L’ITALIA CHE VUOLE RIPARTIRE E IL FRENO DI UNA CERTA POLITICA

l'Italia che vuole ripartire_Daniela Rondinelli

Sono giorni intensi tra una crisi di Governo nata con il pretesto del Recovery Plan e una prima reazione dell’Europa al Piano presentato dall’Italia.

L’intervista che il Commissario Valdis Dombrovskis ha rilasciato qualche giorno fa all’Avvenire mi ha spinto ad alcune considerazioni per evidenziare quanto le sue dichiarazioni possano diventare strumentali in Italia per contribuire ad avvelenare la crisi. E’ evidente che per noi italiani l’aver combattuto e vinto, stando in prima linea, la battaglia per il Recovery Fund non significa aver vinto la guerra contro l’Europa rigorista, quella che continua a guardare i bilanci degli Stati piuttosto che i grandi sforzi fatti nell’affrontare una crisi economica e sociale senza precedenti.

Trovo le parole del Commissario profondamente inadeguate, antistoriche e irrispettose della grande sofferenza, che noi italiani ed europei stiamo vivendo a causa di una pandemia che continua a mietere migliaia di vittime, con aziende costrette a chiudere e con la crescente paura di perdere il lavoro e sprofondare in uno stato di indigenza.

Un’ampia maggioranza del Parlamento Europeo, insieme alla Presidente della Commissione Von der Leyen, sta lavorando ad un radicale cambio di rotta che sposta il cuore e l’anima dell’Europa sulla situazione gravissima che stiamo affrontando e sul rilancio economico e occupazionale che deve essere avviato senza tergiversare ancora in tattiche e riformismi teorici.

Quello che invece filtra da una certa Europa in questi giorni, e che ha anche alimentato molti interventi nelle aule del Parlamento italiano tra lunedì e martedì da parte dell’opposizione, sono le voci che riportano il film indietro all’epoca degli egoismi e della cieca austerità, che abbiamo visto agire negli ultimi dodici anni.

Quanto dichiara Dombroskis, e che è stato pretesto per diversi esponenti di Fratelli d’Italia, della Lega e dei loro alleati per attaccare il Governo, riporta a quel rigore europeo che, invece di sostenere, impone agli Stati di operare tagli drastici a tutti quei servizi fondamentali, come la sanità e il sociale. Quei servizi che se in passato fossero stati visti come investimenti e non come meri costi, oggi avremmo avuto governi e democrazie più resilienti e soprattutto centinaia di migliaia di morti in meno.

Nessuno nega l’utilità delle riforme necessarie a rendere il Paese più efficiente e che sono state parte delle indicazioni date dal Presidente Conte nei suoi interventi in Parlamento. Ma il Governo ha giustamente scelto di basare il Recovery Plan prima di tutto sul rilancio immediato di imprese e occupazione, migliorando al contempo la competitività e sostenibilità del nostro Paese.

Invece il Commissario Dombrovskis continua a dare per assodato che il Patto di Stabilità ritornerà in vigore, tale e quale ed in tempi brevissimi, facendo finta di ignorare le ferite e le sofferenze inferte dalla pandemia e negando l’evidenza che ci vorranno anni per poterle rimarginare.

Per questo come M5S, insieme a molti gruppi parlamentari, abbiamo esplicitamente richiesto, anche nell’ultima plenaria di questa settimana, di avviare un percorso di modifica del Patto di Stabilità e Crescita, del Fiscal Compact e del sistema delle raccomandazioni specifiche per paese che già sono costate lacrime e sangue a milioni di cittadini. Vogliamo riformare queste politiche per liberare tutto il potenziale, affinché le risorse del Next Generation EU possano davvero generare una rinascita economica, che sia quanto più possibile espansiva nel lungo periodo.

Quello che mi colpisce però è che a tifare in Italia per la critica arrivata al nostro primo documento di Recovery Plan siano quelle stesse forze sovraniste che in Europa fingono di attaccare il rigore europeo e che poi, pur di dare una spallata al Governo Conte, si schierano contro i progetti di rilancio sociale, occupazionale ed economico che animano il progetto italiano.

Sono sicura che dai confronti che il Governo ha avviato con le categorie economiche e sociali e con il Parlamento italiano nascerà la versione finale del Recovery Plan, che saprà anche fare sintesi delle osservazioni europee di questi giorni e che arriveremo nelle prossime settimane ad avere un parere ampiamente favorevole dalle Istituzioni europee.

 

Contributo pubblicato il 28.01.2021 su Avvenire