Salute e sicurezza sul lavoro: governo allo sbando

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Il problema della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro è un tema che mi sta particolarmente a cuore. La tragedia del cantiere Esselunga di Firenze di cui ho scritto qui ha avuto almeno due conseguenze. La prima, prevedibile. Accade ogni volta che si consuma una tragedia sul lavoro di proporzioni così drammatiche: cinque morti in un giorno. Se ne parla per le settimane successive fino a cadere in un cono d’ombra.

La seconda invece è avere mandato in tilt il governo Meloni, che si è forse accorto (tardi) di non avere proposto nulla sulla salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro al contrario di quanto aveva promesso la Premier al momento del suo insediamento. Meloni infatti – forse lo ricorderete – aveva promesso di rimettere al centro il lavoro e la salute e sicurezza. Cosa è successo nel frattempo?

LA DELUDENTE REAZIONE DEL GOVERNO

Nei giorni successivi alla tragedia del cantiere di Esselunga a Firenze, abbiamo assistito alla incapacità del governo Meloni di fornire risposte adeguate e soprattutto credibili (che non siano perciò mero fumo negli occhi) al problema della salute e sicurezza sul lavoro. Del resto, tale incapacità è palpabile in generale sulle questioni sociali e occupazionali.

Per rincorrere l’onda emotiva e l’indignazione dell’opinione pubblica, le destre hanno convocato in fretta e furia un Consiglio dei ministri senza però coinvolgere le parti sociali. Riproponendo lo stesso copione avvolto dalla propaganda del Primo maggio dello scorso anno.

Il risultato è stato che le ha sparate grosse. Prima il no ideologico alla proposta di omicidio sul lavoro da parte del ministro della Giustizia Nordio, il quale non proprio convintamente ha spiegato di essere contrario perché l’introduzione di tale reato non aiuterebbe a ridurre il numero degli incidenti, compresi quelli mortali. Per rafforzare la sua posizione e quella del governo di cui fa parte, ha riportato l’esempio dell’omicidio stradale, reato peraltro voluto fortemente dall’attuale ministro Salvini. Cosa però c’entri l’omicidio sul lavoro con quello stradale, lo ha capito solo il ministro.

Come non bastasse, il governo Meloni ha pensato di rispondere all’emergenza degli incidenti nei luoghi di lavoro proponendo per i cantieri, in cui stando alle statistiche dell’Inail e dell’Eurostat si verificano il maggior numero di decessi e di incidenti gravi ai danni dei lavoratori – la gran parte stranieri – una patente a punti. La proposta, che ha trovato contrarie anche le associazioni datoriali oltre che i sindacati, equipara un morto a un determinato numero di crediti. Una vittima vale – 20 punti per l’impresa responsabile. Non è chiaro chi dovrebbe vigilare, senza sopperire alla cronica mancanza di ispettori del lavoro e dei medici del lavoro delle ASL. Credo che così non si vada da nessuna parte.

SALUTE E SICUREZZA, PREVENZIONE MA ANCHE CERTEZZA SULLA CATENA DI RESPONSABILITA’

In totale disaccordo sia con il no ideologico all’omicidio sul lavoro – perché il Consiglio dei ministri non ha aperto un canale di dialogo con le parti sociali su questa proposta? – sia sulla idea della patente a punti per le imprese edili, che tra le altre cose tralascia altri settori esposti agli incidenti gravi e mortali, sono convinta che il governo Meloni non abbia assunto alcun impegno concreto per contrastare tutta una serie di fenomeni legati direttamente e indirettamente alla farraginosità degli standard di salute e sicurezza di cui è dotata l’Italia a livello normativo, in particolare, nel settore delle costruzioni.

Anche nelle ore successive alla tragedia di Firenze, di fatto, la Premier Meloni è stata piuttosto abile a spostare l’attenzione, accennando flebilmente alla idea di applicare le norme sugli appalti pubblici anche a quelli privati, proposta avanzata dalla segretaria del Partito Democratico e che io stessa per prima lavorando al Parlamento europeo sulla riforma della Direttiva sugli appalti pubblici ritengo doverosa e urgente. Nulla, invece, sul contrasto al lavoro nero e irregolare, sul caporalato che colpisce i lavoratori più deboli e gli stranieri, sul fenomeno degli appalti al massimo ribasso. Nulla dunque sulla assenza di controlli adeguati o sul fatto che siano stati applicati male i contratti collettivi nazionali di settore.

DIALOGO TRA ISTITUZIONI, POLITICA E PARTI SOCIALI

Credo che alla stregua di altri importanti temi sociali e del lavoro – penso alla introduzione del salario minimo stroncata dal governo e dalle destre – occorra su questo fenomeno ormai “strutturale” all’interno del sistema Paese un dibattito serio e costruttivo tra il governo, le forze politiche e le parti sociali. Sono convinta che la salute e sicurezza sul lavoro non è un tema su cui è possibile o normale piantare delle bandierine ideologiche.

Riprendiamo l’ipotesi dell’omicidio sul lavoro.

Oggi non è facile e richiede molte verifiche e anni accertare la catena di responsabilità quando si verificano degli incidenti mortali sul lavoro, a maggior ragione quando ci sono più morti in un giorno. Come è ovvio, i soli strumenti repressivi non bastano, occorre prevenzione e formazione sia dal lato delle imprese e degli imprenditori sia dal lato dei lavoratori.

Con gli investimenti adeguati e la giusta strategia politica è possibile combattere le morti bianche e realizzare quel principio della “tolleranza zero” che abbiamo sancito in Europa con la Strategia post 2020 o la richiesta di una Direttiva sulle condizioni professionali dei Vigili del Fuoco. E con la convinzione che è essenziale rafforzare il senso di responsabilità collettivo e individuale; sostenere davvero lo sviluppo del Paese, ora più che mai con le scadenze del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e smetterla solo di indignarsi o di cavalcare l’onda emotiva. Continuando di questo passo, con tre morti al giorno negli ambienti di lavoro, stiamo togliendo dignità al lavoro stesso ma anche impedendo alle persone di godere di un diritto inalienabile, e certamente non di un optional: lavorare in salute e sicurezza.