Stadio Franchi, la Commissione Ue: “Ha deciso il governo italiano”

Stadio Franchi

Lo ha deciso il Governo italiano”. È questa la sintesi della risposta fornita dalla Commissione europea, dopo tre mesi di silenzio. Il sei aprile scorso ho presentato una interrogazione parlamentare prioritaria con risposta scritta chiedendo tutta una serie di chiarimenti sulla bocciatura improvvisa del progetto di riqualificazione dello storico stadio Artemio Franchi di Firenze.

Come prima firmataria della interrogazione parlamentare mi sono confrontata subito con Palazzo Vecchio per capire perplessità e dubbi sullo stop di Bruxelles a un progetto su cui mai prima erano state sollevate osservazioni approvato due anni fa nel quadro dei Piani Urbani Integrati del Piano nazionale di ripresa e di resilienza.

Non solo la Commissione europea non ha di fatto mai risposto alla interrogazione parlamentare da me presentata, avrebbe dovuto farlo entro 21 giorni dalla ricezione della stessa, ma anche dopo essere stata incalzata con una lettera indirizzata alla Presidente Ursula von der Leyen ci siamo resi conto che Bruxelles non aveva nessuna intenzione di darci i chiarimenti tecnici alla base della bocciatura. Per questo, già prima di ricevere poche righe dal vicepresidente esecutivo Dombrovskis ho denunciato la natura politica della decisione adottata da Palazzo Berlaymont.

ZONE D’OMBRA E VERGOGNOSI RIMPALLI

Mi sono occupata da vicino di questa vicenda perché ritengo rischioso e poco trasparente l’atteggiamento della Commissione europea ma anche quella del governo Meloni. Il confronto con il Comune di Firenze è stato costante. Entrambi volevamo capire le ragioni che hanno spinto Bruxelles a negare i fondi PNRR pari a 55 milioni di euro, liberati con decreto dal governo Draghi nel 2022, dopo il via del Consiglio europeo dei 27 ministri dell’Economia e delle Finanze nel luglio del 2021.  Ragioni tecniche che, come anticipavo sopra, non sono mai arrivate.

Perché? Una domanda che resta ancora senza risposta.

Nei mesi successivi alla bocciatura del progetto di riqualificazione dello storico stadio Artemio Franchi, mentre tentavamo di capirne i motivi tecnici interrogando la Commissione europea, il Comune che per indire il bando di gara ha impegnato ben 10 milioni di euro ha deciso di presentare ricorso al TAR del Lazio. Tale ricorso consente alla parte interessata di potere richiedere l’accesso agli atti e/o ai documenti relativi alla bocciatura.

Il Comune di Firenze non c’è riuscito, denunciando di avere ricevuto due dinieghi. Da una parte Bruxelles ha spiegato a Palazzo Vecchio che, “non siamo ancora stati in grado di raccogliere tutti gli elementi necessari per effettuare una analisi completa”. Dall’altra, invece, il ministero dell’Economia ha addotto oscure ragioni di “relazioni internazionali e di politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato”, che non gli consentivano di concedere l’accesso agli atti.

UN PRECENDETE PERICOLOSO

Al di là delle vicende processuali e del diritto sacrosanto del Comune di Firenze di andare avanti e tentare di realizzare il progetto di riqualificazione dello stadio Artemio Franchi che avrebbe apportato anche tutta una serie di benefici alla area in cui si trova, nota come Campo di Marte e censita dall’Istat come “zona urbana degradata”, i miei timori riguardano il metodo con cui la Commissione europea, responsabile dell’erogazione dei fondi PNRR, gestisce i Piani degli Stati membri.

Sono convinta infatti che la vicenda dello stadio Artemio Franchi possa costituire un pericoloso precedente che legittima Palazzo Berlaymont a mettere in discussione in modo del tutto arbitrario e quindi politico l’accesso alle risorse PNRR, finanche quando le amministrazioni locali hanno assunto importanti impegni finanziari per realizzare un progetto approvato anni prima.

Non solo. Gestire la vicenda in modo così poco trasparente è inaccettabile. È ingiusto, come dicevo, per il Comune di Firenze ma anche per i cittadini e le cittadine che meritano di sapere perché il progetto non vedrà la luce. Almeno per il momento.

Tanti ancora i punti interrogativi su una vicenda che non escludo nasconda una partita ancora aperta tra Bruxelles e Palazzo Chigi sulla terza e la quarta rata rispettivamente da 19 miliardi di euro e da 16 miliardi di euro, che l’Italia non ha ancora ottenuto.

Ad aggiungere ulteriore incertezza c’è anche il metodo con cui il governo Meloni sta gestendo la rimodulazione del PNRR. Così la messa a terra del Piano è a serio rischio, perché gli enti potrebbero essersi impegnati su determinati progetti per trovarsi poi costretti a gestire dei veri e propri “colpi di scena” dagli esiti imprevedibili.