Ucraina, Sos ‘war fatigue’, ma sostegno a Kiev imprescindibile

Ucraina

Oltre 700 giorni di guerra ininterrotta non lasciano intravedere uno spiraglio di dialogo tra Kiev e Mosca. Nel frattempo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, continua a chiedere all’Unione europea e agli Stati Uniti di mantenere saldo il sostegno alla causa ucraina.

Difendersi dall’aggressione russa del 24 febbraio 2022 e preservare la propria integrità territoriale.

Nel dicembre scorso, Zelensky si è recato a Washington per incontrare il presidente uscente, Joe Biden e, successivamente, parlare al Congresso americano. L’obiettivo era convincere gli Stati Uniti a confermare l’ultimo pacchetto di aiuti militari, voluto dalla Casa Bianca, nel 2023. Il presidente ucraino ha bisogno anche degli aiuti finanziari europei.

L’Unione europea ha promesso d’inserire nel bilancio pluriennale un nuovo aumento di spesa a favore dell’Ucraina. Il via libera, che doveva esserci all’ultimo vertice dei capi di Stato e di governo, è stato però bloccato dal veto dell’Ungheria. Il Consiglio europeo è stato poi convocato in via straordinaria il 1° febbraio 2024, mentre il conflitto russo-ucraino entrava in una fase stallo. Sul campo questa lunga guerra non sta risparmiando né civili né soldati. E la war fatigue rischia di contagiare indirettamente tutto l’Occidente.

LO STALLO DEGLI AIUTI ALL’UCRAINA

La legittima ricerca di conferme del supporto internazionale da parte di Zelensky s’inserisce in un quadro politico mondiale complesso e delicato.

Primo: perché il 2024 è l’anno delle elezioni americane ed europee. Probabilmente dai risultati dipenderà la qualità del sostegno militare, umanitario e finanziario dell’Occidente all’Ucraina. Secondo: perché le conclusioni del World Economic Forum di Davòs sull’andamento dell’economia globale non sono incoraggianti. E dipendono molto dal protrarsi dei conflitti e dall’insicurezza globale.

Terzo: l’escalation della guerra israelo-palestinese e il rischio di un allargamento del conflitto in Medio Oriente – con i tentativi dell’Iran e della Russia di mantenere l’intera regione fortemente destabilizzata – potrebbe spingere l’Occidente a riscrivere le proprie priorità politiche a livello internazionale. Dall’attentato del sette ottobre scorso contro Israele e la successiva operazione militare del governo Netanyahu contro Hamas, la guerra russo-ucraina è scivolata in un cono d’ombra.

Anche perché l’inizio di un conflitto in Medio Oriente sarebbe una vera catastrofe.

GLI AIUTI ECONOMICI E MILITARI USA-UE

La richiesta del presidente Biden di inviare fino a 250 milioni di dollari in armi e attrezzature militari a favore di Kiev è stata accolta. Ma, mentre la Casa Bianca chiede al Congresso di “agire rapidamente […] aiutando l’Ucraina a difendersi e a garantire il suo futuro”, l’eventuale ulteriore invio di armi per il 2024 è stato bloccato dai Repubblicani che in cambio chiedono una stretta anti-immigrazione al confine con il Messico.

Non solo. Il Senato americano ha respinto 50 miliardi di dollari di aiuti finanziari a favore di Kiev – ma anche 14 miliardi di aiuti a Israele – per mano dei Repubblicani, appoggiati da Bennie Sanders e altri senatori dell’estrema sinistra americana. La situazione di stallo negli USA dipende da una partita politica interna. Così è anche in Europa.

Sempre a fine 2023, infatti, la Commissione europea aveva proposto di aumentare il bilancio pluriennale includendo un nuovo pacchetto di aiuti finanziari all’Ucraina. La proposta è stata però bloccata in Consiglio europeo dal Premier ungherese Victor Orban. Orban ha detto ‘no’ alla revisione del budget dell’UE pretendendo in cambio lo sblocco dei fondi europei (21 miliardi di euro) congelati per le violazioni dello Stato di diritto. La revisione, che comprende anche un aumento di spesa per altre voci, tra le quali la lotta alla crisi climatica, per trattato richiede il voto all’unanimità.

SITUAZIONE INTERNAZIONALE ED ECONOMICA COMPLESSA

In questo scenario internazionale così incerto serpeggia una certa stanchezza, e la presa di coscienza che la diplomazia si conferma essere la grande assente in Ucraina e in Medio Oriente.

La war fatigue si è percepita al World Economic Forum di Davòs in Svizzera non solo perché tra banchieri, investitori ed economisti c’è la preoccupazione di una crescita molto modesta, dopo tre anni di crisi causati dalla pandemia di Covid-19. Ma anche, perché c’è una tendenza al moltiplicarsi della incertezza geopolitica, che costituisce un ostacolo enorme alle politiche economiche soprattutto quelle necessarie alle transizioni verde e digitale e allo sviluppo.

Sul campo, in Ucraina, si susseguono notizie poco incoraggianti. Il fronte, infatti, si è trasformato in un pantano. Mentre il Cremlino giura che per l’Ucraina non ci sarà pace, il capo dell’intelligence ucraina Vadym Skibitsky riferisce alla stampa internazionale che, ogni giorno, la Russia mobilita circa 1000 riservisti. Nella maggior parte dei casi si tratta di giovani e poveri delle aree rurali, ma che in tanti scelgono di disertare.

SOSTEGNO EUROPEO ALL’UCRAINA IMPRESCINDIBILE

Nonostante tutto, restano fermi almeno due grandi questioni politiche. Non credo infatti che sia ipotizzabile che l’UE e gli USA possano negare il sostegno alla causa ucraina.

Le conseguenze rischiano di essere catastrofiche. Ma è ciò che temiamo se dovesse essere rieletto alla Casa Bianca Donald Trump. E, se al Parlamento europeo dovessero vincere le forze estremiste e populiste. Se crolla il sostegno all’Ucraina, crollano anche le ragioni per le quali l’Occidente ha condannato senza appello l’aggressione della Russia, generando un paradosso.

Non si tratta solo di difendere il diritto internazionale, la credibilità delle Istituzioni internazionali, che andrebbero comunque urgentemente riformate. Ma anche, di preservare un ordine globale che è riuscito entro certi limiti a garantire al mondo una maggiore stabilità; periodi di pace più lunghi e duraturi; un certo livello di libertà e di democrazia e la affermazione di diritti e libertà fondamentali.

L’OSTACOLO DEL VETO UNGHERESE

Intanto per l’Unione europea è fondamentale, in occasione del prossimo Consiglio europeo del 1° febbraio, sbloccare l’invio dei 50 miliardi di euro di aiuti all’Ucraina. Evitando di cedere ai ricatti di Orban, che continua a ricoprire un ruolo ambiguo, con un piede dentro l’Unione europea e un piede nella Federazione russa.

Le proposte di Budapest, in cambio del suo sì agli aiuti, ovvero la possibilità di poterne bloccare l’erogazione in qualsiasi momento o di rivedere il budget annualmente, sono ingiuste e impraticabili. In particolare, perché il bilancio europeo è pluriennale e la revisione non può avvenire ogni anno.

L’Unione europea non può perdersi, ancora, in ingranaggi e giuochi politici ormai obsoleti e inadatti. Come il voto all’unanimità che appesantisce la governance e indebolisce l’UE nello scenario internazionale.

RIFORMA DEI TRATTATI NECESSARIA PER RAFFORZARE L’EUROPA

Ogni veto dell’Ungheria o in generale il veto degli Stati membri che non vogliono una accelerazione del processo di integrazione europea o ‘bastian contrari’, perché antepongono gli interessi nazionali a quelli comunitari, rappresentano una perdita di credibilità e di autorevolezza dell’UE agli occhi dei territori e degli Stati terzi.

Nella Legislatura che sta volgendo al termine abbiamo posto le basi di un cambiamento. Sono i cittadini e le cittadine europee a chiederlo e pretenderlo. Lo hanno detto in modo netto e chiaro in occasione della Conferenza sul futuro dell’Europa.

Basta potere di veto, basta con la unanimità, basta con la idea che ancora oggi con le grandi sfide che ci attendono e quelle che dobbiamo continuare ad affrontare con risolutezza, un solo Stato, ma soprattutto, un solo uomo possa influenzare la politica dell’Unione.