Lavoro, opportunità e nuovi diritti. Il PD e le Europee

La proposta unitaria di legge sul salario minimo, presentata dalle opposizioni lo scorso luglio, verrà discussa in Parlamento il prossimo 17 ottobre, dopo lo stop del governo Meloni che, a seguito dell’incontro dell’11 agosto 2023 a Palazzo Chigi, ha affidato al CNEL l’ennesimo parere tecnico sul tema. La Premier Giorgia Meloni saprà fare i conti con il rafforzarsi di un consenso sufficientemente ampio e trasversale sul salario minimo? In attesa del dibattito parlamentare, ne ho parlato in numerosi eventi organizzati dal Partito Democratico sui territori.
 

LAVORO, NEI TERRITORI PARLANDO DI SALARIO MINIMO

Richiamando alle emergenze della povertà e della precarietà che pesano di più sulle donne e sui giovani, ho smantellato tutte le bugie del governo Meloni sul salario minimo e sulla relativa legge europea. Dopo la Festa dell’Unità di Roma e di Ravenna, nelle settimane scorse sono stata invitata a parlare del salario minimo alla Camera dei Deputati. Dove ho avuto la fortuna d’incontrare i rappresentanti di alcune delle principali associazioni e reti degli studenti e delle studentesse che chiedono salari dignitosi, lotta alla precarietà e stage retribuiti. Anche in occasione della Festa provinciale dell’Unità, a Palestrina ho parlato di salario minimo partendo dalle conclusioni del tavolo “Lavorare diversaMente – Il Welfare dei diritti contro la povertà”. Infine, sull’isola di Ventotene, nell’ambito della quattro giorni di formazione politica, organizzata dal Partito Democratico del Lazio, su invito del segretario Daniele Leodori, ho spiegato ai giovani democratici che cos’è il salario minimo e le sfide del lavoro tra transizione digitale ed ecologica.

Il 6 ottobre sarò a Cave (Palestrina) per continuare a parlare di salario minimo, giovani e nuovi diritti.

   

SMANTELLANDO LE BUGIE DEL GOVERNO MELONI

Contrariamente a quanto sostiene il governo Meloni, il tema del salario minimo, oggi, si pone anche perché c’è una direttiva europea da recepire entro due anni dalla sua entrata in vigore, pena l’avvio di una procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea. Inoltre, diversamente dalle dichiarazioni della maggioranza di centrodestra non è vero che il salario minimo rappresenta un rischio per il livello delle retribuzioni, che dal 1990 al 2020 sono diminuite del 3 per cento, o che è un pericolo per l’occupazione. In Europa, 22 paesi su 27 hanno il salario minimo. E non ci sono stati crolli del numero degli occupati. Al contrario, l’introduzione di questa misura ha aumentato i posti di lavoro o in altri casi sono rimasti stabili o sostanzialmente invariati. La lista di falsità e di inesattezze diffuse sul salario minimo dal governo Meloni è piuttosto lunga. Al caos occupazionale aggiungerei la bugia sulla non obbligatorietà della direttiva europea, che proprio Fratelli d’Italia e i partiti di governo, hanno invece votato in Parlamento europeo nel 2022. La nostra proposta di legge, in linea con la direttiva europea, vuole rafforzare, e non smantellare, la contrattazione collettiva. Riformare il sistema delle relazioni industriali, restituendo potere di rappresentanza ai sindacati più importanti; costringere il governo a rinnovare i contratti scaduti e a fissare un minimo salariale di nove euro l’ora al di sotto del quale non è lavoro ma sfruttamento.
All’evento Politicamente sull’isola di Ventotene, venerdì 29 settembre 2023

LAVORO, LE DESTRE TRA IDEOLOGIA E DISINFORMAZIONE

Ciò che occorre al Paese oggi più che mai non è né la ideologia del ‘no’ né la disinformazione delle destre. Ciò di cui ha bisogno l’Italia è arginare la povertà lavorativa che colpisce 3.5 milioni di lavoratori e lavoratrici. Garantire salari dignitosi e tutele a tutte le categorie, comprese quelle legate alle nuove professionalità e quelle da sempre più esposte alla povertà, al sommerso e alla illegalità – operai agricoli, golf e badanti, artisti, creativi, rider, stagisti etc etc – proteggere le imprese che competono lealmente. Infine, garantire ai lavoratori qualificati stipendi adeguati e in linea alla media europea. È perciò molto grave e da irresponsabili rifiutarsi di ragionare sul salario minimo con le opposizioni.

LE RAGIONI

Primo, il consenso sulla misura è sempre più trasversale come dimostrano gli ultimi sondaggi. Secondo, i margini per la nuova manovra economica sono sempre più stretti. Siamo a ottobre e mancano all’appello ancora 10 miliardi di euro per chiudere una legge di Bilancio che se da un lato, fortunatamente, non potrà accogliere le proposte elettorali dei partiti della maggioranza, dall’altro, non si capisce come potrà aiutare concretamente i lavoratori e le lavoratrici. Terzo, e non meno importante, al di là delle sperimentazioni del governo Meloni con il cosiddetto carrello tricolore, l’inflazione, sebbene in lieve diminuzione (5,4% su base annua) – meno però che nel resto dell’UE – morde ancora milioni di famiglie, ne erode i redditi e il potere d’acquisto. In modo particolare, rispetto all’acquisto di beni di largo consumo e di prima necessità.

Il costo per riempire carrello della spesa infatti è aumentato del 9,4 per cento su base annua.

Non regge nemmeno la narrazione dell’Italia “che cresce più degli altri paesi europei”. Alt!. Il terzo trimestre del 2023, infatti, ha già fatto registrare un significativo calo del Prodotto Interno Lordo, (PIL) che confermato da OCSE e Banca Centrale Europea, ha costretto il governo Meloni a correggere le previsioni di crescita anche per il 2024. Meno Pil significa meno ricchezza prodotta e meno risorse per le casse dello Stato. Risorse che difficilmente potremo recuperare a colpi di condoni e paci fiscali. Anche se la situazione economica internazionale e quella europea non è tra le più favorevoli, il governo Meloni deve smetterla di cercare alibi e capri espiatori. Ci sono infatti delle oggettive responsabilità dalle quali, a mio avviso, dipendono le sorti del nostro Paese da qui ai prossimi quattro anni. Sono convinta che rischiamo di perdere il ‘treno’ del PNRR e le risorse con cui spingere la ripresa e la crescita. Non c’è una visione di rilancio e di sviluppo del Paese post pandemia. In Europa ci giochiamo la credibilità e siamo sempre più isolati, dimostrandoci litigiosi con Germania e Francia e sorridenti e affabili con Ungheria e Polonia su diverse questioni di grande importanza, tra cui la gestione dei migranti.

PROPOSTE CONCRETE PER IL LAVORO E GIOVANI

Purtroppo, temo che il Premier Meloni e il suo governo faranno di tutto per mandare all’aria la nostra proposta sul salario minimo. Ma è nostro dovere non mollare e continuare a portare avanti la battaglia per l’attuazione della legge europea ‘salari minimi adeguati’. Manca un anno. Dopodiché l’Italia, se non avrà fatto passi avanti verso questa direzione, dovrà pagare una multa da migliaia di euro l’anno. Mentre i salari resteranno al palo! Per questo motivo, credo che la battaglia per la introduzione di un salario minimo legale, una soglia al di sotto della quale non è lavoro ma sfruttamento, e il rilancio della contrattazione collettiva e dei sindacati maggiormente rappresentativi devono rimanere le due principali priorità del Partito Democratico con un occhio proiettato alle Europee 2024. Da parte mia, continuerò a dare voce ai giovani perché anche gli stage siano retribuiti e cambino le regole che oggi, in base al Jobs Act, regolano l’ingresso dei nostri ragazzi e ragazze nel mercato del lavoro.

Abbiamo davanti l’opportunità storica di riformarlo. Di guidare un cambiamento notevole rispetto alle scelte del passato.

NUOVI DIRITTI PER IL LAVORO DIGITALE E GREEN

Garantire salari dignitosi ed equi è solo un tassello. Il Partito Democratico deve portare avanti e portare fino in fondo tutte quelle battaglie sociali oggi legate alla nascita di nuove professionalità. Tornare a difendere i diritti degli operai – tante, troppe, le vertenze e le crisi aziendali del nostro Paese – è fondamentale ma lo è altrettanto non farsi sfuggire di mano le rapide, inevitabili e necessarie ‘rivoluzioni’ del nostro tempo che incidono nel bene e nel male sul lavoro. Tra opportunità e sfide, quindi, il Partito Democratico dobbiamo farci portavoce della nascita di nuovi diritti. Per questo, in ogni intervento e in ogni incontro, insisto molto sulla transizione digitale, tra le sfide odierne più ambiziose. Gran parte delle nostre attività quotidiane è già condizionata dagli algoritmi. Opachi e pervasivi. Ragionare sui modi, i meccanismi, gli strumenti per governarli e orientarli, evitando il rischio di restarne sopraffatti è cruciale. Anche perché i lavoratori e le lavoratrici oggi stanno già tentando in diversi modi di fare sentire le esigenze e bisogni. Penso: al fenomeno delle grandi dimissioni. Al diritto alla disconnessione con il boom dello smart working totalmente deregolamentato. Al diritto di bilanciare i ritmi di lavoro e tempo libero. O ancora al diritto ad una alfabetizzazione digitale così da consentire a chiunque di accedere alle stesse opportunità, scongiurando la nascita di nuove e pesanti disuguaglianze sociali. Questo significa saper fare opposizione in modo costruttivo. In Italia, contro un governo conservatore e sovranista. E in Europa costruire una alternativa progressista, sociale, forte e convincente contro forze politiche che sanno dire solo ‘no’ senza offrire risposte concrete, soluzioni e una prospettiva di futuro migliore. Di benessere e sviluppo per tutti e tutte.