Basta morire di lavoro: tutte le lezioni da imparare dalla tragedia di Firenze

morti sul lavoro

Una tragedia. L’ennesima tragedia sul lavoro che in poche ore ha spezzato la vita a più di un operaio. Dopo la strage di Brandizzo, in provincia di Torino, avvenuta la notte tra il 30 e il 31 agosto dell’anno scorso (2023, ndr), questa volta è toccato alla provincia di Firenze dove sono morti cinque lavoratori – quattro di origini straniere – in un cantiere edile allestito per la realizzazione di un nuovo supermercato della nota catena di grande distribuzione Esselunga. 

Il 16 febbraio scorso, l’Italia ha toccato nuovamente il fondo sul fronte della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il crollo improvviso di una trave di cemento armato, s’ipotizza per un “dente” difettoso, scuote, rattrista e preoccupa, perché è la prova lampante che l’Italia è lontana dal garantire il diritto sacrosanto e fondamentale di fare ritorno a casa: di non morire di lavoro. 

Mentre le indagini proseguono per accertare che cosa sia successo la mattina del 16 febbraio, c’è una sola certezza: la lista dei lavoratori e delle lavoratrici che non potranno più riabbracciare madri, padri, sorelle, fratelli, mogli, mariti, figli, amici e amiche si allunga anno dopo anno. Una lista interminabile che rappresenta senza mezzi termini una vergogna per l’Italia. 

ELEMENTI ALLARMANTI

Il 2023 è stato un altro anno nero per numero di morti sul lavoro. Sono stati 968 i lavoratori rimasti uccisi in incidenti mortali per 334 giorni feriali, fino al 30 novembre 2023, perché non si conoscono ancora i dati di dicembre 2023. 

Ogni giorno, dunque, che finiscano o meno nelle pagine di cronaca dei giornali, è uno stillicidio di vittime, con almeno tre persone che non rientreranno mai più a casa a causa del loro lavoro.

Questa ennesima tragedia si poteva evitare? Sì. I primi elementi raccolti dagli inquirenti e le denunce dei sindacati locali smentiscono subito l’idea di una fatalità. La fatalità è sempre da escludere, quando si verificano incidenti gravi e mortali negli ambienti di lavoro, soprattutto, di tali proporzioni con più vittime in un giorno. 

MORTI SULA LAVORO, INTERPOSIZIONE DI MANODOPERA A BASSO COSTO

Primo: quattro degli operai che hanno perso la vita schiacciati dalla trave collassata erano di origini straniere, alcuni irregolari, altri con il permesso di soggiorno scaduto o in scadenza. 

Secondo: i lavoratori del cantiere erano stati assunti tramite la pratica legale della interposizione di manodopera. Ci sono imprese infatti regolarmente registrate, anche con prestanomi, che forniscono manodopera logicamente a basso costo ad altre aziende, nella maggior parte dei casi, alle piccole realtà che operano nel settore dell’edilizia. Esse rappresentano la stragrande maggioranza delle imprese edili attive (registro Istat Asia). L’interposizione di manodopera, da anni, rappresenta un pericolo per la qualità del lavoro nei cantieri italiani, perché sono i canali privilegiati della manodopera clandestina. Nei casi più gravi si verificano anche scambi di persone.  

SOS: CCNL NON RISPETTATI

Terzo: le decine e decine di imprese appaltate per la realizzazione del nuovo supermercato Esselunga denota la eccessiva e dannosa frammentazione del lavoro edile tramite i subappalti cosiddetti a cascata, quelli che, peraltro, con la riforma del Codice degli Appalti, voluta fortemente dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, vengono agevolati, nonostante il gioco di scatole cinesi che parte con General Contractor o grandi stazioni appaltanti che danno il via a una catena di subappalti in cui si annida facilmente la illegalità. Tale catena è guidata poi dalla logica del massimo ribasso. Massimo ribasso che parte dal taglio del costo della manodopera e si riflette anche sulla qualità dei materiali utilizzati. 

Quarto: l’aspetto più grave è che per risparmiare sulla manodopera da cui dipende la qualità dell’opera, è emerso che gli operai morti nel crollo e quelli rimasti feriti erano stati inquadrati in un contratto collettivo nazionale di lavoro sbagliato. Di nuovo: non una fatalità né una distrazione. Ma il tassello di un disegno più ampio, fatto di illegalità e violazione dei diritti basilari del lavoro. Gli operai del cantiere Esselunga infatti avrebbero dovuto essere inquadrati tutti nel CCNL delle costruzioni e invece era stato applicato quello dei metalmeccanici con paghe orarie più basse ma soprattutto minori standard di sicurezza, prevenzione e formazione che la normativa vigente prevede nel caso dei cantieri. 

DATI ALLARMANTI

Non deve sorprendere che l’Inail registri l’81 per cento degli infortuni gravi e mortali nei cantieri di edilizia privata che, insieme all’agricoltura, è tra i settori più a rischio.

Le denunce di infortuni nelle costruzioni sono in costante aumento: 32.700 nel 2020; 39mila nel 2021; 40.135 nel 2022. E le stime per il 2023, non essendoci ancora dati consolidati disponibili, parlano di un aumento del 4 per cento rispetto all’anno precedente.

Non solo. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili relativi al 2020, nell’Unione Europea sono avvenuti 2.735.566 infortuni, 3.355 dei quali sono costati la vita ad altrettante persone. In termini assoluti, l’Italia è la quarta in classifica per infortuni non mortali, ma è la prima per quelli mortali, con 776 decessi.

MORTI SUL LAVORO, SUBAPPALTI A CASCATA E MASSIMO RIBASSO

Si stima che il 70 per cento degli infortuni nei cantieri avvenga in condizioni di subappalto. Sappiamo tutti come funziona: l’azienda che ha ottenuto la commessa, delega parti dell’opera ad altre ditte che spesso, ma non è detto, con propri mezzi e maestranze realizzano il lavoro, potendo a loro volta subappaltare ad altre imprese.

Poiché tutte le parti coinvolte devono in qualche modo trarre profitto, accade che per riuscirci giochino al risparmio sulla qualità dei materiali, ricorrano al lavoro nero, e irregolare e non rispettino neppure le più basilari norme di sicurezza nei cantieri. Nulla, invece, sul fronte della formazione dei lavoratori e quindi sulla prevenzione. 

Come ho denunciato anche al Parlamento europeo e in visita nei territori, nei subappalti a cascata, nella logica del massimo ribasso, nei contratti collettivi nazionali di lavoro disattesi, nei pochi investimenti sulla sicurezza e salute si annidano concorrenza sleale, dumping sociale e salariale e criminalità: fenomeni odiosi pagati a caro prezzo dai lavoratori e dalle lavoratrici. 

BOCCIATO IL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI

Per questo motivo, il mio giudizio sul nuovo Codice degli appalti non è positivo. Non è certo attraverso un’eccessiva deregolamentazione che si agevola il lavoro di qualità e lo sviluppo dei territori, o finanche, la messa a terra del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 

Le mie proposte, per tutelare il lavoro di qualità e la salute e sicurezza negli ambienti di lavoro, anche alla luce del mio impegno nel migliorare la Strategia europea post 2020, sono nette e puntano a un deciso cambio di passo. 

APPALTI PUBBLICI E PRIVATI: STESSE REGOLE PER UNA MAGGIORE TUTELA DEI LAVORATORI

Non solo, perché mi sono occupata anche di appalti pubblici al Parlamento europeo. È in corso infatti la revisione della direttiva europea sugli appalti pubblici, che assieme ai sindacati europei, ho chiesto vada nella direzione di garantire massima trasparenza sui lavori pubblici e sulle condizioni di lavoro e salariali che negli ultimi anni sono andate via via peggiorando a causa dei subappalti a cascata e delle aste al ribasso.

  • Basta appalti affidati alle imprese che presentano offerte al ribasso sulla pelle dei lavoratori.
  • Basta con infinite catene di subappalti dietro cui non solo si nascondono condizioni di lavoro precarie, irregolari e paghe da fame e indecenti, ma anche, la corruzione e la concussione.
  • Sì invece a regole stringenti contro la concorrenza sleale, il dumping e le offerte al ribasso.
  • Sì al rispetto di un principio cardine, quello della condizionalità sociale, che in caso di appalto garantisce i diritti e le tutele dei lavoratori. Per questo occorrono maggiori controlli e investimenti specifici.

Sono convinta che le garanzie che chiediamo oggi per gli appalti pubblici devono valere anche per quelli privati. Solo così potremo fare un passo avanti a beneficio di tutti i lavoratori, aspirare all’ambizioso obiettivo europeo della zero tolleranza delle morti sul lavoro e finalmente spezzare questa triste e vergognosa spirale di morti ingiuste.