Per il bene dell’ambiente e dell’agricoltura: sì al “carbon farming”

carbon farming

Al Parlamento europeo mi sto occupando di un regolamento molto importante per la lotta alla crisi climatica: il Carbon Farming- “Coltivazione del carbonio”, nella sua traduzione letterale.

Vi spiego di cosa si tratta.

UN MERCATO DELLE EMISSIONI ANCHE PER AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO

Tutto parte da novembre dello scorso anno, quando la Commissione europea ha avanzato la proposta di creare il primo quadro europeo per certificare, in modo affidabile e su base volontaria, gli assorbimenti di carbonio del settore agricolo.

Con la proposta di regolamento, la Commissione europea punta a promuovere le migliori soluzioni per il sequestro e/o l’assorbimento del carbonio, contribuendo così ad accelerare il raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima, ambiente e neutralità climatica, previsti nel Green Deal e nell’accordo di Parigi del 2015 al 2030 e al 2050.

Una volta entrato in vigore il nuovo regolamento, i settori agricolo e zootecnico, finora esclusi dal cosiddetto sistema di scambio di quote di emissioni di anidride carbonica noto anche come Emission Trading System, ne faranno parte per la prima volta per permettere ai produttori – grandi e piccoli –  di dare il loro contributo alle politiche di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico. Oggi infatti, diversamente da quanto avviene per l’industria europea e per il settore energetico, né gli agricoltori né gli allevatori possono scambiare quote di emissioni.

Con il nuovo regolamento, rispetto al quale ho presentato alcune proposte di modifica, l’Unione europea definisce regole chiare e trasparenti, ad hoc per le attività agroforestali, che prevedono sovvenzioni o meglio fonti di reddito aggiuntive per quelle imprese agricole e zootecniche che si impegneranno a ridurre le emissioni di anidride carbonica ovverosia quando possibile a evitare di produrre gas serra.

CARBON FARMING E GLI OBIETTIVI AMBIENTALI 

Nell’Unione europea, agricoltura e allevamento sono responsabili di oltre il 10 per cento dell’anidride carbonica immessa ogni anno nell’atmosfera. Si tratta di un impatto notevole che crediamo debba essere ridotto se si vogliono raggiungere gli ambiziosi obiettivi previsti dal pacchetto europeo di politiche ambientali “Fit for 55” ma anche dalla Politica Agricola Comune e dalla Strategia Farm to Fork dal campo alla tavola.

Tuttavia, ritengo doveroso fare una considerazione importante. Nel sostenere il carbon farming, per agevolare concretamente la transizione ecologica, rimango coerente con la mia assoluta contrarietà alle politiche ambientali ideologiche e irrealistiche dell’Unione europea. Quando, ad esempio, l’Unione europea ha tentato di equiparare gli allevamenti di piccole dimensioni all’industria per le emissioni di gas serra prodotte ogni anno.

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Ho considerato irricevibile e sbagliata l’idea della Commissione europea di voler estendere l’applicazione della direttiva sulle emissioni industriali anche ai piccoli allevamenti, così come proposto con la Direttiva “ammazzastalle”. Con il rischio di condannare alla chiusura migliaia di aziende di medie e piccole dimensioni che, nel caso dell’Italia, rappresentano la maggior parte delle realtà del settore zootecnico. Peraltro, come abbiamo denunciato, sulla base di dati non aggiornati e in assenza di una valutazione di impatto che potesse giustificare la necessità e l’urgenza di imporre restrizioni ambientali ai piccoli allevamenti.

Sono contraria a un modello di agricoltura e zootecnia intensiva. Lo dimostra la mia condanna per i casi di maltrattamenti e violazione sistematica dei disciplinari e degli standard sanitari e sicurezza di alcuni allevamenti suinicoli. Sono perciò queste realtà, pericolose e nocive per l’ambiente, gli animali, i consumatori e la qualità del cibo, che vanno sottoposte a regole stringenti e controlli.

 

 

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SOSTENIBILITÀ A 360°

Anche in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, ho ribadito come i nostri agricoltori e allevatori devono essere messi nelle condizioni di diventare i protagonisti di una transizione ecologica ambiziosa e al tempo stesso realistica. Mai ideologica.

Le politiche ambientali dell’Unione europea devono rimanere proporzionate ed equilibrate per il settore privato, senza il quale rischiamo il fallimento totale nell’adattamento e nella mitigazione del cambiamento climatico.

La sostenibilità di un settore strategico e vitale per l’Italia e tutta l’Unione europea va declinata anche in chiave economica e tecnica, oltre che ambientale. Nel caso del carbon farming, quindi, l’obiettivo di creare un mercato volontario delle emissioni di carbonio, dovrà essere portato a termine garantendo un reddito adeguato agli operatori del settore agricolo e dell’allevamento che, per il sequestro e/o l’assorbimento del carbonio, devono potere scegliere se:

  • sfruttare soluzioni basate sulla natura (NBS – Nature Based Solutions) come il rimboschimento o la gestione forestale
  • e o in alternativa soluzioni basate sulla tecnologia (TBS – Technology Based Solutions). Una serie di buone pratiche che dovranno essere diffuse e promosse su vasta scala, sfruttando il più possibile le risorse messe a disposizione dalla Politica Agricola Comune ’21-’27.

Gli effetti del cambiamento climatico sono sotto i nostri occhi. Alluvioni e grandinate che si alternano a ondate di caldo anomalo in ogni periodo dell’anno stanno già mettendo a dura prova la resistenza e la resilienza dei nostri sistemi di produzione agricola e allevamento, così come la biodiversità che caratterizza il nostro territorio. Una minaccia concreta che dobbiamo affrontare al più presto con una dose di sano e indispensabile pragmatismo che non può che mettere al centro l’insostituibile e il prezioso contributo di agricoltori e allevatori. 

 

 

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