Transfrontalieri e stagionali, la mia battaglia per i diritti dei lavoratori agricoli

Transfrontalieri e stagionali

Credo che occorra declinare la sostenibilità a 360°. Con la riduzione dei pesticidi, dei fertilizzanti, col minor consumo possibile di acqua, la lotta agli sprechi ma soprattutto con il riconoscimento e la garanzia di diritti inviolabili ai lavoratori del settore agricolo.

Un comparto in cui si consumano ogni anno il numero più elevato di abusi. Dove le paghe sono sempre più basse, dove c’è un numero elevato di lavoratori (stranieri) spesso irregolari o in nero. Infine, dove resistono sacche ignobili di sfruttamento, come il caporalato.

Nell’ambito della Strategia Farm to Fork  ho chiesto subito maggiori tutele per i lavoratori transfrontalieri e stagionali.

Transfrontalieri e stagionali tra caporalato e lavoro irregolare

Lo scorso 11 ottobre in Commissione Occupazione e Affari Sociali abbiamo incontrato il direttore dell’Agenzia Europea del Lavoro (ELA) al quale abbiamo chiesto più informazione, controlli e sanzioni per porre fine alla carenza di diritti nel settore dell’agricoltura.

Qualche settimana fa, il gruppo di lavoro su imprese e diritti umani dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ha chiesto all’Italia di intervenire per risolvere il problema dello sfruttamento e del caporalato tra i lavoratori agricoli, nella maggior parte dei casi, migranti.

Nelle campagne purtroppo quasi quotidianamente si verificano gravi abusi. Nel basso Lazio, per esempio, in provincia di Latina i sikh, che rappresentano una comunità numerosa, si sono trasformati in schiavi. Costretti a subire stupri, violenze e a percepire dei salari da fame. 

Il mio impegno per il riconoscimento dei diritti

La lotta al caporalato è una battaglia storica del Movimento 5 Stelle. Nella nuova Politica Agricola Comune (PAC), che fornirà le risorse per attuare anche la Strategia Farm to Fork, sono riuscita a far inserire il principio della condizionalità sociale. Arma indispensabile per evitare che i soldi dell’Unione europea finiscano nelle mani di imprenditori agricoli che sfruttano i lavoratori.

La nuova PAC stabilisce infatti che tra le “condizionalità” per avere accesso ai fondi europei c’è anche il rispetto di tutti i diritti fondamentali dell’uomo e del diritto del lavoro. Dal contrasto alle discriminazioni ai salari dignitosi fino alla salute e sicurezza.

La condizionalità sociale non è un concetto banale. Anche perché in Italia siamo riusciti ad approvare una legge contro il caporalato solo nel 2016. In generale, la situazione nelle campagne resta difficile, anche negli altri Paesi europei. Dove, in una certa misura, determinate pratiche di sfruttamento sono agevolate da salari minimi da fame stabiliti legalmente.

La precarietà

I problemi legati al lavoro agricolo però non finiscono qui. La natura “a tempo” delle mansioni svolte da stagionali e frontalieri, li espone a condizioni di vita precarie. Secondo le stime dell’Autorità europea del lavoro (ELA) ogni anno fino a 850.000 cittadini dell’Unione europea svolgono lavori stagionali in un altro paese membro.

Il Covid-19 ha messo in evidenza quanto il lavoro svolto da questa categoria sia fondamentale per la tenuta di molti settori produttivi, primo fra tutti l’agricoltura.

Ho sempre sostenuto che il loro movimento nel mercato interno debba essere prima di tutto facilitato.

È quanto mai necessario garantire ai lavoratori transfrontalieri e stagionali corridoi verdi europei che ne agevolino gli spostamenti e garantiscano condizioni di viaggio, soggiorno e lavoro sicure ovunque essi si rechino e indipendentemente dall’attività svolta.

Riconosciuto il fatto che questi lavoratori sono indispensabili per la crescita economica dell’Unione e la sua autosufficienza alimentare, occorre stabilire una cornice normativa per garantire una reale portabilità dei diritti acquisiti sul luogo di lavoro. Così da far cessare una volta per tutte quelle discriminazioni di cui spesso sono vittime.

Il prezzo equo come arma per garantire i diritti dei lavoratori della filiera agricola

Ma la lotta allo sfruttamento e al caporalato passa anche attraverso prezzi dei prodotto equi ed accessibili.

Prima di tutto perché è cruciale garantire un congruo guadagno al produttore primario. Nel testo originario della Strategia Farm to Fork, la Commissione chiedeva di applicare “il prezzo più basso ai prodotti di maggior qualità”.

Abbiamo respinto subito questo principio. Dietro ogni prodotto agricolo, infatti, si annida sempre il rischio di una violazione sistematica delle tutele e delle garanzie dei lavoratori.

Sono convinta che vadano contrastate a ogni costo pericolose speculazioni sul mercato agroalimentare italiano ed europeo.

Penso ad esempio al meccanismo delle aste al doppio ribasso che minacciano di fatto la sopravvivenza dei piccoli e dei piccolissimi agricoltori e delle aziende italiane, oltre che i diritti dei lavoratori del settore.

Con meccanismi simili, la ricchezza, il cosiddetto valore aggiunto, viene redistribuita in modo iniquo lungo tutta la filiera. Si arricchiscono le grandi catene della distribuzione mentre possono acquistare a prezzi bassissimi i prodotti agroalimentari. Applicando talvolta prezzi finali cinque o sei volte più alti.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
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