Le proteste degli agricoltori, attenzione alle strumentalizzazioni

Le proteste degli agricoltori

Le proteste di migliaia di agricoltori che stanno scuotendo molti paesi europei sono fondate. Gli operatori del comparto agricolo e zootecnico infatti stanno affrontando difficoltà derivanti dalle crisi innescate, prima, dalla pandemia di Covid-19, poi, dallo scoppio dei due conflitti, ancora in corso: quello Ucraino e quello in Medio Oriente. Le tensioni politiche e militari si sono estese al canale di Suez, dove i ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, stanno generando enormi problemi al commercio mondiale e influenzando anche l’agricoltura italiana ed europea.

Perciò è naturale che preoccupano molto le manifestazioni che stanno attraversando Francia, Germania, Polonia, Romania, Ungheria, Spagna, Belgio, Olanda e Italia, perché anticipano le elezioni di giugno per il rinnovo del Parlamento europeo, e vengono strumentalizzate a scopi politici. Ci sono movimenti estremisti, anti-sistema e anti-europeisti che stanno approfittando dei problemi reali degli agricoltori, degli allevatori e delle piccole e medie imprese per entrare elettoralmente in campo. 

ESTREMA DESTRA E MOVIMENTI ANTI-EUROPEISTI SOFFIANO SUL FUOCO DELLE PROTESTE

Movimenti autorganizzati e partiti di matrice neofascista, neonazista e in generale populisti e perciò ostili all’Unione europea stanno soffiando sul fuoco delle proteste dei trattori – così ribattezzate – per raccogliere consenso, polarizzare il dibattito sulla sostenibilità ambientale in agricoltura, spingere il centro destra e i moderati a una rincorsa frenetica per il timore di perdere una fetta di elettorato, infine, dividere il mondo agricolo attaccando le principali associazioni di categoria che però sono anche interlocutori riconosciuti dalle Istituzioni europee. 

In Belgio, ad esempio, a pochi passi dal Parlamento europeo e da Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea, si sono verificati episodi di violenza inaccettabili, e a Viterbo un gruppo di manifestanti ha bruciato la bandiera della Coldiretti.  

Da anni mi occupo di agricoltura. Come Deputata della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale al Parlamento europeo – l’ho raccontato in diversi articoli di questa newsletter – posso assicurare che non è mai mancato, soprattutto da parte delle forze progressiste e riformiste, l’impegno nel migliorare le proposte della Commissione europea, che ha commesso degli errori politici e legislativi. Tuttavia, va evidenziato che le proteste sono nate in alcuni paesi europei a seguito delle decisioni adottate dai governi nazionali; diverse scelte minacciano seriamente la sopravvivenza di centinaia di migliaia di agricoltori e allevatori. 

Prendiamo il caso dell’Olanda: eclatante. Al fine di favorire lo sviluppo e la commercializzazione della carne di laboratorio, infatti, il governo olandese – poi dimessosi – ha imposto la riduzione del 30 per cento dei capi di bestiame, indennizzando gli allevatori con 1,6 miliardi di euro. Gli allevatori olandesi hanno ritenuto che da solo l’indennizzo non fosse sufficiente, soprattutto, dinanzi alla prospettiva di dovere ridurre la produzione di carne, e al tempo stesso, tentando di competere con la carne sintetica senza alternative adeguate a colmare la perdita di redditività.  

LE RESPONSABILITÀ DELLA COMMISSIONE EUROPEA

La Commissione europea, spesso, ha presentato riforme insostenibili, irrealizzabili e astratte per gli operatori del settore, soprattutto, per le piccole realtà produttive che sono quelle che hanno a cuore la cura del territorio e la qualità dei prodotti ma che soffrono di più il peso dell’inflazione, la perdita di redditività, ma anche gli squilibri emersi in questi anni lungo le filiere produttive e i problemi riguardanti la concorrenza dei paesi terzi sia sotto il profilo dei prezzi sia sotto il profilo del rispetto degli elevati standard ambientali, sociali e di salute e sicurezza ai quali ambisce l’Unione europea. 

LE PROPOSTE CONTESTATE

A parte il grossolano errore della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, quando nelle scorse settimane ha tentato di aprire un dialogo con i manifestanti estremisti e anti-europeisti – stesso errore che sta commettendo il governo italiano – posso affermare con certezza che le proposte della Commissione europea hanno attirato le antipatie degli agricoltori e degli allevatori perché distanti dai loro bisogni. Bruxelles ha presentato delle proposte distanti dalla realtà. Nell’ambito della revisione della Direttiva Emissioni Industriali (IED), ad esempio, la Commissione europea propose di equiparare le emissioni inquinanti prodotte da un allevamento di 150 bovini a quelle emesse da una fabbrica, proponendo di applicare gli stessi vincoli ambientali, di fatto, con conseguenze economiche e occupazionali disastrose. Lo racconto qui. 

O, ancora, nell’ambito della revisione della Direttiva Imballaggi, la Commissione europea propose dei vincoli che avrebbero distrutto il sistema del riciclo, e imposto quello del riuso, con il rischio di mandare in fumo miliardi di euro di investimenti nel recupero dei materiali e centinaia di migliaia di posti di lavoro nei paesi europei, specialmente in Italia. Lo spiego qui. 

Bruxelles poi propose la riduzione del 50 per cento dell’uso dei fertilizzanti e dei pesticidi entro il 2030, scatenando l’ira degli agricoltori perché non offriva alternative adeguate per impedire un crollo della produzione e dei loro redditi. In un messaggio alla Plenaria di questa settimana (5-8 febbraio, ndr) la presidente della Commissione europea ha preso atto dell’insostenibilità della proposta, annunciando il ritiro. Proposta che al di là delle rivendicazioni del governo Meloni – false! – il Parlamento europeo aveva già bocciato lo scorso novembre.

LE PROTESTE DEGLI AGRICOLTORI E GLI ERRORI EUROPEI

Contro l’inflazione, invece, la Commissione europea è stata del tutto assente. Primo: non ci sono state iniziative legislative per risolvere il problema della differenza di reddito tra gli operatori della filiera agroalimentare, nonostante gli agricoltori vendano i loro prodotti a circa un decimo del prezzo finale applicato ai consumatori. Secondo: mentre i prezzi delle materie prime diventavano sempre più insostenibili e i costi di produzione aumentavano tanto per gli agricoltori quanto per gli allevatori, erodendo miliardi di euro già stanziati nella Politica Agricola Comune 2023-2027, non sono state adottate politiche mirate a sostegno del comparto sempre più in sofferenza.

I TERRITORI ITALIANI

Le principali regioni italiane a vocazione agricola, Toscana, Marche, Umbria e Lazio sono in sofferenza. Pensate che, in Toscana oltre 20mila aziende hanno chiuso i battenti e 15mila ettari coltivati sono andati perduti. Nel Lazio, invece, in dieci anni si è registrato il calo più elevato a livello nazionale di imprese agricole attive (- 32%) su 66mila aziende censite. Nelle Marche, in tre anni sono andati perduti il 5,5% dei lavoratori agricoli e infine in Umbria, si sono persi circa 32mila ettari di terreno agricolo, (Rapporto RICA 2023 e 7° censimento ISTAT sull’agricoltura).

LA RIFORMA DELLA PAC

La riforma della PAC – come chiedono giustamente le principali associazioni di categoria – dovrebbe essere la priorità dei prossimi cinque anni per superare la base settennale e rinegoziare le risorse necessarie. Non solo, per colmare le perdite causate dalle crisi, ma anche, per sostenere gli agricoltori e gli allevatori nelle difficoltà che devono affrontare sul mercato e permettergli di essere cento per cento i protagonisti della transizione ecologica.

Sono convinta, infatti, che la crisi climatica stia già causando effetti irreversibili ai territori e che le azioni di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico devono continuare, attraverso un dialogo aperto e strutturato sul futuro dell’agricoltura europea.

Non si cada perciò nel tranello della estrema destra e dei movimenti anti-europeisti che per raggiungere altri scopi negano il cambiamento climatico. Negano l’Unione europea e i passi in avanti compiuti dal varo della PAC nel 1962 – teniamo presente che il comparto agricolo è quello che riceve ogni anno il maggior numero di risorse pubbliche -, creano fratture nel mondo agricolo e soprattutto sanno dire solo ‘no’, e non sono in grado di offrire alternative credibili e adeguate ai problemi e ai bisogni reali degli agricoltori e degli allevatori europei.

Le destre estremiste e conservatrici che oggi rivendicano un ruolo chiave nella difesa del settore agricolo stanno mentendo. Ricordo quando in Aula, durante un confronto diretto con il Commissario europeo all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, polacco e conservatore, chiesi di intervenire per rispondere alle perdite economiche della PAC a causa dell’inflazione. Il mio intervento qui. 

LE PROTESTE DEGLI AGRICOLTORI, NO ALLE STRUMENTALIZZAZIONI

No alle strumentalizzazioni. No alla polarizzazione del dibattito, deriva di cui anche la presidente della Commissione von der Leyen si era accorta mesi fa durante il discorso sullo Stato dell’Unione. Occorre invece un enorme sforzo riformatore da parte dell’Unione europea per elaborare una strategia lungimirante, con la quale, coniugando le esigenze reali degli agricoltori e degli allevatori con le migliori pratiche ambientali acceleri sulla innovazione tecnologica, e nello sviluppo dell’agricoltura 4.0 che non è fantascienza, ma al contrario, in diversi paesi, una realtà. 

L’AGRICOLTURA DI PRECISIONE

L’agricoltura di precisione, lo testimonia anche il mio viaggio a Tel Aviv della scorsa estate per studiare il modello agricolo, deve essere uno dei pilastri dell’agricoltura europea nei prossimi cinque anni, e dovrà basarsi su una stretta collaborazione tra pubblico e privato. Gli obiettivi dovranno essere: accelerare sulla ricerca e lo sviluppo, valorizzare le filiere corte, respingere accordi commerciali con i paesi terzi svantaggiosi e pericolosi perché non applicano il principio di reciprocità, puntando invece sempre su elevati standard ambientali, sociali e di salute e sicurezza.

Per questo, ad esempio, al Parlamento europeo ho sostenuto le tecniche di evoluzione assistita – qui racconto cosa sono – che non sono nuovi OGM e su cui c’è tanta disinformazione. Le TEA consentono di affrontare le conseguenze del cambiamento climatico, ogni anno, all’origine di una sensibile riduzione della capacità produttiva del settore agricolo europeo e italiano. O, ancora, ho proposto la elaborazione di una strategia europea sulla gestione dell’acqua e la prevenzione del dissesto idrogeologico. 

Nonostante questi giorni confusi, in cui torti e ragioni delle proteste si confondono, sono convinta che il settore agricolo europeo sia cosciente che gli eventi climatici estremi feriscono i territori, hanno un impatto sulla produzione e i loro redditi, e sul loro futuro. Perciò ribadisco: sarebbe drammatico cadere nel tranello di chi sta tentando di strumentalizzare e soffiare sul fuoco delle proteste, di chi non ha argomentazioni solide per rispondere alla complessità e non agire prima che sia troppo tardi per tutti: mondo agricolo e la credibilità delle Istituzioni europee.