Salario minimo ed equo, ancora tante le fake news

salario minimo

Il 13 settembre scorso si è svolta l’ultima discussione sulla legge europea salario minimo: una direttiva che contraddistingue l’Unione europea con una dimensione sociale più forte e più vicina ai cittadini e cittadine. Per l’Italia questa legge europea è ancora più importante e cruciale.

Perché la direttiva è necessaria

Non dimentichiamo che tra i Paesi europei, il nostro, è l’unico dove, negli ultimi 30 anni, i salari sono diminuiti. Lo ha evidenziato l’Ocse che, già nel 2020, ha confermato un calo del 3% nelle buste paga degli italiani, mentre le retribuzioni nel resto d’Europa segnavano un aumento percentuale a doppia cifra. Ma non solo. I dati statistici ci dicono da tempo che nel nostro Paese ci sono circa 3 milioni di lavoratori poveri, cresciuti di un terzo solo negli ultimi 15 anni.

Nonostante i dati, c’è ancora una parte di politica che si ostina a dipingere il salario minimo ed equo come una misura non necessaria per il nostro Paese e a considerarla addirittura un rischio per le nostre imprese.

A mio avviso, tutto ciò dipende da una scarsa conoscenza di quanto è realmente scritto nel testo della direttiva europea. In più di un’occasione mi sono trovata a dover fare chiarezza su cosa è previsto dalla legge europea e a smontare tante fake news.

La direttiva salario minimo è vincolante

Già a giugno scorso, nei giorni seguenti all’approvazione della legge europea, diversi esponenti politici ma anche giornalisti hanno spiegato erroneamente ai cittadini e alle cittadine italiane che la direttiva europea non obbliga o vincola i paesi membri ad applicarla.

In realtà, i Trattati europei forniscono una definizione molto chiara di questo provvedimento. L’articolo 139 del TFU sancisce che le direttive sono vincolanti per quanto attiene il risultato. Nel caso della direttiva salario minimo, uno dei primi obiettivi da raggiungere è la lotta alla povertà lavorativa. Poi, la garanzia della concorrenza leale nel mercato interno contro il dumping salariale e sociale che alimenta delocalizzazioni di tipo predatorio.

La direttiva europea lascia un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri solo sulla scelta dei mezzi e delle forme per raggiungere il risultato stabilito. I Trattati sono molto chiari sui tempi. Le leggi europee devono essere attuate entro due anni dall’entrata in vigore con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Nel caso in cui lo Stato non recepisca la direttiva europea entro il termine o non la recepisca affatto si apre la procedura d’infrazione.

Il salario minimo esiste già in Italia. Falso

Paghe da due o tre euro l’ora denotano una abbassamento inaccettabile al di sotto della soglia di dignità per i lavoratori. Retribuzioni di questo tipo fanno emergere un problema concreto che va affrontato con urgenza, ovvero la lotta ai contratti pirata e il riordino dei contratti scaduti che hanno spinto verso il basso i salari in tanti settori produttivi.

Per mettere ordine nella giungla che si è creata nel corso degli anni, è fondamentale restituire valore alla contrattazione collettiva. L’ultimo monitoraggio del CNEL ha dimostrato che al 3 febbraio 2022 solo gli accordi scaduti erano 516, pari al 62% del totale degli accordi depositati: coinvolti circa otto milioni di lavoratori. Questa percentuale è sicuramente più alta, perché il monitoraggio non considera i contratti del settore agricolo e quelli del lavoro domestico. C’è poi il problema che tante categorie di lavoratori oggi non sono proprio coperte dalla contrattazione collettiva. Dire, dunque, che in Italia il 97% dei rapporti di lavoro sono coperti dalla contrattazione collettiva è falso. La legge europea parla di contrattazione collettiva “genuina”.

Salario minimo, il rischio chiusura per le aziende. Falso

Dire inoltre agli italiani che per alzare i salari basta tagliare i costi sul lavoro è poco onesto. Il problema dei salari bassi, infatti, non è solo un problema di costi e di tassazione. Questa logica è dannosa sia per i lavoratori sia per le imprese in quanto alimenta la concorrenza sleale.

Alzare i salari dove sono inaccettabili e adeguarli nei settori dove sono ancora ben al di sotto della media europea è una misura di giustizia sociale e la strada giusta per combattere concorrenza sleale, dumping sociale e salariale e quindi delocalizzazioni di tipo predatorio nel mercato interno europeo.

Inoltre, chi sostiene che il salario minimo abbasserà̀ le retribuzioni più alte, sbaglia. Sbaglia perché la direttiva specifica che le aziende o i datori di lavoro non possono penalizzare i lavoratori. Se, dunque, un operaio specializzato percepisce già 12 euro lordi l’ora in busta paga, il rispetto del salario minimo, in base alle linee guida della direttiva europea, non potrà mai penalizzare il suo salario orario. L’obiettivo della legge europea infatti è spostare verso l’alto quei salari da fame che abbassano la media delle retribuzioni italiane.

Salario minimo, non sarà uguale in tutti i paesi UE

L’altro fondamentale obiettivo di questa legge europea è fissare una soglia di dignità. Al di sotto della quale nessun datore di lavoro può scendere. Gli Stati membri hanno l’obbligo di definire un paniere di beni e di servizi a prezzi reali da agganciare ai soli salari minimi. Non un salario minimo uguale per tutti i paesi, dunque, ma commisurato al costo della vita misurato a livello nazionale, al fine di permettergli di arrivare alla fine del mese.

Questo è un aspetto fondamentale anche per il nostro Paese, dove in questi mesi il peso dell’inflazione si sta facendo particolarmente sentire nella vita quotidiana dei cittadini. Parlare con serietà di lavoro e salari significa adottare il prima possibile misure strutturali che permettano alle retribuzioni di tornare a crescere. L’introduzione del salario minimo ed equo è una di queste.

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto. Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.