Siccità e alluvioni, subito una strategia UE sul riuso dell’acqua!

siccità e alluvioni

Il cambiamento climatico è la causa di eventi climatici estremi che colpiscono duramente i nostri territori, anche, per mancanza di politiche sul dissesto idrogeologico, sul contrasto al consumo di suolo e sulla gestione delle acque dolci, soprattutto, in agricoltura. Siccità e alluvioni sono le facce della stessa medaglia. Quella di una crisi che va affrontata per forza con competenza, serietà e lungimiranza.

SOS CLIMA, BASTA PARLARE DI MALTEMPO

Nelle scorse settimane, mentre il governo Meloni metteva in piedi la cabina di regia e nominava il commissario straordinario per l’emergenza siccità un mese e mezzo dopo l’annuncio, le piogge intense hanno raggiunto livelli record abbattendosi in particolare su diversi Comuni delle province di Bologna e Ravenna.

Strade allagate, case invase dal fango e dall’acqua, argini dei fiumi che rompendosi hanno danneggiato ettari e ettari di terreni coltivati mettendo in ginocchio contadini e aziende agricole della Regione Emilia Romagna dove il settore agroalimentare è un fiore all’occhiello dell’economia locale…Come hanno spiegato climatologici e scienziati, i terreni, dopo mesi di siccità non sono riusciti ad assorbire le piogge intense.

E così al Parlamento europeo mi sto occupando di un tema molto delicato ma finora poco dibattuto in Italia e in Europa, che riguarda la gestione sostenibile della risorsa naturale più preziosa: l’acqua.

Sono convinta che l’acqua vada considerata una risorsa naturale strategica. Oggi più che mai con la crisi climatica. L’acqua è un bene comune da proteggere e utilizzare con coscienza nelle abitazioni, educando i cittadini e le cittadine, nell’industria e nell’agricoltura. Pensate infatti che il settore primario è quello che in assoluto consuma più acqua dolce.

Per questo, ritengo che sia fondamentale partire dall’agricoltura per impostare efficienti ed efficaci modelli di gestione della risorsa in chiave sostenibile.

ABBANDONARE L’APPROCCIO EMERGENZIALE

Le alluvioni dell’Emilia Romagna, ma anche quelle delle Marche e della Calabria – per citare le più recenti – non possono più essere gestite come episodi emergenziali. Sono convinta che sia sbagliato e miope dire ai cittadini e alle cittadine che tali alluvioni siano la conseguenza del maltempo. Fenomeni eccezionali e sporadici.

Le alluvioni, così come la siccità, infatti, sono eventi climatici estremi che si stanno facendo sempre più frequenti e violenti: dobbiamo quindi imparare a gestirli come fenomeni strutturali. Non c’è un’altra soluzione.

Dobbiamo quindi comprendere che un uso sostenibile dell’acqua in agricoltura che a mio avviso deve passare attraverso interventi mirati per allungarne il ciclo di vita è parte essenziale di quelle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici sulle quali insistono molto gli scienziati internazionali dell’IPCC.

La realtà italiana è dominata ancora da un approccio emergenziale sui territori. E ne paghiamo tutte le volte le conseguenze peggiori in termini di vite umane, danni sociali, ambientali ed economici.

Vi starete chiedendo dunque cosa può fare l’Unione europea. Negli ultimi cinque anni, complice il fatto che i paesi del Nord non hanno mai avuto grandi problemi con le piogge e la disponibilità di acqua, l’Europa ha trascurato la gestione delle acque dolci, prendendo sotto gamba la necessità di politiche strutturali che spingessero tutti gli Stati membri ad adottare strategie utili a limitare gli effetti negativi della siccità e/o delle alluvioni.

Con il Green Deal, ma anche la nuova PAC, più attenta alla sostenibilità ambientale, l’Unione europea, mattone dopo mattone, ha certamente cambiato approccio e prospettiva. Ha messo nero su bianco la crisi climatica, fissando obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas serra, di protezione della biodiversità, di coinvolgimento diretto degli agricoltori nella difficile transizione ecologica e infine di adattamento ai cambiamenti climatici nei diversi settori produttivi. Nello specifico, in agricoltura, sono convinta che occorra lavorare velocemente ad una strategia europea sull’uso sostenibile dell’acqua. 

SICCITÀ, PROBLEMA TRASVERSALE EUROPEO

In Italia, ogni anno, si consumano oltre 26 miliardi di m³ di acqua: il 55% circa della domanda proviene dal settore agricolo, il 27% da quello industriale e il 18% da quello civile. Di fatto però il prelievo di acqua supera i 33 miliardi di m³ l’anno perché circa il 22% del prelievo totale di questa finisce per essere sprecato prima ancora di venire utilizzato.

Numeri non più sostenibili su cui bisogna intervenire rapidamente.

Le condizioni di aridità o semi-aridità dei paesi dell’Europa meridionale, quali Grecia, Italia, Portogallo, Cipro, Spagna e Francia meridionale, impongono il ricorso all’irrigazione dei campi. Una condizione però che si sta allargando anche ai paesi del Nord Europa.

LA DISCUSSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO

Al Parlamento europeo, stiamo discutendo di come utilizzare in chiave sostenibile l’acqua in agricoltura. Tra le mie proposte c’è quella di puntare e quindi investire subito sulle tecnologie per allungare il ciclo di vita dell’acqua dolce. L’agricoltura 4.0, di cui vi ho parlato spesso in questi anni, è davvero cruciale per aiutare gli agricoltori e le aziende a migliorare la resa dei terreni, e nello specifico, a ridurre a zero gli sprechi dell’acqua, e incentivare il riuso delle risorse idriche disponibili.

L’efficienza idrica non è un concetto astratto. Pensate che l’Italia ogni anno ha un potenziale di impiego delle acque reflue trattate e depurate di circa nove miliardi di metri cubi, (dati di Utilitalia).

Tale quantitativo aiuterebbe a coprire poco meno della metà del fabbisogno irriguo totale dei terreni. Eppure il riuso delle acque debitamente trattate e depurate non è mai stato incentivato o valorizzato con politiche ad hoc. Questa mancanza ha fatto accumulare al nostro Paese anni e anni di ritardi sulla mitigazione della crisi climatica, peraltro, contribuendo ad una gestione inefficiente.

In questo articolo ho già raccontato quali sono le soluzioni da adottare. Ma resto convinta che le acque reflue siano un tassello fondamentale, e che l’Italia e l’Europa debbano puntarvi senza più rimandare il problema.

ACQUE REFLUE CHIAVE DI VOLTA

L’uso delle acque reflue in l’agricoltura sta già dimostrando benefici significativi in alcuni paesi europei.

  • A Cipro, ad esempio, gli obiettivi relativi al riciclo dell’acqua per il 2014 corrispondono al 28% circa della domanda di risorse idriche del settore agricolo.
  • Nell’isola di Gran Canaria, il 20% dell’acqua utilizzata in tutti i settori è fornita dalle acque reflue trattate, compresa l’irrigazione di campi di pomodori e piantagioni di banane.

Inoltre, è necessario cercare di recuperare il più possibile anche l’acqua contenuta nei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue dai quali si può estrarre altra acqua ma soprattutto componenti nutrienti, come l’azoto e il fosforo, impiegati nei terreni agricoli in tutta l’Unione europea.

Diversa invece è la questione dei desalinizzatori. La desalinizzazione dell’acqua di mare, infatti, non può essere portata avanti su vasta scala, perché ridurrebbe enormemente la salinità dei nostri mari con conseguenze negative per gli ecosistemi. Infine, non è un procedimento economico e presuppone investimenti importanti nella costruzione di infrastrutture specifiche.

Chiedo perciò all’Europa di evitare che miliardi di metri cubi di acqua debitamente trattata e depurata finisca banalmente in mare quando ci sono nuove esigenze e nuovi bisogni sociali ed economici da soddisfare.

…AL GOVERNO MELONI

Sopra ho spiegato perché è cruciale considerare l’acqua come una risorsa naturale strategica. Per trattarla come tale occorrono interventi concreti. In agricoltura per incentivarne l’uso sostenibile e intelligente, servirebbero finanziamenti aggiuntivi a quelli previsti dalla nuova PAC.

Come forse saprete, la PAC offre agli agricoltori opportunità di finanziamento consistenti per limitare il consumo di acqua. Ma la strategia vincente non si limita alla riduzione degli sprechi, perché nei fatti da sola è non basta ad affrontare la crisi climatica. Essa va affiancata subito da una politica sul riuso delle acque dolci!

Una proposta che rivolgo al nostro governo. Se è vero come dice che vanno protette le nostre filiere dell’agroalimentare da diverse minacce, io dico che la crisi climatica è la peggiore tra queste e che occorre un cambio di passo. Sostenendo gli agricoltori, da sempre pronti ad assumere il ruolo di custodi dell’ambiente e della natura, con soluzioni concrete. E che ci permetteranno di difendere la qualità dei nostri prodotti e garantire sicurezza e sovranità alimentare.