Successo o fallimento per il governo? La scommessa del PNRR

PNRR

Dal 25 al 28 settembre ho partecipato ai lavori del Gruppo Socialisti e Democratici a Madrid. Sono stati giorni interessanti, durante i quali non sono mancati spunti e riflessioni politiche importanti in vista delle elezioni Europee del 2024.

Ottenere la maggioranza dei seggi del Parlamento europeo, infatti, è fondamentale per sottrarre l’Unione europea dai nazionalismi e dai sovranismi delle destre estremiste, capaci di dire solo ‘no’ e invece incapaci di garantire la coesione europea e di fornire risposte e soluzioni ai problemi dei cittadini e delle cittadine.

Sono preoccupata per il mio Paese. Per come questo governo sta gestendo il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ‘treno’ che passa una sola volta e che stiamo seriamente rischiando di perdere per sempre.

 

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PNRR, LA SPAGNA E I PRIMI RISULTATI

A Madrid abbiamo avuto la fortuna di confrontarci sul PNRR con il vicepremier e ministro dell’Economia e delle Finanze del governo Sanchez, Nadia Calvino. Risultato? Ho lasciato Madrid alla volta di Bruxelles, con la certezza che il governo Meloni non è semplicemente all’altezza della sfida del PNRR.

Prima la richiesta di revisione del PNRR, approvato nel 2021 dal Consiglio dell’ECOFIN. Poi, la polemica contro il Commissario europeo Paolo Gentiloni accusato di non fare (abbastanza) per il proprio Paese.

In mezzo, la diatriba sulla ratifica del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), i balneari, i tassisti, la Banca Centrale europea e i tassi di interesse. E ancora, in ordine, i migranti, Macron, Le Pen, Scholz, il flop del memorandum con la Tunisia, la passerella a Lampedusa con la Presidente della Commissione europea von der Leyen, i complotti della sinistra…

Non solo. I ritardi e i rinvii della terza e della quarta rata, poi l’ok di Bruxelles a un piano con meno risorse e meno progetti là dove invece l’Italia avrebbe più bisogno tra rigenerazione urbana e prevenzione dal dissesto idrogeologico. Il caos.

L’attuazione del PNRR italiano non è più una questione tecnica ma oramai un tema politico da cui dipendono le sorti di questo governo.

Nelle sequela di notizie che riguardano tutto e il contrario, fuorché il PNRR, c’è un dato fondamentale. Gli altri paesi europei, ai quali sono stati destinate meno risorse dell’Italia, tra prestiti e sussidi, ma con la stessa scadenza al 2026, hanno già iniziato a spendere i fondi del Next Generation Eu. La Spagna è tra questi, con investimenti focalizzati sulla transizione ecologica, quella digitale e infine le politiche sociali.

Investimenti strategici – come racconta Calvino – che hanno permesso alla Spagna, uno dei paesi membri più colpiti dalla pandemia Covid 19 assieme al nostro, di riprendersi prima, meglio e rapidamente.

NEL DETTAGLIO

Nei mesi scorsi anche il governo di Pedro Sánchez ha presentato a Bruxelles una richiesta di modifica del “Plan de recuperación” (il Pnrr spagnolo) a cui ha aggiunto il capitolo RePowerEu, ovvero il piano europeo per far fronte alla crisi energetica e per rendersi indipendenti dalle forniture della Russia.

Con questa istanza, la Spagna ha deciso di mobilitare tutte le risorse assegnatele: quindi 84 miliardi di prestiti e 10,3 miliardi di trasferimenti dei fondi del Next Generation Eu e del RePowerEu. Per ottenere i soldi europei, Madrid ha dovuto aggiungere al suo piano 25 nuovi investimenti e altre 18 riforme, con l’obiettivo ad esempio di rafforzare il contesto imprenditoriale, attrarre lavoratori qualificati, migliorare la sostenibilità dell’agricoltura.

L’attuazione del piano sta già avendo un impatto positivo sull’economia e i dati lo confermano. L’Istituto nazionale di statistica spagnolo ha annunciato che il Pil del paese è cresciuto dello 0,5% nel secondo trimestre del 2023, leggermente più del previsto. Nel mese di giugno, inoltre, la Banca di Spagna ha alzato le stime di crescita economica per l’anno in corso al 2,3%, sottolineando che l’allentamento della pressione inflazionistica e l’intensificarsi del ritmo di esecuzione dei progetti legati ai fondi europei consentiranno l’espansione dell’attività economica per il resto dell’anno.

Non da ultimo, è da considerare il calo del tasso di disoccupazione che si attesa all’11,6%, il dato più basso dal 2008. Un effetto questo che si lega alla riforma del mercato del lavoro che ha incentivato i datori a proporre contratti a tempo indeterminato.

PER L’ITALIA ANCORA RITARDI

La situazione dell’Italia è molto diversa, costellata da polemiche, ritardi, scambi di accuse e crisi istituzionali. Come quella, ricorderete sicuramente, con la Corte dei conti sul controllo concomitante.

La Premier Meloni continua a ripetere che l’Italia “è il Paese che cresce di più in Europa”. Peccato sia falso. La Spagna ci ha già superati. Secondo le stime Eurostat, nel secondo trimestre 2023, il Pil italiano è in calo dello 0,3%, mentre quello spagnolo aumenterà dello 0,4%.

L’inflazione, per quanto leggermente in calo, continua a mordere più che in altri paesi europei. I salari invece continuano a rimanere al palo e la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, resta elevata, al 22%.

Sul fronte PNRR, le rassicurazioni del governo non convincono più. Continuiamo a sentir dire che si spenderanno bene tutte le risorse. E come? Io credo, invece, che tra ritardi e tagli il governo Meloni e le destre stanno bruciando opportunità di sviluppo per il nostro Paese. E a rimetterci saranno solo gli italiani e le italiane, i territori e le amministrazioni locali che facevano affidamento sulle risorse europee.

Se la Commissione europea accetterà integralmente la riscrittura italiana, gli obiettivi da raggiungere entro fine anno scenderanno a 69. In tutto, le proposte di modifica riguardano 46 tra milestone e target. In 13 casi Roma ha chiesto un rinvio, mentre per sei invoca la rimozione tout court. Si tratta di opere che interessano molto i  Comuni: biometano, interventi contro il dissesto idrogeologico, investimenti nell’eolico e digitalizzazione del traffico aereo.

 

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COSA RISCHIAMO SE FALLIAMO?

Eppure la Premier non si preoccupa minimamente delle ripercussioni negative di un fallimento nell’attuazione del PNRR. Forse né la Commissione europea né il Consiglio europeo attuali hanno intenzioni di mettere in difficoltà l’Italia, primo beneficiario del Next Generation Eu. Ma non possiamo confermarlo nel 2024, dopo le elezioni europee e quando alla scadenza mancheranno formalmente due anni.

Se l’Italia non riuscirà a incassare tutte le rate concordate per la realizzazione del Piano o nel peggiore dei casi, se non saremo in grado di realizzare come si deve i progetti, avremo due problemi enormi. Il primo: un bel buco di Bilancio; il governo Meloni dovrà colmarlo rivolgendosi ai mercati finanziari dove indebitarsi oggi è più costoso che mai?

Il secondo: corriamo il rischio di dovere restituire le risorse ricevute e spese male. Una tragedia per l’Italia con un debito pubblico di oltre duemila miliardi, alle prese con l’aumento della spesa per gli interessi, una crescita bassa o asfittica, salari fermi e una reputazione in bilico.

Direi che bruciata questa opportunità l’Italia si aggiudicherà in modo definitivo l’ultimo posto Europa nei prossimi anni.