Agricoltura, le mie battaglie contro le pratiche commerciali sleali

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Dopo l’avvio della procedura d’infrazione da parte della Commissione europea, per non avere reso operativa la direttiva Ue in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare entro il 1° maggio 2021, il 30 luglio scorso il governo italiano ha approvato il decreto legislativo di attuazione del provvedimento europeo.

La direttiva ha lo scopo di tutelare tutti gli agricoltori europei – i piccolissimi produttori – contro i comportamenti scorretti degli acquirenti, in particolare le aziende della grande distribuzione.

L’Unione europea ha fissato criteri e principi per contrastare e sanzionare 16 fattispecie. Le pratiche commerciali sono sleali quando vengono adottate da un operatore in modo unilaterale, danneggiando la controparte e creando distorsioni sul mercato.

Vi spiego perché questa direttiva europea è molto importante per l’Italia. Anche raccontando le mie battaglie al Parlamento europeo contro le pratiche commerciali sleali in agricoltura.

 

Agricoltura, la direttiva Ue contro le pratiche commerciali sleali

A oggi 15 Paesi membri hanno comunicato alla Commissione di aver adottato tutte le misure necessarie per il recepimento della direttiva. Mentre due Paesi l’hanno fatto solo in parte, ad esempio la Francia, altri dieci non hanno ancora provveduto a rendere operativa la direttiva. L’Italia era tra questi ultimi. 

Infatti, il governo italiano avrebbe dovuto recepire e rendere operativi i criteri e i principi fissati dalla direttiva contro le pratiche commerciali sleali o Unfair Trading Practices (UTPs direttiva UE 2019/633) affinché, come chiesto dall’Unione europea, si potesse applicare entro il 1° novembre 2021.

Dopo la legge delega contro le pratiche commerciali sleali,  entrata in vigore l’8 maggio 2021 e non il 1° maggio 2021 come previsto, il governo italiano non ha poi provveduto all’approvazione del decreto legislativo attuativo della direttiva europea. Per tale motivo, l’Italia ha subito la procedura d’infrazione della Commissione europea.

Il 30 luglio scorso su proposta del ministro delle Politiche Agricole e Forestali, Stefano Patuanelli, il Consiglio dei ministri ha finalmente approvato il decreto legislativo. Ora l’Italia può applicare i principi e i criteri della direttiva Ue 2019/633, per meglio disciplinare le relazioni commerciali e combattere le pratiche sleali lungo tutta la filiera agricola.

Come ha spiegato anche il ministro Patuanelli, l’approvazione del decreto legislativo di attuazione della direttiva Ue consente all’Italia di rafforzare le norme nazionali in materia. Per offrire maggiore trasparenza nei rapporti tra venditori e acquirenti e una tutela più forte nei confronti dei fornitori.

E ritengo molto positivo l’impulso del ministro.  Questo primo passo infatti consente di iniziare un percorso verso una protezione sempre più forte e capillare a favore degli agricoltori e dei prodotti italiani.

 

Agricoltura, il mio impegno per una filiera agricola equa e sostenibile

Le pratiche commerciali sleali colpiscono duramente i piccoli agricoltori italiani essenziali per il sistema agroalimentare del nostro Paese. Grazie al loro lavoro e ai loro prodotti di qualità, infatti, l’Italia può esportare in tutto il mondo contando su tanti marchi d’eccellenza. Sono convinta che la sostenibilità declinata sul piano ambientale, economico e sociale – come prevedono gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite – sia la chiave per costruire, a partire da ora, un futuro migliore per le prossime generazioni.

Il settore agroalimentare è chiamato a importanti trasformazioni. Gli imprenditori agricoli devono essere accompagnati e sostenuti negli sforzi richiesti sul fronte ambientale. Dovranno essere preservate pari condizioni sul mercato e salari dignitosi a tutti i lavoratori  della filiera. E ciò sarà possibile proprio dando attuazione a questa direttiva europea.

In particolare, essa sanziona l’odioso meccanismo delle “aste al doppio ribasso”.  Queste alimentano pericolose speculazioni sul mercato agroalimentare italiano ed europeo, generando degli squilibri lungo tutta la filiera.  Secondo l’analisi della Coldiretti, nel nostro Paese, ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti corrisponde a meno di 15 centesimi di remunerazione del produttore agricolo.

Tra le novità più importanti, introdotte dalla direttiva, c’è il diritto degli agricoltori e dei fornitori di piccole e medie dimensioni, e delle organizzazioni che li rappresentano, di denunciare tali pratiche. Gli Stati membri hanno l’obbligo d’istituire autorità nazionali designate per gestire e seguire le denunce.

Considerando anche i risultati raggiunti dal Parlamento europeo e dal governo italiano rispetto al negoziato, in via di conclusione, sulla Pac (Politica Agricola Comune) e delle battaglie che stiamo combattendo per la Strategia Farm to fork- Dal campo alla tavola, credo che a livello nazionale l’approvazione del decreto legislativo di attuazione rappresenti un segnale più che positivo. Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, infatti, ha parlato di una “svolta storica”.

 

Agricoltura, la battaglia contro le “aste al doppio ribasso”

Nell’ambito della Pac, ho presentato degli emendamenti contro le “aste al doppio ribasso”. Che stanno assumendo una dimensione sempre più capillare, minacciando la sopravvivenza dei piccoli e piccolissimi agricoltori e delle aziende italiane, oltre che i diritti dei lavoratori del settore.

Le “aste al doppio ribasso” sono una pratica commerciale sleale che va estirpata nel più breve tempo possibile.

Le conseguenze si possono toccare con mano. Perché il valore aggiunto viene distribuito in modo iniquo lungo la filiera. Si arricchiscono infatti le grandi catene della distribuzione, che acquistano a prezzi bassissimi i prodotti agroalimentari, applicando talvolta prezzi finali cinque o sei volte più alti.

I produttori, soprattutto i piccolissimi agricoltori, sono schiacciati dal peso di guadagni sempre più irrisori. Le aziende agroalimentari scaricano le difficoltà economiche sui lavoratori. I salari infatti diminuiscono ogni giorno di più. Non si tratta però di una semplice condizione di precarietà. In tantissimi casi parliamo di povertà, soprattutto, tra i lavoratori stagionali.

Una situazione che alimenta i fenomeni del lavoro nero, irregolare o peggio ancora del caporalato. Anche per garantire il diritto al lavoro, con il sostegno della delegazione del Movimento 5 Stelle, mi sono battuta per ottenere l’approvazione e l’inserimento del principio della condizionalità sociale nel testo della nuova Pac.

Questo strumento impedirà alle aziende del settore che non rispettano i diritti dei lavoratori di accedere ai fondi europei per l’agricoltura. Una misura rivoluzionaria, attesa da oltre un decennio, e approvata lo scorso ottobre dal Parlamento europeo, appunto, con il voto decisivo della delegazione del MoVimento 5 Stelle.

L’Italia e l’Europa devono agire a monte e a valle per garantire davvero una filiera agroalimentare equa e sostenibile sul piano economico e delle tutele.

 

 

 

E contro il “sottocosto” indiscriminato

Ho portato avanti poi un’altra battaglia, quella contro la pratica del “sottocosto”. Ritengo che sia ingiustificata, e che si trasformi in una forma di concorrenza sleale, se si preferisce semplicemente svendere i prodotti agricoli senza una ragione. Infatti, altra cosa è applicare il “sottocosto” legandolo al naturale processo di “deperibilità” dei prodotti agricoli.

In questo senso, nell’ambito della strategia della Farm to Fork, ho chiesto che l’Unione europea s’impegni a costruire una filiera più giusta e più trasparente.

Un’esigenza che ho fatto presente in particolare durante la pandemia. Che ha ostacolato gli scambi e favorito accaparramenti e speculazioni ai danni dei nostri produttori.

Sono convinta che puntare a una filiera corta ed etica, ossia con un numero limitato e circoscritto di passaggi produttivi e  intermediari, sia la migliore garanzia contro le forme di distorsione del mercato agricolo. E la risposta adeguata per tutelare la redditività dei piccolissimi agricoltori. Sono pronta a difenderli a ogni costo e a proteggere le nostre eccellenze.

La filiera agroalimentare corta è l’unico modello sostenibile al quale l’Unione europea e il pianeta dovrebbero ispirarsi per potere sfamare otto miliardi di persone. Per quanto riguarda l’Italia, credo che per diventare lei stessa un “modello” deve completare il prima possibile il percorso verso un sistema economico e produttivo equo.

Sono convinta che le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e della nuova Pac sono un’occasione da non perdere. Per potere diventare un simbolo concreto del mangiare sostenibile e sano.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.