Violenza sulle donne: no al consenso. Delusione, direttiva debole

violenza sulle donne

La Direttiva europea sulla violenza contro le donne è la prima legge dell’Unione che, grazie al lavoro dei progressisti e dei riformisti al Parlamento europeo, puntava originariamente all’introduzione del principio del consenso, con lo scopo di rafforzare la posizione delle donne in caso di violenza fisica e sessuale. Purtroppo, l’articolo 5 è stato bocciato da metà dei paesi europei.

Lo stralcio del principio del consenso ha annacquato la Direttiva e ha cancellato ogni possibilità di garantire alle donne tutele certe e stringenti contro lo stupro, fenomeno odioso e diffuso in tutta Europa e al pari del femminicidio non è ancora adeguatamente censito.

Le trattative sul testo, cosiddetto Trilogo, tra il Parlamento, la Commissione e il Consiglio non sono andate come auspicavo specialmente all’indomani dell’appello di migliaia di associazioni della società civile che si occupano, ogni giorno e da anni, di tutelare e di proteggere le donne che hanno subìto violenza fisica o sessuale nei territori.  

DALLA CONVENZIONE DI ISTANBUL ALLA DIRETTIVA EUROPEA

La proposta di Direttiva, presentata dalla Commissione europea l’8 marzo 2022, precede la ratifica della Convenzione d’Istanbul da parte dell’Unione europea dopo il via libera della maggioranza in Parlamento europeo nel 2023, quando le forze politiche di estrema destra e conservatrici – tra cui anche Fratelli d’Italia e Lega – si sono astenute, di fatto, lanciando un segnale di contrarietà all’applicazione delle norme internazionali.

La proposta di legge europea nasce con lo scopo di dare piena attuazione ai principi generali del Trattato siglato a Istanbul, approvato il 7 aprile 2011 ed entrato in vigore ad agosto 2014. La Convenzione d’Istanbul, infatti, è il primo strumento, che a livello mondiale, introduce regole chiare con l’obiettivo di:

Proteggere [le donne] contro ogni forma di violenza.

Molestie sessuali, stalking, matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili.

VIOLENZA SULLE DONNE: UN NO È UN NO!

Ho accolto subito positivamente la proposta di Direttiva, e ho sostenuto il grande lavoro legislativo al Parlamento europeo per rafforzare il testo e renderlo un tassello fondamentale e irrinunciabile nel percorso di affermazione dei diritti delle donne a tutti i livelli, come prevede la Convenzione d’Istanbul.

Credo fosse una Direttiva a tutto tondo e notevolmente progressista. Al fianco delle associazioni e dei movimenti per i diritti delle donne e i principali sindacati confederali, ho condannato in modo netto e duro il no dei paesi europei, Polonia e Ungheria in testa, al testo originario della legge europea che stabiliva all’articolo 5 che il sesso senza consenso è stupro.

IL PRINCIPIO DEL CONSENSO

Il principio del consenso è cruciale nella definizione del reato di stupro, e nell’individuazione dei casi di violenza fisica e sessuale. Oggi sono ancora pochi i paesi europei che prevedono l’elemento soggettivo del consenso, tra questi la Spagna. Nel 2022, il governo a guida socialista propose e adottò la legge di Garanzia integrale della libertà sessuale rafforzando così la posizione della donna, specialmente nelle sedi legali.

Le leggi sulla violenza sessuale infatti possono basarsi generalmente su due criteri.

  • Il primo è quello dell’uso della forza. In Italia, ad esempio, durante il processo, la vittima deve dimostrare di essere stata costretta a un atto sessuale “con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità”. Il problema è che spesso i Tribunali non riconoscono le forme di violenza in cui invece ci sono minacce esplicite, quali gli stupri coniugali, e che favoriscono l’odioso fenomeno della vittimizzazione secondaria che si traduce in un calvario per la donna abusata. I giudici devono valutare tutte le reazioni della persona che denuncia di avere subito lo stupro prima di emettere la sentenza.
  • Il secondo è quello del consenso – che manca nella formulazione dell’articolo 609bis del codice di procedura penale italiano – ma che come accade in Spagna oggi permette di neutralizzare tutti gli ostacoli legali, culturali e psicologici per la vittima, allargando i casi di violenza sessuali anche a quegli atti che erroneamente non sono stati giudicati come tali, arrecando un danno enorme e irreparabile alle donne violate.

IL DIBATTITO AL PARLAMENTO EUROPEO SULLA VIOLENZA SULLE DONNE

Da quando a Bruxelles abbiamo iniziato la discussione sul testo della Direttiva, ho sostenuto subito l’affermazione del principio: “Un no, è un no”. Senza consenso, è stupro. Reato.

Ma è stato gravissimo che alla fine abbia prevalso una linea conservatrice, che sono convinta rischia di minare tutto il percorso intrapreso dall’Unione europea per combattere la violenza fisica e sessuale ai danni delle donne e garantirle, puntando anche sulla prevenzione.

Sono anni che mi batto al Parlamento europeo affinché le donne possano raggiungere la piena emancipazione economica, occupazionale e sociale, conditio sine qua non per prevenire ogni forma di violenza.

NO A RICATTI “CONSERVATORI”

Alla fine 13 paesi europei su 27 hanno detto no. La presidenza belga dell’Unione europea ha modificato ulteriormente il testo in diversi punti, anche, eliminando la definizione di “molestie sessuali nel mondo del lavoro” (articolo 4).

Un ulteriore schiaffo alle donne che in Italia e in Europa subiscono violenza fisica o sessuale. Pensate che a oggi non ci sono statistiche affidabili nemmeno sui casi di stupro e molestie negli ambienti di lavoro oltre che sui casi di femminicidio. In Italia, secondo l’Istat, oltre un milione di donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni ha subìto almeno una volta nella vita violenza sessuale grave: stupro o tentato stupro. Complessivamente, invece, sono oltre sei milioni le donne che sempre tra i 16 e i 70 anni hanno subìto almeno una volta nella loro vita una violenza fisica o sessuale, che comprende quindi anche le molestie o lo stalking.

La Direttiva europea avrebbe acceso un faro sulla riforma dell’articolo 609bis (a 609undecies) del codice di procedura penale italiano – riforma, che volendo, il governo Meloni può comunque portare avanti – e armonizzato, attraverso la definizione dello stupro basato sull’elemento del consenso quale reato europeo, le legislazioni dei 27 Stati membri, soprattutto, in quei paesi europei dove è noto che le condizioni delle donne sono a rischio per le violazioni sistematiche dello Stato di diritto.

IL VOTO DEFINITIVO ALLA PROSSIMA PLENARIA DEL PARLAMENTO EUROPEO

Il testo dovrà essere approvato dalla Plenaria del Parlamento europeo. La Direttiva ora è debole e sarà difficile confermare il sostegno.

Sicuramente, farà la differenza la prossima legislatura europea perché questa battaglia non si deve chiudere qui, per noi del Partito Democratico e del gruppo dei Socialisti e Democratici in Europa.

Se oggi le donne italiane ed europee non potranno godere di tutele certe è per mano anche dell’ambiguità culturale di certe forze politiche, di certo, non di quelle progressiste.