Salute mentale sul lavoro, l’Europa riconosca la malattia professionale

giovani e agricoltura

Il 10 ottobre scorso si è celebrata la Giornata mondiale della salute mentale il cui obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza sui problemi legati al benessere psichico delle persone, e in modo particolare, delle lavoratrici e dei lavoratori in tutto il mondo e aumentare gli sforzi a sostegno delle donne, degli uomini e oggi soprattutto dei giovani, che soffrono di disturbi psichici legati all’utilizzo deregolamentato degli algoritmi e della tecnologia.

Negli stessi giorni, al Parlamento europeo, sono intervenuta sul tema nel corso di una interrogazione orale alla Commissione Ue, mettendo in evidenza la necessità e l’urgenza di agire per tutelare la salute mentale di milioni di lavoratori e lavoratrici in Europa minacciata dai repentini cambiamenti che stanno interessando il mercato del lavoro.

SALUTE MENTALE, DATI ALLARMANTI

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) evidenzia che la pandemia da Covid-19 ha creato una crisi globale per la salute mentale, alimentando stress a breve e lungo termine e minando la salute mentale di milioni di persone.

Non c’è dubbio, infatti, che gli ultimi tre anni abbiano contribuito alla creazione di un’atmosfera di instabilità e di incertezza senza precedenti, segnando profondamente lo stato della salute mentale della popolazione in Italia e in Europa.

A soffrire di più sono stati i nostri bambini e i nostri ragazzi, privati così a lungo del fondamentale ruolo della socialità. Secondo un recente studio, almeno il 50% dei disturbi di salute mentale esordisce prima dei 15 anni e l’80% di questi ultimi si manifesta prima dei 18 anni, in alcuni casi diventando un problema permanente per tutta la vita di una persona.

I problemi di salute mentale colpiscono in maniera decisa anche il 20% della popolazione in età lavorativa europea, al punto da incidere fortemente sul tasso di occupazione che, per le persone affette da disturbi mentali gravi, è inferiore di circa il 20-30% rispetto a quelle che non ne soffrono, con ripercussioni anche sulle retribuzioni medie.

I danni provocati dalla mancata tutela della salute mentale si ripercuotono anche a livello macroeconomico. Si calcola infatti che la depressione, collegata al lavoro, ha un costo stimato di 620 miliardi di euro, con una perdita di produzione economica di 240 miliardi. Cifre enormi.

DIGITALIZZAZIONE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE TRA LE PRINCIPALI CAUSE

Alcuni mesi fa, ricorderete, ho sottolineato la necessità di mettere a punto una normativa che equipari finalmente la salute e la sicurezza psichica dei lavoratori e delle lavoratrici con quella fisica.

Sono dell’avviso, infatti, che occorra un nuovo e specifico paradigma per comprendere tutta la complessità del mondo del lavoro di oggi, nel quale la salute mentale rappresenta un elemento essenziale. Con la transizione digitale in atto è cruciale aggiornare e rafforzare gli strumenti normativi attuali che da soli non sono più sufficienti a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Ansia, depressione, burn out, molestie, mobbing, stress sono in costante e preoccupante crescita.

L’uso pervasivo dell’Intelligenza artificiale e degli algoritmi, nuovi datori di lavoro che in modo opaco e arbitrario stabiliscono ogni aspetto dell’attività lavorativa, sono una delle cause della diffusione delle patologie mentali legate al lavoro. Allo stesso modo, la digitalizzazione e la maggiore diffusione dello smart working hanno abbattuto i confini dello spazio e del tempo dedicato al lavoro. In molti non hanno più un orario di lavoro fisso e ben definito, così come in molti casi non c’è un luogo preciso da cui svolgere le proprie mansioni. Si finisce così con lo sviluppare nuove forme di dipendenza, come quella dell’Always on ovvero l’essere sempre connessi e disponibili.

SUBITO UN QUADRO NORMATIVO EUROPEO

Da un lato, quindi, ritengo essenziale una legislazione europea sulla salute mentale sul lavoro che riconosca le patologie come vere e proprie malattie professionali. Contemporaneamente, non è più possibile rinviare una legislazione sul diritto alla disconnessione che più volte abbiamo chiesto come Parlamento europeo alla Commissione europea.

L’obiettivo deve essere quello di tutelare i lavoratori a 360° anche e soprattutto in questa fase di grande evoluzione digitale. Sono convinta che la tecnologia rappresenti una risorsa fondamentale per lo sviluppo futuro della nostra società. Ma non ci può essere progresso sociale se l’utilizzo non verrà orientato in chiave antropocentrica e se la persona non verrà messa nelle condizioni di vivere in salute.

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