Caos al PE sugli ETS, rilancio la mia proposta sul fondo sociale per il clima

fondo sociale per il clima

Lo scorso 8 giugno, il Parlamento europeo si è spaccato su una delle riforme più ambiziose dell’UE. Sto parlando del sistema di scambio delle quote di emissioni di CO2 (o Emissions Trading System) legato al Pacchetto Fit for 55.

La cosiddetta ‘maggioranza Ursula’, la stessa che nel 2019 votò in modo compatto von der Leyen presidente della Commissione europea, si è divisa su un punto molto importante della riforma. Oggi l’industria europea – chimico, farmaceutico, siderurgico, cementificio, ceramiche – non paga per le emissioni prodotte. La maggioranza dunque non ha retto sulla gradualità per abrogare questa deroga, e applicare così il sistema ETS.

Cosa è successo al Parlamento europeo

La riforma dell’ETS era il primo degli 8 provvedimenti, su un totale di 13, del Piano Fit for 55 proposto a luglio 2021 dalla Commissione europea per ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030.

Il testo, respinto con 340 voti contrari, potrebbe tornare in Commissione Ambiente. Manca ancora un accordo su:

  1. Regolamento CBAM, di cui mi sono occupata seguendo la vicenda di Acciai Speciali Terni, e che servirà a proteggere i beni prodotti nel mercato unico europeo dalla competizione estera dove la regolamentazione ambientale è meno stringente.
  2. Fondo Sociale per il Clima, nato per sostenere le famiglie e le piccole imprese nella transizione energetica, da marzo scorso chiedo un potenziamento in termini di risorse.

La mia richiesta non è stata ancora accolta. Dopo l’esito del voto in Plenaria del 9 giugno scorso, ho l’opportunità di rilanciare la mia richiesta in Commissione Occupazione e Ambiente. Non solo dirò di avere scritto al Commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, ma anche che il nostro governo, ora, chiede all’UE di sfruttare SURE per far fronte ai prezzi record dei beni energetici.

Da mesi dico: trasformiamo il Fondo sociale per il clima in uno strumento utile per aiutare famiglie e imprese colpite dalla crisi energetica. Utilizziamo le risorse raccolte per accelerare sulla transizione energetica e per coinvolgere di più i privati.

Fondo sociale per il clima, cos’è

Il Fondo sociale per il clima, proposto dalla Commissione europea come strumento per attenuare le conseguenze sociali dovute all’applicazione del nuovo sistema di scambio di quote di emissioni di CO2, può ora trasformarsi in un meccanismo utile per rispondere ai bisogni di milioni di famiglie e di imprese. Senza fermarsi sull’abbandono delle fonti fossili e il potenziamento di quelle rinnovabili.

Il Fondo, con una dotazione di 72,2 miliardi di euro, circa, nel periodo 2025-2032, servirà

  • a fornire misure di sostegno e investimenti a favore dei gruppi vulnerabili, quali i nuclei familiari fragili e piccole e microimprese.
  • a finanziare il raggiungimento degli obiettivi sull’efficientamento energetico degli edifici, l’integrazione e ampliamento del mix di fonti energetiche.
  • a garantire un migliore accesso alla mobilità a zero e basse emissioni.

Ho anche chiesto di finanziare con il fondo sociale per il clima il super bonus 110 che consentirà a migliaia di cittadini e imprese di affrontare con più serenità la transizione energetica. Dopodiché, l’inizio della invasione russa dell’Ucraina ha dimostrato che l’UE ha bisogno di una propria autosufficienza energetica.

Fondo sociale per il clima, le risorse non bastano

Per questo sono convinta che i 72 miliardi previsti per il fondo fino al 2032 non sono sufficienti a trainare la rivoluzione verde, sostenibile ed inclusiva di cui abbiamo bisogno.

Occorrono più risorse e la mia proposta in questo senso è molto semplice. Bisogna estendere il campo di applicazione dello strumento SURE e dar vita a un meccanismo capace di attenuare le crisi sociali, comprese quelle energetiche.

Con la lettera al Commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, ho chiesto di valutare molto attentamente la mia proposta. Fin dall’inizio della crisi energetica innescata dalla guerra russo-ucraina abbiamo chiesto una condivisione dei rischi e degli obiettivi. Come avvenuto con la pandemia.

Nei giorni scorsi, anche il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha proposto di utilizzare SURE per l’energia. Sostenendo di fatto quello che il Movimento 5 Stelle chiede da almeno tre mesi.

La crisi energetica che stiamo affrontando, e il conseguente aumento della povertà energetica, costituiscano a tutti gli effetti una crisi sociale. E pertanto rientrano nelle finalità con cui è stato concepito SURE. Le risorse raccolte ma ancora non spese potrebbero confluire in questo fondo, raccogliendone di nuove per creare una dotazione adeguata ad affrontare intanto la crisi energetica in atto e garantire allo stesso tempo la traiettoria tracciata con il Green Deal europeo.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti.
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