Vinitaly ’23, tre proposte e priorità per proteggere il made in Italy

Vinitaly '23

La settimana scorsa ho preso parte al Vinitaly di Verona: una manifestazione che riunisce gli operatori del settore, la Coldiretti e alcuni esponenti del governo in carica. Il palco del Vinitaly è da anni una occasione molto importante per discutere dei problemi che pesano sul settore vitivinicolo e il made in Italy. E dovrebbe essere sempre sfruttato per presentare proposte oppure offrire soluzioni che aiutino i nostri produttori, le nostre PMI e tutta la filiera dal campo alla tavola in Italia, in Europa e nel mondo.

Da tempo, mi occupo della politica agricola europea. E oggi come componente titolare della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale al Parlamento europeo sto lavorando a molti temi delicati, che riguardano il futuro del made in Italy agroalimentare nel mercato unico europeo. Dalla riforma della direttiva imballaggi a quella sul sistema delle indicazioni geografiche, da cui dipendono centinaia di marchi protetti (Dop, Doc e Igt).

Partecipare al Vinitaly è stato un passaggio molto importante. E guardando alla platea del Vinitaly, allo stato di difficoltà in cui versa la nostra agricoltura tra il conflitto in Ucraina, il rincaro delle materie prime e dei prodotti finali e infine alle costanti minacce che arrivano dall’estero, mercati comunque importanti verso cui solo il made in Italy esporta ogni anno marchi d’eccellenza del vino e non solo, ho individuato almeno tre battaglie cruciali da cui dipende lo sviluppo di un settore strategico come quello agricolo.

Intanto, voglio iniziare dai dati.

VINITALY ’23, I NUMERI DEL VINO IN ITALIA

In Italia, il settore vinicolo produce un fatturato che vale 14 miliardi di euro, dei quali 8 miliardi di export nel 2022, e dà lavoro a 1,3 milioni di persone. Le bottiglie made in Italy sono destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola.

Insomma, numeri che fanno ben comprendere che occorre fare tutto il possibile per tutelare le nostre produzioni da sempre più frequenti fenomeni di contraffazione, imitazioni e Italian sounding. Ed è stata questa in effetti una delle mie priorità in Commissione Agricoltura, quando la Commissione europea ha presentato di fatto una proposta di revisione del sistema delle Indicazioni geografiche (IG) semplicemente irricevibile.

In occasione dei dibattiti in Parlamento europeo sono intervenuta diverse volte presentando delle proposte che potessero proteggere la filiera agroalimentare europea di qualità. Quindi quella del made in Italy. Ricordo che nel 2021 solo i marchi protetti hanno prodotto circa 75 miliardi di euro di ricchezza nel mercato unico; oltre 15 miliardi di euro il fatturato complessivo prodotto dalle indicazioni geografiche esportate all’estero.

Le mie proposte di miglioramento della riforma delle IG presentata dalla Commissione europea si rivolgono anche e soprattutto ai nostri produttori di vino. Contraria alla omologazione del cibo, convinta che l’Europa non debba mai avvantaggiare la industria alimentare e le multinazionali ho proposto di:

  • Rafforzare finalmente i consorzi agroalimentari, una delle spine dorsali del settore primario italiano.
  • Introdurre una regolamentazione adeguata che vieti l’uso improprio di parole, colori, località, immagini o ricette per prodotti che nulla hanno a che fare con il sistema produttivo delle IG.
  • Bloccare qualsiasi tentativo di eccessiva semplificazione dei processi di registrazione delle IG.
  • Evitare oneri ulteriori alle aziende del settore, imponendo una ulteriore certificazione di sostenibilità dei prodotti.
LAVORO, IMPRESA E SOSTENIBILITA’

Mettere sul tavolo proposte concrete per la tutela delle nostre eccellenze alimentari ed enologiche durante una kermesse strategica come il Vinitaly avrebbe rappresentato una cassa di risonanza per le azioni che è necessario intraprendere a sostegno del settore. Azioni che non possono prescindere da alcuni pilastri fondamentali: lavoro, impresa, giovani, sostenibilità e resilienza.

La guerra in Ucraina e la crisi climatica ci impongono di trovare soluzioni efficaci alle tante sfide, vecchie e nuove, che riguardano il settore agricolo nel suo insieme. Un settore che per andare e avanti e continuare a produrre eccellenze ha bisogno di persone che lavorino, facciano impresa e siano equamente e giustamente retribuite per ciò che producono.

VINITALY ’23, INVESTIRE SUI GIOVANI PER GARANTIRE IL FUTURO DEL SETTORE

I giovani sono un punto centrale del futuro del settore. È verso di loro che devono essere indirizzate principalmente gli interventi legislativi, oggi. In Europa sono 2,5 milioni i giovani sotto i 40 anni occupati in agricoltura. Il 10% di questi si trova in Italia. Complessivamente sono 55mila le aziende agricole, forestali e della pesca guidate dai giovani e rappresentano l’8% delle oltre 721mila imprese del settore registrate.

Un buon risultato, certo. Ma a me piace pensare che sia piuttosto un buon punto di partenza per investire più risorse nell’imprenditoria giovanile e fare di più con misure che agevolino l’accesso al credito e incidano sui prezzi dei terreni per calmierarli e incentivare gli investimenti.

Pensate che nel Nord Ovest, ad esempio, il prezzo medio della terra arriva a 29mila euro a ettaro. Un costo sicuramente proibitivo per un giovane che intende iniziare un’attività nel settore.

PIU’ TUTELE E DIRITTI PER I LAVORATORI AGRICOLI

Un altro tema su cui ho portato avanti tante battaglie al Parlamento europeo riguarda il lavoro in agricoltura. La pandemia Covid 19 ci ha dimostrato il bisogno di manodopera specializzata e non soprattutto per le operazioni di raccolta e semina. Già allora ho spinto molto perché l’Europa creasse dei corridoi specifici che consentissero gli spostamenti e garantissero condizioni di viaggio, soggiorno e lavoro sicure ovunque essi si rechino e indipendentemente dall’attività svolta.

Riconosciuto il fatto che questi lavoratori sono indispensabili per la crescita economica dell’Unione e la sua autosufficienza alimentare, occorre stabilire una cornice normativa per garantire una reale portabilità dei diritti acquisiti sul luogo di lavoro. Così da far cessare una volta per tutte quelle discriminazioni di cui spesso sono vittime.

SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE, SOCIALE ED ECONOMICA

Da qui, la mia lotta al lavoro nero, allo sfruttamento e al caporalato. Basta al lavoro irregolare: 250mila lavoratori e lavoratrici non in regola in Italia sono inaccettabili. Occorrono quindi maggiori controlli, ispezioni e sanzioni severe contro quei datori di lavoro che negano diritti e dignità. Credo quindi che sia fondamentale investire risorse adeguate affinchè tutto questo sia realizzabile concretamente.

La sostenibilità sociale ed economica non sono concetti astratti, bensì principi generali che devono guidare la politica in agricoltura. Un esempio fra tutti: la condizionalità sociale, da me fortemente voluto nella PAC entrata in vigore proprio quest’anno, rappresenta un’arma in più. Ora infatti i paesi europei possono persino negare l’accesso ai fondi UE alle imprese che pagano poco, pagano male e sfruttano i propri dipendenti.

Ma il contrasto allo sfruttamento, al lavoro povero, al caporalato e anche alle agromafie passa attraverso prezzi dei prodotti equi e al tempo stesso accessibili. Una delle massime priorità di una buona politica agricola dovrebbe essere quella di garantire un guadagno congruo e dignitoso all’agricoltore, all’allevatore e alle PMI.

Per questo motivo, combatto contro pratiche odiose e al limite della illegalità, come le aste al doppio ribasso che minacciano di fatto la sopravvivenza dei piccoli e dei piccolissimi produttori o delle aziende agricole spesso a conduzione familiare. E con ripercussioni pesanti e inaccettabili per i lavoratori e le lavoratrici del settore che oltre ad essere vittime del sommerso e della illegalità, senza diritti e tutele, sono costretti a paghe da fame proprio perché, a monte, i redditi di chi investe nei campi sono bassi o nei casi peggiori, come con l’inflazione, è costretto a produrre in perdita.

Insomma, sono davvero tanti i temi legati al settore agricolo, che andrebbero affrontati e superati. Dal settore primario dipende gran parte del nostro sviluppo sociale ed economico. E dobbiamo adottare una politica agricola giusta, capace di rendere resilienti agricoltori, allevatori, aziende. Anche perché in un mercato così interconnesso sono sempre più esposti ad un contesto geopolitico in rapida trasformazione.