Lavoratori delle piattaforme, stop agli algoritmi opachi e discriminatori!

Lavoratori delle piattaforme

Il 12 luglio scorso, in Commissione Occupazione e Affari Sociali del Parlamento europeo ho presentato le mie proposte di modifica al testo della direttiva sui lavoratori delle piattaforme, elaborata dalla Commissione UE nel dicembre 2021. Ho sempre sostenuto l’importanza e l’urgenza di garantire diritti e tutele ai cosiddetti ‘gig worker’, che in assenza di norme europee e nazionali sono più esposti degli altri lavoratori a forme di abuso, sfruttamento, caporalato e salari non dignitosi. Migliorare la condizione di queste nuove figure professionali è fondamentale, prima che gli algoritmi s’impongano come modello dominante nel mercato del lavoro.

Le piattaforme utilizzano gli algoritmi, app apposite, per determinare i tempi e le modalità del lavoro, l’organizzazione stessa del lavoro all’interno delle strutture. Da queste applicazioni dipendono la selezione del personale, le promozioni e le retribuzioni. Per le piattaforme digitali, quindi, gli algoritmi sono indispensabili; l’avvento della trasformazione tecnologica e digitale è stato più rapido del Legislatore. Oggi in Europa, nella stragrande maggioranza dei casi, le piattaforme digitali operano senza regole definite. Sono convinta che queste aziende siano importanti per l’economia europea e italiana, ma dobbiamo combattere qualsiasi forma di concorrenza sleale che possa danneggiare le nostre imprese non digitali e prevenire violazioni anche gravi del diritto del lavoro.

Regole per garantire diritti e concorrenza

Non dobbiamo e non possiamo ostacolare la trasformazione digitale e tecnologica che dal 2013, quando le prime grandi piattaforme sono sbarcate in Europa e in Italia, sta cambiando il mercato del lavoro. La pandemia di Covid-19 ci ha dimostrato che il lavoro digitale ha enormi potenzialità ed è stato importante durante il periodo più difficile dell’emergenza sanitaria. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), nel 2020 i lavoratori delle piattaforme in Europa sono passati dal 4% al 30%. Nel 2019, in base a stime non del tutto esaustive, in Italia i ‘gig worker’ erano oltre 210mila. Il 42% non aveva un contratto di lavoro tipico. Nel nostro Paese, i lavoratori delle piattaforme sono generalmente lavoratori con un buon livello d’istruzione: il 47% è diplomato mentre il 16% è laureato (dati Inaap).

Alla luce di questo scenario non possiamo permettere che continuino a esistere vuoti normativi che in tutti questi anni hanno lasciato campo libero ad algoritmi opachi e pervasivi. Le pagine dei giornali si sono riempite di casi di sfruttamento, caporalato e paghe a cottimo, vietate dal nostro ordinamento giuslavoristico. Ma anche forme di concorrenza sleale che danneggiano le imprese nazionali. Fino a quando non ci saranno regole chiare sul funzionamento degli algoritmi e anche meccanismi specifici di ispezione e controllo sulle app impiegate dalle piattaforme digitali, permarranno discriminazioni, abusi, e violazioni dei diritti e delle tutele fondamentali dei lavoratori.

Basta con algoritmi discriminatori

Al fine di migliorare il testo della direttiva della Commissione europea, ho presentato complessivamente 43 emendamenti. In Commissione Occupazione e Affari Sociali del Parlamento europeo ne ho illustrati tre. Quelli più importanti con cui ho voluto mettere nero su bianco che senza una normativa adeguata sugli algoritmi, e una rete di controlli, ispezioni e anche sanzioni ad hoc non riusciremo mai a garantire ai lavoratori migliori condizioni di lavoro né a proteggere le imprese dalla concorrenza sleale e dal dumping.

Per questo, in primo luogo, dobbiamo affrontare le implicazioni dell’intelligenza artificiale nel mercato e quindi modernizzare il diritto del lavoro con regole studiate per gli algoritmi che dovranno essere resi subito accessibili e trasparenti. Gli algoritmi devono potere subire le ispezioni al pari di un qualsiasi altro datore di lavoro. Data la natura transnazionale delle piattaforme, ho proposto che l’Agenzia europea del lavoro si occupi di uno scambio sistematico di informazioni tra gli Stati membri. E, inoltre, abbia la possibilità di effettuare dei controlli congiunti per contrastare sia la concorrenza sleale ai danni delle altre imprese, digitali e non, sia l’elusione fiscale ai danni dei bilanci dello Stato.

Infine credo che sia necessario definire un sistema regolatorio di controlli contro gli abusi in caso di subappalto, molto diffuso nelle società di logistica. In questo settore sono noti casi di sfruttamento e caporalato che si traducono in concorrenza sleale da parte delle cooperative che, spezzettando il lavoro, generano dumping sui salari. Intervenire su ciascuno di questi elementi è fondamentale per un mercato europeo più aperto e più giusto.

 

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
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