderà in buona parte la tenuta del tessuto sociale del nostro Continente.

Secondo i dati Eurostat, più di un quinto dei cittadini europei ha un’età pari o superiore ai 65 anni. Si stima che nel 2100 le persone con più di 80 anni passeranno dal 6% al 15%. Ne consegue che la percentuale delle persone in età lavorativa nell’UE-27 è in diminuzione, mentre il numero relativo di pensionati è in aumento.

Questa situazione nei prossimi anni determinerà un onere maggiore per le persone in età lavorativa. Che dovranno provvedere a spese sociali sempre più elevate per fornire tutti i servizi necessari legati all’invecchiamento della popolazione. In particolare, quelle legate all’assistenza sanitaria.

In Europa i conservatori offrono come possibile soluzione quella dell’invecchiamento attivo. Vi parlo della cosiddetta ‘Silver Economy’ pensata per attutire i costi correlati all’aumento delle aspettative di vita della popolazione.

Bisogna però fare attenzione a cosa si intende per invecchiamento attivo. È infatti inammissibile pensare unicamente ad un allungamento oltre misura dell’età pensionabile legale. Senza prevedere alcuno strumento per gestire l’invecchiamento della popolazione. Gli Stati offrono servizi essenziali e assistenza ai cittadini e ai residenti in tutte le fasce d’età. Uno Stato sociale ha il dovere di farlo fino alla vecchiaia.

 

Invecchiamento attivo, la ‘Silver Economy’ modello economico insostenibile

Lo scorso luglio, in Commissione Occupazione e Affari sociali, abbiamo parlato del modello della ‘Silver Economy’. In discussione la relazione Il Vecchio continente continua a invecchiare – Possibilità e sfide della politica sull’invecchiamento dopo il 2020, proposta dalla destra conservatrice e più liberista.

I risultati della discussione sono stati molto soddisfacenti.  La Commissione ha infatti sostanzialmente smantellato l’impianto della relatrice Beata Szydło.  Accogliendo la modifica al testo, proposta dal Movimento 5 Stelle e da me fortemente sostenuta, l’Unione europea ha rifiutato il modello economico della ‘Silver Economy’ ritenendolo insostenibile e non dignitoso. Un meccanismo che non può in alcun modo risolvere l’attuale crisi economica ma si presta solo ad aggravare disparità economiche, sociali e di genere.

 

Come sostenere l’invecchiamento attivo

Come sottolineato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’invecchiamento attivo è un processo che aiuta a ottimizzare le opportunità per la salute, la partecipazione e la sicurezza al fine di migliorare la qualità della vita man mano che l’età avanza. Un modello che consente alle persone di realizzare il proprio potenziale di benessere nell’arco dell’intera vita e di partecipare alla società secondo le proprie esigenze, i propri desideri e le proprie capacità. Gli Stati devono al contempo offrire loro protezione, sicurezza e cure adeguate quando necessario. In sostanza, la possibilità di continuare a lavorare oltre l’età pensionabile deve essere lasciata alla libera scelta della persona e non essere imposto dalla totale assenza di altre soluzioni in grado di rendere gli anziani parte attiva della società.

Va rilevato poi che all’aumento dell’aspettativa di vita non sempre corrisponde un ugual miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle persone anziane. Non mancano coloro che percepiscono una pensione insufficiente a coprire tutte le esigenze. Infatti nell’Unione europea, a partire dal 2013 la percentuale di pensionati di età superiore a 65 anni esposta al rischio di povertà è aumentata gradualmente. Questo rischio è ancora più evidente per le donne che, come rilevato dai dati Eurostat, percepiscono pensioni più basse fino al 30% rispetto agli uomini in tutti gli Stati membri.

Il problema da risolvere quindi è mantenere a lungo in salute, sia fisica che psichica, le persone anziane. Come? Attraverso opportuni interventi da parte delle istituzioni europee e nazionali sul piano della prevenzione sanitaria, sul mantenimento delle attività cognitive, sulla fruizione del tempo libero, delle relazioni sociali ed affettive allo scopo di accompagnare man mano la persona a uscire dagli impegni lavorativi.

 

 

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
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