XXI Infopoverty World Conference- Una società digitale più equa e inclusiva

Infopoverty world conference

Lo scorso 3 dicembre sono stata invitata a partecipare in qualità di relatrice alla XXI Infopoverty World Conference, organizzata dalle Nazioni Unite.

Come costruire una società digitale più inclusiva e più equa?, il titolo di un incontro in cui c’è stato un proficuo scambio di idee sulla società digitale del futuro. 

Come costruire una società digitale più equa e inclusiva

“Illustri relatori e partecipanti,

Desidero esprimere la mia gratitudine al Presidente Saporito per l’invito.

Sono orgogliosa di questo dialogo strutturato tra OCCAM e il Parlamento europeo instauratosi negli ultimi 18 mesi e sono onorata di partecipare alla Infopoverty World Conference per la terza volta.

Credo che questa cooperazione abbia generato un proficuo scambio di visioni sul futuro delle nostre società.

La drammatica crisi pandemica sta avendo un enorme impatto sul nostro modo di lavorare, produrre, consumare e vivere sia dal punto di vista individuale che collettivo.

Non tutti i mali sono scaturiti dalla pandemia

Come abbiamo affermato nella Infopoverty Conference dello scorso giugno, la pandemia non ha generato tutti i problemi attuali che stiamo affrontando. E’ stata solo un acceleratore di processi già in corso come nel caso della rivoluzione digitale.

Allo stesso tempo, ha esacerbato i fattori sociali ed economici di crisi, come nel caso della povertà lavorativa o della mancanza di parità di accesso all’istruzione, alle opportunità e ai servizi fondamentali.

Questo fenomeno ci mostra che la New Digital Society non è la conseguenza di un processo randomizzato. Ci sono questioni cruciali sulla governance, nonché sugli effetti a lungo termine delle nostre scelte sul futuro dell’umanità e del pianeta.

La definizione e l’attuazione di un “nuovo paradigma di sviluppo” è diventata la priorità principale per tutte le cancellerie dei principali attori globali.

L’ambizione che manca sulla sfida ambientale

Purtroppo, come hanno mostrato in maniera molto chiara le conclusioni dell’ultima COP26, non tutti i Paesi sono pronti a cambiare radicalmente i propri modelli economici e sociali.

La mia principale preoccupazione non è la mancanza di ambizione dei nuovi obiettivi ambientali, ma l’assenza di una strategia globale basata su traguardi a breve termine, realistici e misurabili che dovrebbe accompagnare tutti i Paesi nelle stessa direzione.

E’ una considerazione questa che faccio partendo dalle differenze esistenti tra i paesi, con una evidente sproporzione di accesso a know-how, tecnologie e diverse fasi della rivoluzione digitale in atto.

 

Il ruolo dell’Unione europea

Questa Conferenza e il Programma Infopoverty sono molto importanti perché la rivoluzione verde e quella digitale non possono essere realizzate senza un progresso equo ed uguale per tutti.

L’obiettivo, quindi, è consentire a tutti la condivisione degli effetti positivi della Nuova Società Digitale grazie a diritti nuovi o rinnovati e un ampio accesso agli strumenti digitali.

Ma poiché non tutti gli Stati possono svilupparsi alla stessa velocità, sono fermamente convinta che l’Unione europea non abbia alternative se non quella di guidare il processo globale dando il via a una governance multilaterale per una società più equa e più giusta.

L’Unione europea ha iniziato ad affrontare una ad una tutte le questioni che hanno frenato finora il processo di integrazione interna.

La crisi simmetrica generata dalla pandemia ha spinto i 27 Stati membri a sperimentare una nuova e più profonda forma di cooperazione, basata su due principi “nessuno può essere lasciato indietro” e “nessuno si salva da solo”.

Su queste basi, l’Unione ha creato il Next Generation EU con l’obiettivo di plasmare un continente più verde, più digitale e più resiliente, in linea con gli SDGs delle Nazioni Unite.

Il Next Generation Ue

Per la prima volta nella sua storia, e come conseguenza di una reale condivisione di rischi e opportunità comuni, l’Unione ha emesso obbligazioni comuni evitando ogni forma di concorrenza tra gli Stati membri nei mercati finanziari internazionali. E stabilendo una più equa distribuzione dei fondi tra coloro che Paesi maggiormente colpiti dalla crisi pandemica.

Questo approccio ha permesso mettere allo stesso piano le esigenze legate alla digitalizzazione e al perseguimento delle politiche verdi.

E, soprattutto, ha permesso alle istituzioni europee di avviare un rinnovamento della propria governance, che deve prevedere una profonda revisione del “Patto di stabilità e crescita”. L’UE deve puntare a un nuovo “Patto di stabilità e sostenibilità” al fine di tenere insieme l’economia, e i pilastri sociali e ambientali.

Il pilastro europeo dei diritti sociali stabilisce 20 obiettivi, due di questi riguardano l’accesso agli strumenti e ai servizi digitali, con un’attenzione specifica alle loro conseguenze sul mercato del lavoro.

Non può esserci una vera transizione senza dignità per tutti i lavoratori

Vorrei attirare la vostra attenzione sugli ultimi risultati del Parlamento europeo. Il prossimo 8 dicembre la Commissione Europea pubblicherà la proposta di direttiva sui “lavoratori delle piattaforme”.

Questa normativa europea dovrebbe ridare dignità a un ampio numero di persone private di ogni diritto e contrastare il modello di business propugnato da Amazon.

Un modello caratterizzato dall’uso discriminatorio e pervasivo di algoritmi e intelligenza artificiale, utilizzati per assumere o licenziare i lavoratori. O per spingere la produttività individuale.

Il salario minimo

Tuttavia, sono convinta che la direttiva sui “salari minimi”, approvata dal Parlamento europeo il 25 novembre, sia un cambio di passo decisivo per lo sviluppo della dimensione sociale europea.

Il provvedimento riconosce il diritto di tutti i lavoratori a ricevere un salario dignitoso per garantire un tenore di vita adeguato.

Il salario minimo è fondamentale per ridurre il fenomeno della povertà lavorativa e il dumping sociale nel mercato interno europeo, che conduce a pratiche commerciali sleali e delocalizzazioni.

Una rapida attuazione di questa direttiva può contribuire ad affrontare molti effetti degenerativi della digitalizzazione che stanno comparendo ovunque. E attraversando i confini internazionali, eludendo i controlli e le sanzioni dei Paesi danneggiando così le persone più vulnerabili delle nostre società.

Sconfiggere le disuguaglianze

Oltre alle evidenti differenze tra paesi sviluppati e i paesi in via di sviluppo in termini di benessere e opportunità, ci troviamo di fronte a un generale aumento della povertà e delle disuguaglianze sociali ed economiche in ogni parte del pianeta.

La condivisione di problemi così drammatici dovrebbe portare ad accelerare il processo verso un nuovo approccio multilaterale volto alla ridistribuzione della ricchezza e alla visione positiva di un futuro comune.

Sono convinta che l’Unione Europea possa promuovere i capisaldi della nuova governance globale, aprendo la strada alla piena portabilità dei diritti dei lavoratori. Per garantire parità di trattamento e condizioni eque a ogni livello.

Tutto ciò premesso, sostengo fortemente l’idea di inserire nei prossimi accordi commerciali tra Unione Europea e paesi terzi il “principio di reciprocità”, al fine di garantire l’attuazione degli stessi standard sociali e ambientali.

Dialogo sempre aperto tra cittadini e istituzioni

Ma questo non basta. La nuova governance globale dovrebbe basarsi su un autentico approccio dal basso. Dobbiamo portare le aspettative dei cittadini e delle comunità verso un dialogo strutturato che coinvolga tutti gli attori politici, economici e sociali per paradigmi più equi. Caratterizzati da una conoscenza condivisa, dalla giustizia sociale e da pari opportunità per tutti.

La qualità della nostra visione e dei nostri sforzi sarà misurata dalla nostra capacità di garantire a tutti il diritto al benessere e a una piena partecipazione politica, economica e sociale sia nella vita digitale che in quella reale.

Il mio desiderio, come decisore politico europeo, è che questo periodo sia ricordato dalla prossima generazione come “l’età del coraggio” e non come “l’età dell’attesa”.

Sono pienamente convinta che appuntamenti come Infopoverty World Conference possano contribuire a trasformare questi “sforzi individuali” in una “visione collettiva”.

Attendo con ansia le vostre esperienze e proposte, per condividere con voi un futuro comune che siamo chiamati a plasmare insieme.

Per noi stessi e per le prossime generazioni”.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.